Come una invalicabile “gabbia di acciaio” viene spesso presentato il sistema capitalistico, sulla scorta di un’espressione di Max Weber: e la filosofia contemporanea si è illusoriamente divisa fra chi accettava questa diagnosi pessimistica esplicitamente e chi l’accettava implicitamente. Occorre piuttosto operare per una filosofia dell’avvenire, per un pensiero del futuro che non si lasci spaventare da questo ricatto concettuale, e i due saggi presentati nel volume si propongono di contribuirvi.
La prima parte del libro (di G. La Grassa) parte dal fallimento del tentativo di transizione al comunismo (o comunque ad una società altra rispetto a quella capitalistica) per sostenere la necessità di rianalizzare il sistema sociale attuale con strumenti teorici rinnovati. La Grassa ripercorre le tappe dell’analisi marxista del capitalismo nelle sue varie fasi di sviluppo, dalla prevalente concorrenza al prevalente monopolio. Appurata la piuttosto netta frattura esistente tra il pensiero di Marx e il marxismo successivo, La Grassa ripropone con forza il concetto marxiano di modo di produzione capitalistico. Quest’ultimo è però strutturato, in origine, in base alla relazione di proprietà o non proprietà, in quanto potere o meno di controllo effettivo, dei mezzi di produzione. Attraverso la disamina attenta delle caratteristiche specifiche dei sistemi del lavoro sociale nell’epoca detta capitalistica, La Grassa mette in luce i meccanismi “profondi” della riproduzione del rapporto sociale dominante in tale epoca, e propone un rinnovato concetto di modo di produzione capitalistico a tre “classi”, con la complessa interrelazionità (prevalentemente conflittuale) tra le stesse.
La seconda parte del libro (di Costanzo Preve) sostiene che se è vero che non possiamo più basarci sulla vecchia accezione di modo di produzione, è giusto trarne compiutamente le conseguenze anche per la concezione filosofica del comunismo. Al di là del materialismo dialettico, dello storicismo, della filosofia della prassi, ecc., è necessario lavorare per un profilo filosofico qualitativamente nuovo, che sia in qualche modo compatibile con la ridefinizione delle categorie portanti del materialismo storico. Solo così sarà possibile sottrarsi alle false alternative tra ottimismo neoliberale e pathos pessimistico della decadenza della civiltà.