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Quest’analisi dei caratteri strutturali del sistema universitario italiano si colloca all’interno di un progetto più ampio, di analisi istituzionale della professione di docente universita-rio in Italia. Ci siamo proposti cioè di esaminare le caratteristiche sociali del gruppo dei professori e il loro modo di essere e di agire sia all’interno che al di fuori dell’istituzione, in rapporto alle più generali caratteristiche dell’ordinamento uni-versitario nel nostro paese.
Il modo da noi seguito per affrontare questo problema è senz’altro discutibile e merita qualche parola di giustificazione.
Le carenze della storia dell’istruzione in Italia sono state più volte segnalate: per l’università mancano quasi del tutto non solo ricerche di storia sociale, ma anche trattazioni di insieme sull’evoluzione dell’ordinamento giuridico.
Esiste invece una ricchissima pubblicistica sul problema universitario, che però, proprio per la scarsità di lavori scientifici, ha la curiosa caratteristica di presentare l’università, un’istituzione che per definizione è la custode della continuità del pensiero umano, come un’istituzione “senza storia”, in cui il passato più o meno prossimo assume mitiche colorazioni da età dell’oro, in cui certe osservazioni o giudizi nati in collegamento a precise prese di posizione e obiettivi particolari rimbalzano da uno scritto all’altro fino a trasformarsi in luoghi comuni, in cui al di là dei decenni si assiste al riproporsi delle stesse questioni, talvolta simili solo nella forma, cosicché le mutate condizioni storiche rendono equivoci i rimandi al passato, e che invece in altri casi hanno realmente nel passato le vere (e misconosciute) origini.
Il miglior modo per utilizzare questa pubblicistica sarebbe quello di servirsene come materiale per ricostruire storicamente il dibattito sul problema universitario in Italia, che è stato poi in prevalenza, dall’Unità e anche precedentemente, dibattito sulla riforma dell’università (e largo spazio dovrebbe darsi naturalmente alle ricorrenti discussioni alla Camera e al Senato). Da una tale risistemazione deriverebbero preziose indicazioni di ricerca per la storia sociale dell’università italiana, tra le quali di non poco interesse quelle relative ai protagonisti di questo dibattito, che da un esame sommario risulta svolgersi tra un numero abbastanza ristretto di persone e quasi escludere fino a tempi recenti i partiti politici come i grandi giornali di opinione. Non è un caso secondo noi (e vi torneremo) che i professori universitari sembrino avere quasi un monopolio degli interventi, né è privo di conseguenze nel conferire al dibattito un carattere “accademico”, spesso astratto dalle concrete possibilità di soluzione e dai reali problemi del paese.
Era impensabile proporsi di colmare carenze storiografiche di tanta portata nell’ambito di un unico lavoro: e d’altra parte l’aver preso coscienza dell’esistenza di una problematica così complessa non ci permetteva di fermarci ad un esame puramente descrittivo degli attuali ordinamenti, magari seguendo il criterio “modellistico” della comparazione con i sistemi di altri paesi, che in questa situazione avrebbe costituito solo una poco costruttiva “fuga in avanti”. Abbiamo scelto alla fine una via di mezzo, concentrandoci nella ricerca dei “caratteri originali” del sistema universitario italiano al momento della sua formazione come sistema nazionale, con l’unificazione politica del paese. Tra l’altro, come è stato più volte rilevato, la legge Casati e i regolamenti e le leggi approvati nel decennio successivo sono di fatto ancora presenti nella legislazione attuale, che si potrebbe dire cresciuta con un processo corallifero di stratificazioni successive, che pur alterandola sono intimamente collegate con la struttura portante. Questo è particolarmente vero per gli aspetti dell’ordinamento universitario che riguardano più da vicino i professori, pur essendo questi tra i più discussi e “tormentati” da modificazioni parziali, del resto spesso rimaste a livello di proposta.
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