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Cat.n. 071

Massimo Bontempelli

Tempo e Memoria. La filosofia del tempo tra memoria del passato, identità del presente e progetto del futuro

ISBN 88-87296-69-3, 1999, pp. 112, formato 140x210 mm., € 10,00.

In copertina: M. Chagall, Il giocoliere (1943). Chicago, The Art Institute.

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10,00

Introduzione

Massimo Bontempelli ha tentato con questo piccolo libro un’impresa difficile: elaborare, su un tema come quello del tempo e del suo significato per l’essere umano, un discorso filosofico rigoroso in uno spazio relativamente breve e con un linguaggio accessibile a qualsiasi lettore colto che abbia un minimo di familiarità con il modo di esprimersi di un testo filosofico.

È chiara la difficoltà dell’impresa: non c’è bisogno di sottolineare come il problema del tempo attraversi l’intera cultura occidentale, come sia intrecciato alla filosofia, alle scienze, alle religioni, alle arti, come sia ubiquo e allo stesso tempo sfuggente, non riducibile, come nota lo stesso Bontempelli, ad un campo disciplinare preciso. È evidente il pericolo, per chi affronti un simile tema, di perdersi in una erudizione fine a se stessa, di inseguire il proprio argomento nell’oceano della cultura mondiale. Come è pure evidente, di fronte al carattere davvero enigmatico del tempo, il rischio di elaborare discorsi confusi e vuoti.

Bontempelli è riuscito a sfuggire a questi pericoli grazie ad alcune scelte rigorose. In primo luogo egli si è concentrato su un numero limitato di forme di concettualizzazione del tempo, scelte per la loro estrema significatività e pregnanza. Non c’è dunque in questo libro una raccolta delle varie opinioni che in filosofia si sono avute sulla nozione di tempo, ma c’è una analisi serrata di come essa appaia nella scienza moderna, in Heidegger, in Platone ed in Hegel. In secondo luogo Bontempelli scrive in un linguaggio chiaro ed essenziale, senza quelle complicazioni terminologiche e sintattiche che spesso si trovano nei testi filosofici (a volte giustificate, a volte no) e che possono intimidire il lettore non avvezzo.

Si faccia però attenzione: linguaggio chiaro ed essenziale non vuol dire linguaggio semplice. Bontempelli usa una lingua piana e comune ma, da vero filosofo, la piega in forme inusuali per poter esprimere rigorosi nessi concettuali. Facciamo solo un esempio, peraltro fondamentale: il verbo “essere”, nei passaggi argomentativi più strettamente filosofici, non ha né il senso della copula fra soggetto e predicato (“la mela è rossa”) e neppure quello dell’uso comune del verbo “esistere” (“in Africa ci sono leoni”), ma ha il senso inaugurato, nella storia del pensiero dell’Occidente, da Parmenide. “Essere” deve qui intendersi come un “permanere” (di valore e di significato) che è qualcosa di più forte, di più pregnante dell’esistenza empirica. Per cui espressioni come “il futuro è” o “il futuro non è” devono essere lette avendo in mente queste senso di “essere”, e non devono essere confuse con affermazioni empiriche sul fatto che il futuro esiste oppure no.

Si potrebbero fare molti altri esempi di questo tipo ma pensiamo che questo basti per rendere il lettore avvertito delle particolarità di questo testo.
Abbiamo detto che il discorso filosofico di Bontempelli si svolge nel confronto serrato con alcuni fondamentali “nodi” del pensiero filosofico occidentale. Negli ultimi due capitoli, a partire dai risultati di questo confronto, l’autore stringe il proprio discorso su quella che appare una proposta filosofica forte e originale. Non è questo il luogo per riassumerla o discuterla, e invitiamo piuttosto il lettore a confrontarsi direttamente con essa. Ci sembra però importante sottoporre almeno una considerazione all’attenzione del lettore stesso, ed è quella relativa al carattere fortemente “inattuale” di questa proposta.

Uno dei nuclei essenziali attorno a cui ruota il discorso di questo piccolo libro è quello che vede l’identità (individuale e collettiva) radicata in un passato conservato, come trama di significati e valori, nella memoria, e che di lì parte per progettare un futuro in cui quei valori siano salvati e, nelle forme possibili, realizzati. Identità, memoria del passato, progetto del futuro: parole apparentemente vicine a quelle che sentiamo tutti i giorni.

Oggi si fa un gran parlare del rispetto delle varie identità culturali, del pericolo di perdere la memoria collettiva, e continuamente si discute sui modi migliori in cui programmare il futuro. Ma questa apparente somiglianza nasconde una opposizione di fondo. Nell’orizzonte nichilistico che permea di sé la realtà del mondo occidentale (cioè, ormai, del mondo intero) l’identità viene staccata dalle sue radici e diventa una merce a rapida obsolescenza, come tutte le altre, un prêt-à-porter che si può cambiare secondo le circostanze; la memoria è un confuso magazzino dal quale ciascuno può tirar fuori quello che gli pare, e il futuro è l’indefinita ripetizione del presente, venata da oscuri sentimenti di angoscia, subito rimossi, di fronte ai segni della sicura fine individuale e di una possibile crisi dell’attuale ordinamento sociale.

Tutte queste caratteristiche del mondo presente (identità deboli, museificazione del passato, futuro come ripetizione del presente) sono state espresse nelle forme artistiche più varie, sono state teorizzate da filosofi vecchi e nuovi, sono state studiate e analizzate da scienziati sociali delle più diverse specializzazioni. Esse contribuiscono a formare quel complesso culturale che, indicato con vari nomi (“postmoderno”, “nichilismo soft”, “età del disincanto”), costituisce per universale riconoscimento l’orizzonte ideale della nostra epoca. Queste realtà culturali caratteristiche del mondo moderno stanno fra loro in stretto rapporto, allo stesso modo in cui, nella proposta filosofica che questo libro porta all’attenzione del lettore, sono collegate l’idea di una identità forte, quella di un passato ricco di valori e significati in cui essa si radica e quella di un futuro diverso che essa può progettare.

L’opposizione è talmente chiara da far temere che un libro come questo abbia poche possibilità di ottenere l’ascolto che meriterebbe. Quando ci si oppone ad alcuni dati di fondo dell’ambiente culturale del proprio tempo, e non si ha l’autorità conferita dalla fama o dal potere (piccole o grandi che siano fama e potere), si rischia fortemente di sparire nel “rumore di fondo” che la società produce. Può darsi che così succeda a questo piccolo prezioso libro, e sarebbe un peccato. Siamo però convinti che quest’opera troverà qualche lettore attento, che ci sarà qualcuno disposto a farsi toccare da ciò che essa dice, disposto a seguire le sue indicazioni per alzare lo sguardo e vedere oltre l’orizzonte piatto che la cultura del nostro tempo ci propone; qualcuno pronto a capire che per poter davvero pensare un futuro diverso occorre riprendere su di sé il proprio passato e di lì costruire una identità autentica.

Questo possibile percorso di riflessione è aperto a chiunque voglia leggere questo libro con l’attenzione necessaria. Siamo convinti che esso la meriti, e che possa ripagare in abbondanza lo sforzo richiesto.
Marino Badiale



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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