L’opera poetica di Luisa Giaconi è quasi totalmente compresa nella raccolta postuma intitolata Tebaide, uscita in due edizioni nel 1909 e nel 1912 per i tipi della Zanichelli-Bologna, a cura del critico Giuseppe Saverio Gargàno.
La prima pubblicazione, costituita da soli diciotto componimenti, era corredata dal ritratto dell’autrice realizzato da Romea Ravazzi e seguita da uno scarno epilogo del curatore, in cui si puntualizzava come l’ordinamento del «libretto» fosse dovuto a una precisa volontà dell’autrice e al suo «desiderio di perfezione artistica», teso a creare un canzoniere di poesie saldamente coese, dove ciascuna lirica fosse al contempo causale e consequenziale alle altre.
La seconda edizione uscì accresciuta da una poesia introduttiva, A Cherilo, e da altre tre sezioni, quantitativamente diseguali, che si aggiunsero a quella pubblicata in precedenza, sino ad arrivare a un totale di quarantaquattro poesie, ben diciassette delle quali rimaste sino ad allora inedite.
Anteposta alla ricca silloge si collocava un’ampia prefazione di Gargàno, nella quale egli dichiarava i criteri coi quali aveva scelto e ordinato i nuovi componimenti:
«dello sparso è qui raccolto tutto ciò che ella stessa non rifiutò mai decisamente, e dell’inedito quello che ella credeva dover correggere in qualche piccolo luogo».
La presente analisi di Tebaide, nel tentativo di elicitarne quanto più esaustivamente possibile i molti e articolati messaggi, indagherà sia l’architettura complessiva dell’opera che il dettato specifico di ciascun testo, procedendo nel dovuto rispetto delle divisioni e dell’ordine con i quali l’autrice stessa e poi il suo curatore, esattamente un secolo fa, l’offrirono all’attenzione del pubblico.