Perché un libro di storia sul secolo appena concluso, il Novecento, scritto per coloro che amano la storia, per coloro che si occupano di politica e vogliono farlo in modo storicamente consapevole, e soprattutto per la scuola?
Perché viviamo in una società che, interamente dominata e incessantemente riplasmata dagli automatismi del mercato e della tecnica, non ha più alcun baricentro che la preservi da mutamenti umanamente devastanti.
Perché, quindi, l’educazione di cui la società ha oggettivo bisogno è un’educazione all’autonomia di pensiero e al valore della personalità spirituale dell’uomo.
Perché l’asse culturale più congruo a questa finalità educativa è rappresentato dalla conoscenza storica, in quanto si tratta di una conoscenza particolarmente in grado di far emergere possibilità antropologiche cancellate dall’attuale sviluppo sociale, ma custodite nella memoria del passato.
Perché i testi in circolazione oggi nella scuola non promuovono affatto la memoria del passato, e dunque una conoscenza storica degna di questo nome, capace di sollecitare l’autonomia di pensiero e l’elaborazione di orizzonti di senso.
Si tratta infatti di testi guidati dal vuoto conformismo pseudopedagogico oggi dominante: illustrazioni e grafici al posto di pensieri, espressioni morte anziché narrazioni vive, notizie decontestualizzate a cui il giovane non può dare alcun significato, concetti allusi anziché dispiegati e articolati, e perciò incomprensibili.
E poi, accanto ad un filo centrale esilissimo ed arido, l’esplosione demenziale della frammentarietà: come vestivano i greci, come mangiavano gli egiziani, come bevevano i babilonesi, come combattevano i romani, come stavano le donne di là, quali scoperte scientifiche erano state fatte di qua, e via dicendo.
Tante curiosità che, non composte in un ordine complessivo e in una trama di significati, non fanno una storia. E poi ancora la trattazione per temi: la politica dalla preistoria ad oggi, la religione dalla preistoria ad oggi, la guerra dalla preistoria ad oggi, e così via.
Lo studente va a spasso velocemente tra i secoli, muovendosi tra astrazioni banalizzate (la politica, la religione, ecc.).
Alla fine non gli rimane alcuna immagine di una società nel suo insieme, e non padroneggia neppure le linee essenziali del tempo storico. Poiché su una simile congerie di dati senza vita e senza senso non è possibile imbastire alcun colloquio ed alcun ragionamento, non ci sarebbe alcuna possibilità di valutazione dell’apprendimento.
Ecco allora gli eserciziari, umilianti per qualsiasi insegnante che conservi dignità professionale, ma oggi di moda, perché utili a coprire il nulla dell’insegnamento della storia: facendo mettere alcune crocette sulle risposte ritenute giuste tra diverse possibilità alternative, o facendo dare risposte di poche righe a certe domande, o facendo mettere in sequenza alcune notizie irrelate, si assegna un voto sulla base di un semplice conto matematico (tante risposte giuste, tante sbagliate, tante bianche), senza alcuna fatica relazionale e senza alcun bisogno di avere trasmesso reali contenuti educativi, e lo si assegna a venti o trenta alunni tutti insieme, così da non pagare il costo del tempo enorme che la scuola di oggi fa perdere all’insegnamento disciplinare.
Si moltiplicano le valutazioni man mano che i contenuti da valutare evaporano.
Certo, l’insegnamento della storia, a prenderlo sul serio, è oggi molto difficile. Viviamo infatti in una società che ha prodotto giovani svuotati di ogni rapporto con il passato che li ha preceduti, a causa del venir meno della densità storica della famiglia, della nazione, del lavoro e dello Stato. La tecnica, facendo derivare i comportamenti umani dai mezzi interposti tra l’uomo e il suo ambiente, e dalle procedure necessarie per usarli, senza bisogno di alcun rapporto con l’eredità del passato, ha creato menti destoricizzate. Il consumismo ha prodotto identità appiattite sul presente, che hanno i loro punti di riferimento non nelle memorie del passato, ma nelle presenze di oggetti.
In questo contesto, suscitare interesse e capacità di comprensione riguardo alla storia è davvero difficilissimo. Del resto, gli stessi insegnanti, in quanto inseriti nel medesimo mondo dei loro allievi, non sempre hanno interesse per lo spessore storico degli eventi, e quindi non trovano le maniere adatte per trasmetterlo ai giovani, finendo per affidarsi a testi inadeguati.
Come tentare, allora, di insegnare realmente la storia ai giovani?
Questo libro si affida a tre elementi.
LA NARRATIVITÀ
Bisogna provare a raccontare ai giovani i fatti storici in maniera estesa e continua, presentandoli con il colore della concretezza vissuta. Solo in questo modo, infatti, è possibile oggi un primo accesso non estraniante alla storia. Solo in questo modo può venir acquisito un materiale informativo che dia sostanza e comprensibilità ad una successiva elaborazione concettuale. Mettere alla base di un testo che voglia educare alla storia documenti di fonti, di storiografia o di statistiche, è un colossale errore didattico, perché si tratta di elementi, che per quanto stimolanti per lo studioso, sono agli occhi di un giovane astrazioni prive di un vero significato.
Alla base di questo testo c’è dunque la narrazione, fin nei dettagli, che non ci sono per essere ricordati, ma per mettere a contatto con il passato in quanto vissuto reale.
Un testo di narrazione come questo è fatto per essere usato non assegnando questa o quella pagina da imparare per intero, ma facendo leggere all’allievo, senza preventiva spiegazione dell’insegnante, un intero paragrafo, con il compito di enuclearvi gli elementi essenziali, tralasciando i particolari, con un controllo successivo e correttivo dell’insegnante del lavoro di astrazione dell’allievo.
L’ORGANICITÀ
Bisogna presentare i fatti storici nella loro contiguità temporale, esposta in modo che appaia una concatenazione significativa tra il prima e il poi. I nessi di concatenazione e di correlazione tra le vicende sono sempre discutibili, ma non possono essere pensati e discussi se non sono offerti. La scuola di oggi, sviluppando in peggio il peggio della suola di ieri, li ha aboliti.
L’ESPRESSIVITÀ SOCIALE
Un evento è pensato storicamente soltanto se è pensato come espressione particolare della totalità sociale da cui nasce e di cui rappresenta una tappa. Gli approfondimenti, che sono dati in questo libro in una sezione a parte, separata dalla parte narrativa, servono appunto ad orientare a cogliere l’espressività sociale di ciò che è stato narrato.