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Cat.n. 037

Eric Weil

Pensare il mondo. Filosofia Dialettica Realtà.

ISBN 88-87296-72-3, 2000, pp. 152, formato 140x225 mm, Euro 12,00 – Collana “La ziqqurat” [2].

In copertina: Adele Plotkin, Senza titolo (1959); collezione privata.

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12,00

La presente silloge nasce dall’idea di ripresentare alcuni testi weiliani che, per diverse ragioni, sono ormai difficilmente reperibili. Essa raccoglie saggi di natura diversa, ma nello stesso tempo legati dalla riflessione sui temi indicati dal sottotitolo: filosofia, dialettica, realtà. Chi si soffermi su questi termini vi ritroverà alcuni dei principali motivi dell’opera di Eric Weil – allo stesso tempo prova della straordinaria attualità del filosofo e del suo pensiero.

Eric Weil è una figura atipica nella storia del pensiero filosofico. Coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo o soltanto d’incontrarlo esprimono un giudizio unanime su di lui. Uno fra i tanti passi può restituire l’idea di questo personaggio: «Dès les premières conversations [...], j’eus le sentiment que cet homme, de petite taille mais robuste, toujours souriant et un peu essoufflé, qui parlait, avec un fort accent, une langue d’un admirable classicisme, était l’incarnation du Savoir». Così François Châtelet1, nel 1977. Ma il controcanto di questi riconoscimenti è stato quello che Jean Quillien ha chiamato «oubli de Weil». Salvo infatti poche eccezioni, il pensiero di Weil è stato, fino a pochi anni fa, incompreso o passato in silenzio. La sua opera è stata in qualche modo «inattuale», controcorrente rispetto alla temperie filosofica del tempo. Gil-bert Kirscher, allievo di Weil a Lille, ha notato che essa «comparve in un luogo e in un tempo radicalmente estranei al tempo e al luogo della sua gestazione e della sua formazione»2.

È infatti il 1950 quando viene pubblicata la maggiore e sistematica (già allora il termine lasciava perplessi!) delle opere di Weil, la Logique de la philosophie3. Essa fa irruzione in un universo dominato da marxismo, esistenzialismo, fenomenologia, strutturalismo, psicanalisi, ecc., ma diffida di queste correnti, e non si lascia ridurre a nessuna di loro. Anzi, la Logique sposta l’accento dalle questioni “per eccellenza”: non più la verità, la natura, l’Essere o Dio sono i problemi fondamentali del discorso filosofico. Il problema è ora, per Weil, quello della «violenza», che espone subito (una sorta di dichiarazione d’intenti) nell’Introduzione alla Logique: «Filosofia e violenza». Questo è il fondo dell’intero pensiero weiliano: si può affermare che tutta la filosofia di Weil nasce e si sviluppa intorno a questo «dualismo costitutivo» dell’esperienza umana. Filosofia e violenza sono così strettamente legate tra di loro che l’una è incomprensibile senza l’altra. Violenza, dunque: una possibilità dell’uomo, «fattore, momento essenziale di ogni attitudine, attitudine anch’essa e che deve essere colta dal discorso affinché il discorso si comprenda come discorso dell’uomo» (Logique 70/101). Quindi «la violenza non ha senso che per la filosofia, la quale è rifiuto della violenza» (Logique 58/85) – in altri termini, il loro continuo intrecciarsi nell’esistenza umana fa sì che questa stessa esistenza diventi comprensibile4. Da questo fatto nasce l’idea di una logica della filosofia, cioè dalla comprensione dell’uomo nel suo discorso «a partire dalla violenza e in vista della coerenza» (Logique 69/100). Si chiarisce così il senso del dualismo di fronte al quale l’uomo è chiamato a scegliere: la «filosofia-ragione», e il suo altro, la violenza, «scandal de raison».

Aveva visto bene Jean Lacroix, che ha ricordato Weil con un’espressione destinata ad aver fortuna: «un philosophe de la raison»5. La ragione, infatti, è stata l’obiettivo costante delle sue ricerche. Ma la ragione di Weil non è la «ragione in vesti curiali»6, tantomeno «una Ragione, con la lettera maiuscola», che è anteriore al tempo e determina il senso e il significato della storia7. Weil ha ricercato la ragionevolezza o, «se può passare un termine così brutto», la raisonnabilité – per questo ha sempre voluto tradurre vernünftig con raisonnable, ragionevole; riservando rationnel per rendere verständig, razionale8. La «ragione» weiliana, come suggerisce il tedesco die Vernunft, è quella ragione che come dice Hegel ha a che fare con l’idea, con il logos anziché con ratio, con il percepire l’idea e ciò che è espresso, come etimologicamente indica il verbo, nehmen, vernehmen, che ha la stessa radice del sostantivo9. C’è qui un accordo di fondo con Kant, per il quale la ragione «indica», è «la guida», la «bussola» che orienta il cammino della storia – cammino che diventa così sensato: cioè comprensibile10. Abbiamo richiamato gli autori di Weil, Kant e Hegel: ovvero politica e storia, compimento della ragione nel riconoscimento del senso dell’esistenza nel suo divenire storico – da qui il senso del suo ritorno a Kant e a Hegel, del suo definirsi «kantien post-hégélien», come tutti sanno attraverso Ricœur11.

Possiamo dunque decidere per la filosofia-ragione, ma soltanto se lo vogliamo: «raison et violence ne se séparent pour l’homme qu’après l’option pour la raison. Seul l’homme raisonnable se sait libre; seul celui qui s’est tourné vers la raison peut comprendre, dire, proclamer qu’il aurait pu choisir autrement et que, à chaque moment, il peut encore le faire»12. Tesi fondamentale, fondante: la libertà è irriducibile alla ragione (che è poi il filo rosso delle tante e ricche analisi storiche weliane).

Solo su queste condizioni può fondarsi un sistema formalmente coerente che risponda all’esigenza filosofica di esporre un discorso universale. Weil, che aveva letto Hegel e lo aveva compreso, si è incaricato di pensare la questione, di riflettervi, e così ci ha lasciato il suo sistema. E Weil sapeva anche che non c’era nulla di più lontano ed estraneo dal dibattito filosofico di quegli anni – ma non se ne preoccupò affatto: «Le penseur ne doit pas se promettre de l’efficace dans l’immédiat; s’il a de l’influence, il n’en aura qu’a longue échéance»13.

Il pensiero sistematico weiliano, dunque, è consegnato alle tre opere compiute: Logique de la philosophie, Philosophie politique14, Philosophie morale. Il «sistema» è la Logique, la «politica» e la «morale» sono parti in quanto vi sono contenute (nelle categorie, rispettivamente, dell’Azione e della Coscienza) – quindi esplicitazioni parziali della Logique, ma complete e autonome in quanto parti.

Filosofare per Weil significa quindi interrogarsi sul senso del mondo e sul senso della nostra azione nel mondo: orientarsi in una riflessione che vuole comprendere e comprendersi. Questo discorso è una logica – la Logique de la philosophie – che fonda una pratica indefinitamente aperta della filosofia. Il sistema è un sistema di categorie che non riduce il reale al discorso, anzi, al contrario, permette al filosofo di volgersi al reale per interrogarlo e interpretarlo. Quest’atto del filosofare, votato alla comprensione del tutto e di se stesso, è un’attività libera alla ricerca del senso: la filosofia è sistema, sistema della libertà, scienza del senso. Il senso è, nel discorso della Logique, la «categoria che costituisce la filosofia»; tutte le altre categorie non sono altro che «riprese di quella del senso» (Logique 430/585): formalmente lo si coglie in quel discorso coerente, uno e totale, organizzato intorno a un concetto centrale, categoria-attitudine, che è appunto centro del discorso. Ma il senso concreto è l’unità immediatamente vissuta – come «sentimento» – dell’individuo e del suo mondo, unità viva, che assegna scopi e funzioni alla sua azione.

 

 

Pensare il mondo: questo il compito del filosofo e del suo sistema, al quale anche politica e morale devono rispondere: un modo di praticare la filosofia o, meglio, il filosofare. È forse un segno dei tempi – e della loro arroganza – che pochi vi abbiano fatto caso. Ecco un passo esemplare. Weil parla di Hegel, ma in fondo espone la propria attitudine speculativa: «Hegel non vuole spiegare – e nulla è allo spirito umano più naturale delle spiegazioni. Con ingenuità commovente egli ha ritenuto sufficiente dire agli uomini che il compito della filosofia consiste nel comprendere, comprendere la scienza, non già comprendere a partire dalla scienza, comprendere la politica, la religione, la poesia, e comprendere il tutto nella sua unità e a partire da tale unità, senza mai voler comprendere l’unità da un punto di vista esterno o superiore o più profondo. Egli vuole comprendere la ragione come ragione, ma anche nella sua concreta esistenza, con quelle sue contraddizioni che sono tali solo in quanto ogni tesi particolare pretende di essere l’intero della verità, ogni aspetto della realtà si pone come la realtà e si crede la realtà. La realtà è l’unità delle contraddizioni. Il frutto è in contraddizione con il fiore perché è la morte del fiore, ma soltanto l’insieme del frutto e del fiore costituisce l’organismo vivente»15.

Compito di Weil è stato quello di capire la realtà, i suoi conflitti e le sue contraddizioni, e ha cercato di costruire una logica, un’etica e una politica all’altezza del suo presente. Non solo: nella quarta parte della Filosofia politica Weil individua e analizza problemi che agiscono ancora con forza al fondo della nostra realtà. Crediamo di poter dire che Weil nel ’56 legge e pensa il mondo dei nostri anni Novanta così come il Marx del Manifesto aveva visto il mondo degli anni Novanta del secolo scorso: non profezie, ma due letture storico-filosofiche – vere e non vere, aperte a ciò che gli uomini intenderanno fare delle loro azioni, cioè della loro storia16.

Filosofia e realtà. È il testo (Philosophie et réalité) della conferenza tenuta il 26 gennaio 1963 alla Sorbona (Anfiteatro Michelet), poi apparsa nel «Bullettin de la Société française de Philosophie», LVII, octobre-décembre 1963, n. 4, pp. 117-147. Il testo è stato ripubblicato nella raccolta di saggi weiliani al quale ha dato il titolo: Philosophie et réalité. Derniers essais et conférences, Beauchesne («Bibliothèque des Archives de Philosophie», n. 37), Paris 1982, pp. 23-57. La traduzione italiana di Livio Sichirollo è apparsa in «Il pensiero», IX, 1964, n. 1-3, pp. 5-20, e conteneva lo schema scritto presentato ai partecipanti e il testo della conferenza. La presentazione di Jean Wahl e il dibattito seguito alla conferenza vengono qui presentati per la prima volta in traduzione italiana.

 

 

 

 

Filosofia e storia. Il testo originale (Philosophie et histoire) apparve nel primo volume Théorie de la Philosophie degli Actes du XI Congrès International de Philosophie, North Holland Publishing Co., Amsterdam; Nauwelaerts, Louvain 1953, pp. 129-134. È stato ripubblicato nel primo volume (Philosophie) della raccolta Essais et conférences, Plon, 1970; poi Vrin, Paris 1991, pp. 199-206. La traduzione italiana di Pasquale Venditti è apparsa, con una presentazione di Massimo Barale, in «Teoria», II, 1982, n. 1, pp. 151-156.

 

Dialettica oggettiva. È il testo della relazione presentata, col titolo De la dialectique objective, al XIV Congresso delle Società di Filosofia di lingua francese (Nizza, settembre 1969) e pubblicato negli Atti del Congresso in «Les études philosophiques», juillet-septembre 1970, n.3, pp. 339-346. Il testo è stato poi incluso nel citato volume Philosophie et réalité. Derniers essais et conférences (pp. 59-68). La traduzione italiana di Livio Sichirollo è apparsa in «Il pensiero», XV, 1970, n.u., pp. 5-14.

 

Pensiero dialettico e politica. Il testo originale (Pensée dialectique et politique) – redatto come contributo per il «Projet d’un Dictionnaire des Termes fondamentaux de la Philosophie et de la Pensée politique», dovuto all’iniziativa della Fédération Internationale des Sociétés de Philosophie con il concorso dell’UNESCO – è stato pubblicato in «Revue de Métaphysique et de Morale», LX, 1955, n. 1-2, pp. 1-25; per essere poi ripreso nel citato primo volume degli Essais et conférences (pp. 232-267). La traduzione italiana di Lidia Morra era inclusa nella prima silloge di scritti weiliani Filosofia e politica, Vallecchi, Firenze 1965 (nella collana «Socrates» diretta da Arturo Massolo), che presentava anche la traduzione dei saggi La place de la logique dans la pensée aristotélicienne (1951), La morale de Hegel (1955), Hegel et l’Etat (1950), Über die Wissenschaftlichkeit der Philosophie (inedito).

 

La filosofia politica. Il testo originale fu redatto per la voce Politique. La philosophie politique della «Encyclopaedia Universalis», vol. XIII, Paris 1970, pp. 225-231. Per la stessa «Encyclopaedia Universalis» Weil redasse le voci Morale (trad. it. nel volume di Livio Sichirollo, Morale e morali, Editori Riuniti, Roma 1985, pp. 15-46), Pratique et praxis, Raison. La traduzione italiana di Livio Sichirollo è apparsa in «L’Uomo, un Segno», I, 1978, n. 2, pp. 5-25.

 

Politica e morale. Il testo (Politique et morale), apparso originariamente nei «Cahiers de l’I.S.E.A.», Série M, Juin 1962, n. 14, pp. 3-15, è stato ripubblicato in Philosophie et réalité, cit., pp. 241-253. La traduzione italiana, accompagnata da un Commento a Weil, di Pier Franco Taboni è apparsa in «Il tetto», XXIII, 1986, nn. 134-135, pp. 183-195.

 

 

 

Tutte le traduzioni sono state accuratamente rivedute. Si è mantenuto fede all’espresso desiderio dell’autore di rendere raisonnable (= vernünftig) con ragionevole; rationnel (= verständig) con razionale. Le note, tutte di Weil, sono state uniformate nelle modalità di citazione. Gli interventi in parentesi quadra sono del curatore.

 

 

Marco Filoni

 

 

Note

 

1  F. Châtelet, Chronique des idée perdues, Stock, Paris 1977, pp. 102-105. Per l’itinerario biografico e intellettuale di Weil, si rimanda a L. Sichirollo, Eric Weil, un ritratto, in Id., La dialettica degli antichi e dei moderni. Studi su Eric Weil, il Mulino, Bologna 1997, pp. 13-38. Cfr. inoltre A. Deligne, Eric Weil. Ein zeitgenössischer Philosoph, Romanistischer Verlag, Bonn 1998, pp. 5-79, e P. Canivez, Weil, les Belles Lettres, Paris 1999.

2 G. Kirscher, Eric Weil ou la raison de la philosophie, Presses Universitaires du Septentrion, Lille 1999, p. 11. A Kirscher dobbiamo anche l’ampia monografia La philosophie d’Eric Weil. Systématicité et ouverture, PUF, Paris 1989, e la raccolta di saggi Figures de la violence et de la modernité. Essais sur la philosophie d’Eric Weil, Presses Universitaires de Lille, Lille 1992.

3 Presso Vrin, Paris 1950 (19965); trad. it. Logica della filosofia, a cura di L. Sichirollo, il Mulino, Bologna 1997 (d’ora in poi citata direttamente nel testo con Logique, il numero della pagina seguito da quello della traduzione italiana).

4 Cfr. P. Canivez, Eric Weil ou la question du sens, Ellipses, Paris 1998, pp. 5-17, e M. Perine, Philosophie et violence. Sens et intention de la philosophie d’Eric Weil, tr. franç. par J.-M. Buée, Beauchesne, Paris 1991, pp. 117-220.

5Jean Lacroix, La mort d’Eric Weil. Un philosophe de la raison, in «Le Monde», 4 février 1977, p. 12.

6 Così R. Bodei, Premessa, in Seminario su Eric Weil, «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa», Classe di Lettere e Filosofia, serie III, vol. XI, 1981, n. 4, pp. 1139-1140.

7 E. Weil, Hegel (1956), in Id., Essais et conférences, Plon, Paris 1970 (ora Vrin, Paris 1991), t. I (Philosophie), p. 136; trad. it. in E. Weil, Hegel e lo Stato e altri scritti hegeliani, a cura di A. Burgio, Guerini, Milano 1988, p. 178.

8 «Eric Weil, au cours de son enseignement, avait l’habitude d’illustrer cette distinction décisive d’un exemple qui devait dissiper toute confusion: le camp de concentration, disait-il, peut-être organisé de plus en plus rationnelement (selon le verstand), cela ne le rend pas le moins du monde raisonnable (vernünftig)», G. Kirscher, Figures de la violence et de la modernité. Essais sur la philosophie d’Eric Weil, cit., p. 60.

9 G.W.F. Hegel, Vorlesungen über die Philosophie der Geschichte, hrsg. von G. Lasson, Meiner, Leipzig 1917 (poi ripresa, sempre nei Sämtliche Werke, da J. Hoffmeister col titolo Die Vernunft in der Geschichte, Meiner, Hamburg 1955), I, p. 55; trad. it. Lezioni sulla filosofia della storia, a cura di G. Calogero e C. Fatta, La Nuova Italia, Firenze, rist. 1997, I, p. 66.

10 Cfr. I. Kant, Was heisst: Sich im Denken orientieren? (1786), in Werke in sechs Bänden, hrsg. von W. Weischedel, Insel Verlag, Wiesbaden 1956-1964 (rist. WB, Darmstadt 1998), Bd. III, pp. 267-283; trad. it. Che cosa significa orientarsi nel pensiero, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1996, pp. 45-66. Sul Kant di Weil, cfr. Problèmes kantiens, Vrin, Paris 1963, II ed. aum. 1970; trad. it. Problemi kantiani, di P. Venditti, QuattroVenti, Urbino 1980.

11 P. Ricœur, Le conflit des interprétations, Seuil, Paris 1969, p. 403.

12 E. Weil, Philosophie morale (1961), Vrin, Paris 19985, p. 47.

13 E. Weil, Vertu du dialogue (1952), in Id., Philosophie et réalité. Derniers essais et conférences, Beauchesne, Paris 1982, p. 295.

14 Vrin, Paris 1956 (19966); trad. it. Filosofia politica, di L. Battaglia, Guida, Napoli 1973.

15 E. Weil, Hegel, cit., pp. 131-132; trad. it. cit., p. 174.

16 Cfr. Philosophie politique, cit., pp. 225-261; trad. it. cit., pp. 283-331. Sull’«attualità» di queste tematiche weiliane ha insistito anche F. Valentini nel nuovo Epilogo 1995 del suo Il pensiero politico contemporaneo, Laterza, Bari 1995, p. 454. Cfr. anche A. Tosel, La mondializzazione capitalistica ovvero l’impensato della filosofia, in «Koiné» (Pistoia, Edizioni C.R.T.), n. 6/10, 1999,  p. 170. Una trattazione organica del pensiero politico – o meglio della costruzione politica della filosofia e del filosofare – di Weil la dobbiamo a P. Canivez, Le politique et sa logique dans l’œuvre d’Eric Weil, éd. Kimé, Paris 1993.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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