Edgardo Abbozzo

Nato a Perugia nel 1937, fra i maggiori artisti italiani ad occuparsi del rapporto arte-alchimia che lo porta, nel 1986, alla partecipazione all’omonima Biennale Internazionale d’Arte di Venezia (XLII) nella sezione curata da Arturo Schwarz e ad esporre in personali e collettive nei maggiori centri d’Europa, d’America e del Giappone. Formatosi nel contatto e nell’amicizia con esponenti del mondo artistico romano e perugino quali Roberto Melli e Corrado Cagli, il futurista Gerardo Dottori e Dante Filippucci, negli anni Cinquanta fu forte l’amore per la lezione di Paul Klee, di Picasso, di Capogrossi, di Jackson Pollock e il peso del clima informale che influenzarono la sua prima formazione, accanto alla curiosità per le tecniche artigianali e per la ceramica mai abbandonata. Negli anni Sessanta la precoce attività didattica (nel 1962 assume a soli venticinque anni la direzione dell’Istituto d’Arte di Deruta, dirigerà poi l’Istituto d’Arte e il corso superiore di disegno industriale di Firenze, poi l’Accademia di Belle Arti di Carrara, poi quella di Perugia che tuttora dirige; inoltre dal 1976 al 1985 è Consigliere Nazionale al Ministero della Pubblica Istruzione) lo porta in contatto con Martin Krampen e con esponenti della scuola di Ulm. Nello stesso periodo inoltre partecipa alla Triennale di Milano, espone a Buenos Aires e a Berlino ed entra in relazione con maestri quali Lucio Fontana, Osvaldo Calò, Edgardo Mannucci che, con le presenze critiche di Carlo Giulio Argan, Italo Tomassoni, Nello Ponente, Giuseppe Gatt, Giancarlo Politi, suscitano una puntuale riflessione sulla propria posizione e sulle tensioni in corso. L’opera indaga in quegli anni la tematica delle forze elementari e totemiche e del segno. Nei lavori degli anni Settanta compaiono precise citazioni del patrimonio iconografico dell’alchimia e un fruttuoso dialogo con le tecniche industriali. Della metà degli anni Settanta sono i primi marmi e la collaborazione in campo didattico, fra gli altri, con personaggi quali Munari, Umbro Apollonio, Coppola e Fabro affiancati da personalità artistiche come Antonio Calderara e Getullio Alviani. Nel frattempo si fanno dominanti le ricerche sui temi della luce e dell’ombra, della temporalità dell’allegoria, della prospettiva, della scrittura e del disegno di luce della fine degli anni Ottanta dopo i lavori sulle pietre monocrome sono gli acquerelli a luce Wood, le Macchine e le Bilance, le sculture con i laser (si intensifica l’amicizia con Vittorio Fagone e si approfondisce l’indagine sul rapporto Arte e Scienza) che gli permetterà il ritorno negli anni Novanta ai temi della figura della prospettiva, della geometria. Negli anni Novanta parallelamente elabora una intensa attività riflessiva che sfocia in una mirata produzione letteraria di Aforismi (pubblicati in «Kamen’», «Concertino»..., e di prossima edizione in volume). Numerosa l’attività espositiva e didattica che lo hanno portato in questi anni in Francia, Spagna, Germania, Stati Uniti, Cina... Numerose le pubblicazioni di cataloghi e libri d’arte e d’artista.