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Dialogo di Natura e Anima è una breve ed intensa pièce il cui titolo è citazione di una delle Operette morali leopardiane rimaste allo stato di progetto nominale. Il testo contrappone il “ritmo plurale” della Natura, vista come la magna mater pervasiva, grembo cosmico, legge impersonale ed olimpicamente oggettiva di un lucreziano determinismo nella sua perfino ironica autosufficienza all’inquieta, romantica sete di autorealizzazione conoscitiva e creativa dell’Anima-figlia: sete che la spinge senza riposo verso “il privilegio amaro dell’io” ed i suoi trionfi nella storia, ma anche verso l’infinito della dismisura, che è fonte di ogni sua esaltazione ed angoscia.
Il dissidio, simbolico e concreto, fra circonferenza e centro, certezza e desiderio, luce perenne e colori cangianti della creazione, si sviluppa nei versi di questo mosso poemetto scenico (che si affianca ai precedenti Stanze, Trasparenze, Sensi, in un ideale sequenza per la danza) verso un climax ed un finale aperto, sospeso fra il sublime e il parodico, che sancisce la gemellarità insolubile delle due protagoniste.
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