Un’analisi sul problema filosofico dell’individualismo, dell’individuo moderno e della società degli individui può portare ad interessanti scoperte.
Che Chomsky non è soltanto un grande linguista, ma un convincente filosofo della natura umana. Che l’analisi di Hegel sulla situazione dell’individuo nel mondo romano antico conserva una sconcertante attualità in questo periodo di americanizzazione. Che la nostalgia di Adorno per l’individualità borghese resta uno dei punti più alti della filosofia del Novecento. Che Wittgenstein aveva della filosofia una concezione terapeutica per l’individuo, parallela a quella che aveva Freud della psicoanalisi. Che non bisogna avere pregiudizialmente paura del fatto che la nuova classe media globale prodotta dalla globalizzazione capitalistica possa essere la sanzione ad una manipolazione illimitata della società.
Due sono però i punti essenziali trattati in questo saggio. Primo, che Marx non è stato un pensatore organicista o collettivista, ma a tutti gli effetti individualista. E che però la sua concezione mirabile della libera individualità è stata indebolita da una concezione antipolitica, mutuata dal capitalismo utopico di Adam Smith e destinata a rovesciarsi in un impossibile comunismo utopico. Secondo, che l’individualità moderna presenta un carattere dialettico, perché da un lato è il supporto flessibile ideale di una manipolazione capitalistica illimitata, ma dall’altro può realisticamente diventare un centro di resistenza antropologica e sociale a questa stessa manipolazione. È questo il teatro storico dell’immediato futuro.
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