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La guerra di aggressione alla Jugoslavia da parte degli USA e dei paesi europei deve essere considerata, secondo l’autore, un punto di svolta nelle relazioni internazionali, tale da indurre ad una attenta riflessione sia sulle novità che sul ripresentarsi di “vecchi fantasmi” in una situazione gravida dell’incipiente crisi (nient’affatto solo, o prevalentemente, economica), che andrà verosimilmente diffondendosi, tra alti e bassi, in tutto il mondo capitalistico, quindi in tutto il globo, nei prossimi decenni. L’autore indica, sia pure per sommi capi, i processi economici, politici, culturali, che si vanno delineando all’orizzonte e che la guerra ha soltanto messo a fuoco con maggior nitidezza. Nella prima parte, si fa soprattutto riferimento ai fenomeni di carattere latamente culturale e “sovrastrutturale”, mentre nella seconda ci si sofferma sulla strutturazione economica e politica del capitalismo, ormai rimondializzatosi, accennando anche a due scenari di possibile affermazione nel medio-lungo periodo. Tutto il testo, ed in particolare la prefazione e le conclusioni, è percorso da una radicale e accesa polemica contro l’attuale “sinistra” e, più in generale, l’ormai obsoleta dicotomia destra-sinistra, vero ostacolo da abbattere sia dal punto di vista teorico e conoscitivo che da quello pratico-politico; senza di che, si assisterà al progressivo esaurirsi di ogni possibile critica al capitalismo, proprio nel momento in cui tale sistema sociale svela, pur sotto la spessa coltre di una disgustosa ipocrisia “umanitaria”, le sue “mostruosità”, la sua meschinità e piattezza, la sua tendenza a schiacciare quanto di meglio possa, forse, ancora generare la società umana.
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