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Cat.n. 004

Luca Grecchi

L’anima umana come fondamento della verità.

ISBN 88-87296-46-4, 2002, pp. 112, formato 140x225 mm, Euro 12 – Collana “La ziqqurat” [4]

In copertina: Juseppe de Ribera, detto lo Spagnoletto, I saltimbanchi, Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid.

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12,00

Introduzione

 

L’essere è costituito dalla totalità dei significati umani. Ogni ente dell’essere possiede infatti un significato univoco, che si struttura nel rapporto che lega l’ente stesso all’uomo. L’uomo è dunque, come mostreremo ampiamente, il fondamento della verità dell’essere, ossia il riferimento costitutivo di ogni significato. Più precisamente l’anima, ovvero l’insieme delle facoltà razionali e morali che costituiscono l’essenza dell’uomo, rappresenta la fondamentale base ontologica ed assiologica veritativa. Gli enti che compongono l’essere posseggono dunque un oggettivo significato in quanto l’anima possiede un oggettivo significato fondativo. L’essere è pertanto ciò che è in quanto l’uomo è ciò che è, e questa è la fondamentale verità. Questa verità è il risultato dell’unitario processo conoscitivo, che sarà qui descritto, mediante il quale l’uomo giunge ad autocomprendersi come stabile fondamento dell’essere.

La cura dell’anima conduce l’uomo verso il bene, e quindi verso la felicità. L’uomo che cura la propria anima conosce infatti con verità, e pertanto conosce in cosa consiste il bene ed a cosa esso conduce. Egli sa inoltre che fare del male significa appunto negare la cura dell’anima, e dunque negare le condizioni della vera umanità, favorendo una vita non umana, dunque non buona e non felice.

La lontananza dalla verità e dal bene è purtroppo evidente nelle attuali modalità capitalistiche di vita, in cui l’uomo è considerato solo uno strumento del processo che deve generare il profitto. Tali modalità di vita sono false e malvagie. False poiché negano la verità fondamentale, ossia la centralità dell’anima umana, e malvagie in quanto negano il bene, ossia la cura dell’anima, conducendo l’uomo all’infelicità.

Le categorie di “verità e falsità” e di “bene e male”, saranno le principali coppie interpretative di questo testo, che si struttura nel modo seguente.

Il primo capitolo consiste in una introduzione generale alla trattazione dell’essere. In esso saranno svolte alcune considerazioni che costituiscono la struttura argomentativa presente in tutto il testo.

Il secondo capitolo analizza la struttura fondativa della verità dell’essere, la quale sarà compiutamente compresa solo al termine del processo conoscitivo. Sarà qui anticipato come il fondamento veritativo della realtà coincide con l’anima umana, e come questa tesi fosse già implicitamente presente, sebbene non esplicitamente strutturata, nelle opere di Platone, Aristotele ed Hegel.

Il terzo capitolo verte sulla struttura del processo conoscitivo. In particolare, esso si occupa di chiarire l’essenziale rapporto fra piano storico e piano ontologico della realtà, rimarcando la correttezza dell’impostazione hegeliana. Alcune critiche saranno poste invece alla impostazione platonica, che ancora oggi influenza parecchi studiosi non consentendo una compiuta conoscenza veritativa.

Il quarto capitolo indaga la struttura sistematica dell’essere. Esso si basa su un serrato confronto critico con diversi autori contemporanei. I risultati di tale confronto confermeranno ancora la validità del pensiero di Hegel.

Il quinto capitolo mostra, partendo dall’anima umana come fondamento della realtà, la possibilità di definire la struttura generale di un modo di produzione sociale conforme alla verità e al bene. La necessità di costituire in maniera fondata una alternativa all’attuale modo di produzione è una tesi centrale di questo testo, che apre aspetti di grande problematicità.

Il sesto ed ultimo capitolo descrive infine lo stadio più elevato della conoscenza, quello che conduce alla comprensione del bene. Il capitolo si basa sull’imprescindibile analisi dell’opera filosofica di Massimo Bontempelli.

Questo libro vuole argomentare la struttura della verità nella sua compiutezza. Esso costituisce dunque un apparato teorico “forte”, che tenta di analizzare la totalità dell’essere in maniera fondata. Pensiero “forte” non è comunque sinonimo di pensiero “chiuso” verso l’esterno, in quanto la comprensione veritativa della realtà richiede sempre, più di ogni altra opera, la massima apertura alla relazione.

La ricerca della verità, del bene, della felicità, appaiono però, oggi, come il residuo di un arcaico dogmatismo. Spesso i filosofi contemporanei si limitano infatti a sostenere che la verità non esiste, o che se esiste non è conoscibile, rifiutandosi di comprendere, in maniera contraddittoria, il fondamento ontologico ed assiologico della realtà e delle loro stesse tesi. Come ebbe a dire Hegel nel suo discorso inaugurale all’Università di Berlino, «quel che è valso da sempre come massima vergogna e indegnità, la rinuncia alla conoscenza della verità, è stato innalzato ai nostri giorni a supremo trionfo dello spirito».

Tutto ciò è preoccupante. Coloro che si occupano di metafisica, e che dunque si interessano alla comprensione della verità e del bene dell’uomo, sono infatti condannati oggi non tanto all’indifferenza, quanto ad una derisione cattiva e feroce. Questa reazione è la risposta istintiva della coscienza comune alla emersione dall’inconscio della verità fondamentale: che l’essenza dell’uomo è costituita dall’anima, che ciascuno è la propria anima, e che oggi si vive in maniera difforme da quanto richiede una compiuta umanità. Tale verità è insopportabile alla luce della miseria morale dell’esistenza contemporanea, per cui l’uomo cerca continuamente di rimuoverla. Non si può però rimuovere ciò che si pone incontrovertibilmente come vero. Nessun uomo può infatti negare per tutta la vita la propria umanità. Presto o tardi la necessità di comprendere il significato del proprio essere si pone innanzi ad ognuno, mostrando l’irrinunciabilità della riflessione metafisica. L’unico necessario bisogno dell’uomo è infatti costituito dalla cura dell’anima, e dunque dalla ricerca della verità e del bene.

Ogni passo in questa direzione, per quanto piccolo e scomposto, non sarà mai vano.

 



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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