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Si raccolgono nel volume arricchito dai primi scritti di Giuseppe Pontiggia sul “verri” alcuni dei testi di Daniela Marcheschi sull’opera di questo narratore e saggista. Si tratta di articoli, presentazioni e altro, a partire dal 1978; ma è anche l’omaggio a uno scrittore che ha una visione forte della letteratura. Viene qui illuminata la razionalità tenace di Pontiggia, che non teme di fare i conti con l’assurdo dell’esistenza (ma senza cedere al nichilismo e alle maniere della moda): la sua ironia disincantata, la sua partecipazione spontanea, quasi leopardiana, alla sofferenza umana, con stile animato da una lingua precisa e tersa. Proprio tali tratti e la moderna capacità di far continuamente “cozzare”, interagire aspetti di forma e contenuto della saggistica e della narrativa, riversando gli uni negli altri, l’una nell’altra, hanno fatto di lui, specie nell’ultimo quindicennio, l’autore italiano di maggiore caratura e uno dei migliori in assoluto: uno dei rari scrittori capaci di rimettere in discussione, ogni volta, il proprio operato formale e teoretico.
Daniela Marcheschi aiuta ad avvicinarsi al percorso di ricerca e di autocritica di Pontiggia radicato in un sincero slancio verso la letteratura e la bellezza, aperte alle domande più urgenti sulla vita, sul bene e sul male e alla sua sofferta visione dell’esistenza, che attingono anche e soprattutto ad un’intensa, colta frequentazione della cultura classica, sentita come perno e matrice, da ripensare criticamente, delle nostre tradizioni.
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