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Mentre il dialogo filosofico fra atei e credenti ha già alle spalle una lunga e dignitosa storia, le condizioni presenti di questo dialogo appaiono completamente inedite. Il linguaggio dell’assoluta immanenza economica sembra aver sostituito il vecchio linguaggio della trascendenza religiosa come base ideologica per la legittimazione dello sfruttamento sociale.
Una scristianizzazione implicita e silenziosa ha sostituito il vecchio laicismo esplicito e rumoroso. Da un lato, l’ateismo ha assunto da almeno due secoli un doppio aspetto: una professione di “fede” materialistica ed immanentistica ed una interpretazione filosofica della caduta di interesse per la fede nella verità e nella divinità. Dall’altro, la fede religiosa oscilla fra una dimensione privata, che accetta integralmente l’universo borghese e capitalistico, ed una dimensione pubblica che deve invece fare i conti con la natura globalmente falsa dell’intero legame sociale capitalistico.
La situazione attuale presenta elementi contraddittori, che questo breve saggio cerca almeno di portare alla luce. Il linguaggio della trascendenza ed il linguaggio dell’immanenza sembrano acquistare un carattere circolare e non più opposizionale, in un apparente gioco delle parti che nasconde un comune anelito verso la verità filosofica. Da un lato, l’immanentismo marxista è morto di eccessivo immanentismo scientistico, ed ha bisogno di riacquistare un orizzonte trascendentale. Dall’altro, l’ammirevole ritorno alla filosofia, evidente nella nuova enciclica cattolica Fides et Ratio, sembra purtroppo arrestarsi all’enigma della falsità del presente legame sociale capitalistico. In questo modo, tutte le vie di una nuova discussione sono aperte.
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