|
La scuola italiana, trasformata dal 1° settembre 2000 in scuola dell’autonomia, può essere assimilata ad un organismo geneticamente modificato. Competitività, linguaggi aziendali, addestramento alla flessibilità, test, sono i geni inoculati in un corpo da tempo abbandonato e sofferente. Il fine, dicono i riformatori, è di rivitalizzarlo con un profilo all’«altezza dei tempi». In questo scritto, attraverso un viaggio “all’esterno”, nella scuola, e “all’interno”, nell’animo dell’insegnante, si dimostra come la realtà della riforma sia ben diversa: lungi dal rivitalizzare, la riforma colpisce al cuore proprio le componenti culturalmente più serie e vive della scuola, sopravvissute a decenni di abbandono. La valanga di prescrizioni burocratiche e didattiche, l’ossessione per la valutazione, la diffusione coatta del nozionismo, l’incentivazione di atteggiamenti aziendalistici, hanno prodotto nella scuola un enorme disagio, proprio tra gli insegnanti più impegnati nel lavoro in classe e più sensibili al rapporto con gli studenti.
L’originalità di questo scritto consiste nell’analizzare gli effetti della riforma dall’interno stesso della vita scolastica, seguendo un percorso vissuto quotidianamente da tutti gli insegnanti: il Collegio docenti, l’elaborazione del Piano dell’Offerta Formativa (POF), i consigli di classe, la preparazione della cosiddetta terza prova, l’Esame di Stato. Un percorso che fa emergere con nitidezza il valore del disagio, uno stato emotivo che gli insegnanti conoscono bene quando le pratiche organizzative e gli adempimenti formali hanno il sopravvento sull’insegnamento, e quando pratiche didattiche prive di spessore culturale sono prescritte d’autorità. Da queste pagine, però, emerge anche l’urgenza, sottolineata dall’autore, insegnante appassionato, da anni impegnato nel rinnovare i contenuti della scuola, di consultare se stessi e di dar voce al proprio disagio, per non diventare strumenti passivi di una deculturizzazione di massa senza precedenti.
|