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Cat.n. 154

Rodolfo Mondolfo

Gli albori della filosofia in Grecia. Introduzione di Giovanni Casertano.

ISBN 88-7588-037-9, 2010, pp. 48, formato 140x210 mm., Euro 8. Collana “Il giogo” [33].

In copertina: Stele funeraria attica, 410-390 a.C., provenienza sconosciuta. Marmo pario.

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8,00

Introduzione

Nel 1936, quando fu pubblicato il saggio qui riproposto, Rodolfo Mondolfo (Senigallia 1877 – Buenos Aires 1976) aveva 59 anni, ed era già studioso affermatissimo nel campo degli studi italiani di storia della filosofia. Aveva insegnato nell’Università di Torino dal 1910 al 1913, e da quest’anno era professore di Storia della filosofia nell’Università di Bologna. Qui rimase fino al 1938, quando le leggi razziali promulgate dal fascismo lo costrinsero a lasciare l’Italia e ad emigrare in Argentina (Mondolfo proveniva da una famiglia di origine ebraica). In Argentina è rimasto fino alla sua morte, insegnando nelle università di Córdoba e di Tucumán. Dopo la fine della seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo, pur avendo ricevuto l’invito ufficiale a tornare in Italia, preferì rimanere in Argentina, in segno di riconoscimento e gratitudine per il paese che lo aveva accolto e gli aveva offerto le condizioni migliori per continuare i suoi studi e le sue ricerche.
Un fatto in apparenza strano, che è stato notato da Livio Rossetti1, è che Mondolfo si dedicò alla filosofia antica abbastanza tardi, sui cinquant’anni, quando aveva già raggiunto una maturità ed una notorietà indiscutibili nel campo degli studi sulla filosofia moderna. Aveva infatti pubblicato diversi volumi e molti articoli su Cartesio, Hobbes, Spinoza, Condillac, Helvétius, Montesquieu, Bruno, Fiorentino, Ardigò. Aveva dedicato anche, per passione intellettuale e politica (era esponente del Partito Socialista Italiano), molti studi a Marx ed Engels, ed era collaboratore della rivista Critica sociale, che fu soppressa nella seconda metà degli anni Venti2. In realtà, il “modernista” Mondolfo lavorava già da tempo nel campo della filosofia antica, ed i suoi studi in quest’ultimo campo erano stati preparati da un’enorme messe di testi, che aveva raccolto e tradotto di prima mano, come si può vedere dall’antologia Il pensiero antico, del 1928. Quest’opera era in effetti una storia della filosofia antica greca e romana, ma, a differenza di altre opere dello stesso tipo, era stata concepita in maniera nuova: la ricostruzione dei temi e dei problemi del pensiero antico, delle figure degli antichi pensatori, veniva fatta parallelamente alla presentazione di testi scelti direttamente dalle fonti antiche, e questi testi erano stati tradotti dallo stesso Mondolfo, salvo in pochissimi casi, debitamente segnalati. Era in effetti una “storia della filosofia antica” che parlava, per così dire, per bocca degli stessi filosofi antichi; l’opera del curatore era, in apparenza, ridotta semplicemente a creare la struttura portante di quei testi. Naturalmente, tutti sappiamo benissimo che con la stessa scelta dei testi ogni curatore di un’opera di tal tipo ci offre indicazioni precise della propria impostazione metodologica e ideologica, e il Mondolfo stesso non nasconde né l’una né l’altra. Ma sul suo modo di fare storia della filosofia antica, sulle sue prospettive storiografiche, in altra sede3.
In questa sede, vorrei sottolineare soltanto un aspetto della storiografia mondolfiana sull’antico, presente anche nel saggio qui pubblicato, e che risulta evidente in due tra le sue opere più importanti, L’infinito nel pensiero dei Greci, pubblicato a Firenze nel 1934, poi ripubblicato con il titolo L’infinito nel pensiero dell’antichità classica, essendosi nel frattempo lo studio rivolto anche al pensiero romano, sempre a Firenze nel 1956; e La comprensione del soggetto umano nell’antichità classica, pubblicato in spagnolo a Buenos Aires nel 1955, e tradotto in italiano, e pubblicato sempre a Firenze, nel 1958.
Nel primo di questi due volumi Mondolfo prendeva apertamente posizione contro un’impostazione storiografica riguardante il pensiero antico, viva ai suoi tempi, ma anche posteriormente, che scorgeva una specie di refrattarietà del pensiero greco alla comprensione dell’infinito. Era un vivo problema storico e storiografico che per la prima volta veniva affrontato con una larghezza di documentazione mai usata prima, scegliendo e discutendo testi che vanno da Omero a Eraclito, fino a Platone, Aristotele, i Neoplatonici e l’eredità rinascimentale. Si metteva in luce in tal modo il lavoro di una riflessione intensa e profonda dei pensatori antichi sul concetto di infinito. C’era innanzi tutto una elaborazione del concetto stesso di infinito, visto in primo luogo come infinità del tempo, e concretizzatosi nell’idea della ciclicità, ma c’era anche l’idea dell’infinità temporale come catena di cause ed effetti, fino al concetto dell’extratemporalità e infinità nel concetto dell’eternità e della perennità del cosmo. C’era poi la considerazione dell’infinito e dell’infinitesimo, che si traducevano nell’infinità numerica e del numero infinito, con i Pitagorici, Aristarco, Platone, gli Eleati, fino all’elaborazione del metodo infinitesimale con Archimede. C’era infine, da Anassimandro ai Neoplatonici, la considerazione dell’infinità delle grandezze estese (universo e spazio), e quella della potenza universale divina, fino all’apparire del problema dell’infinità dell’istante e dell’infinità soggettiva.
Come si può vedere anche da questo semplice schema, Mondolfo metteva in luce innanzi tutto il sorgere della coscienza stessa del problema dell’infinito, e poi ne seguiva le varie articolazioni, dalla matematica alla filosofia alla teologia, dimostrando esaurientemente come la refrattarietà del pensiero antico nei confronti di quel concetto e di quel problema non fosse altro che una vera e propria “leggenda”.
Analogamente, il volume sulla comprensione del soggetto umano, le cui idee portanti si erano andate sviluppando in Mondolfo fin dal 1921, nasceva dall’esigenza di confutare altri luoghi comuni della storiografia sull’antico: per esempio, quello di considerare la cultura antica come caratterizzata dall’idea dell’eterno ritorno ciclico, e quella moderna, invece, caratterizzata dall’idea di un progresso infinito. Questa impostazione storiografica fu sostenuta prima dalla cosiddetta “concezione classicistica” e poi da scrittori spiritualisti e idealisti, che stabilivano una differenza forte tra lo spirito classico antico e quello cristiano moderno, sulla base di una pretesa presenza esclusiva nel primo dell’elemento della finitezza e dell’oggettività, e nel secondo dell’elemento dell’infinitezza e della soggettività. Il volume di Mondolfo costituiva innanzi tutto una lezione di metodologia storica e critica, nel sottolineare come queste schematizzazioni, come tutte le schematizzazioni, costruendo contrapposizioni assolute, si scontravano con una realtà storica che si dimostrava sempre molto più complessa, nella quale la varietà delle tendenze e degli orientamenti non consentiva l’attribuzione di determinati caratteri “in esclusiva” ad un’epoca o ad un’altra. Anche qui le conclusioni cui giungeva il Mondolfo, fondate sull’attenta e curata raccolta di documenti, «analizzati con lo scrupolo costante di non forzarli mai a dire nulla di più o di diverso dal loro contenuto genuino», venivano riassunte dall’Autore stesso in tre punti fondamentali. In primo luogo, si giungeva al riconoscimento della funzione del soggetto nella gnoseologia antica, nelle forme del razionalismo, del volontarismo, del relativismo fenomenistico e dell’affermazione dell’attività sintetica del soggetto in ogni atto conoscitivo; poi si scoprivano le forme particolari di sviluppo della coscienza morale nell’etica antica; e infine si scopriva l’affermazione originale della creatività della spirito umano nella concezione del mondo della cultura, inserito nel mondo della natura, come il prodotto più tipico della specie umana. Tutto questo, e ciò dimostra in tutta evidenza l’“onestà intellettuale” dello studioso, non voleva essere il disconoscimento di tendenze oggettivistiche nel pensiero antico, ma l’invito a, e l’esigenza di, considerare, accanto ad esse, la presenza anche delle indubbie riflessioni sul “soggetto” nel pensiero antico, dall’etica alla gnoseologia alla considerazione dell’attività umana come “intervento” nel mondo naturale.
Ebbene, questo carattere di rigorosa analisi documentata dei testi, questo rifiutarsi di considerare come già acquisita una tesi storiografica solo perché la più diffusa e la più “facile”, questa voglia di capire invece che di ripetere, tutti questi caratteri sono presenti anche nel saggio che qui si ripubblica. Anch’esso nasce dall’esigenza di ridiscutere due problemi che si pretendevano già risolti: l’antico problema del “miracolo greco”, tesi che voleva spiegare l’origine del pensiero filosofico e scientifico contrapponendolo semplicisticamente ad un “mondo orientale”, anch’esso a sua volta schematizzato e semplificato, e rispetto al quale esso sarebbe nato del tutto eccezionalmente e sorprendentemente, e il problema del passaggio della riflessione greca antica dalla considerazione del cosmo, da riflessioni naturalistiche, fisiche ed astronomiche, alle riflessioni sul mondo morale dell’uomo: dal “naturalismo” all’“umanesimo”. Mondolfo capovolge questi due vecchi, veri e propri, luoghi comuni, ma la sua attenzione, in questo saggio, si sofferma soprattutto sul secondo. Con la solita abbondanza di riferimenti ai testi, da Omero e i poeti antichi, ad Anassimandro, a Eraclito, Parmenide, i Pitagorici, Empedocle, Filolao, Anassagora, Mondolfo critica la vecchia tesi che voleva l’affermarsi delle prime teorie morali, quando pure arrivavano ad affermarsi in forme consapevoli, come derivazioni da teorie astrologiche e biologiche. Al contrario, per lui le credenze astrologiche sono causa e non effetto delle osservazioni dei fenomeni celesti e della scoperta della loro ciclica regolarità: esse, così come gli stessi culti religiosi, non nascono da un interesse teorico, ma dagli interessi pratici della vita dell’uomo. Più in generale, con l’elaborazione di teorizzazioni razionali di concetti come destino, legge universale, giustizia, male, necessità, e quindi anche degli stessi concetti di natura e cosmo, i primi filosofi greci passavano dal mondo mutevole e frammentario delle proprie esperienze di vita vissuta all’elaborazione teorica ed alla costruzione dei primi sistemi filosofici.
Rileggere queste pagine, oggi, significa non solo apprezzare le qualità indiscutibili di grande storico della filosofia antica proprie di Mondolfo, che si muove nel quadro di quell’antico sapere con sicuro dominio delle fonti, esplorate ed analizzate con intelligenza critica ed amore della scoperta, ma significa anche ripercorrere e riscoprire, con lui, quel felice momento storico in cui furono gettate le basi dello stesso nostro modo di riflettere sulla realtà. Un momento storico, ed un mondo, che ancora non finisce di stupirci, di incuiriosirci, ma soprattutto ancora non finisce di insegnarci a pensare e ad agire.

GIOVANNI CASERTANO


1 L. Rossetti, Rodolfo Mondolfo storico della filosofia antica, in G. Crinella (a cura di), Rodolfo Mondolfo. 1877-1976, Fabriano 2006, pp. 27-49.
2 Una amplia bibliografia delle sue pubblicazioni si trova in appendice alla raccolta di scritti mondolfiani Entre la historia y la política, a cura di M.H. Alberti, Puebla (México) 1973.
3 Ritorneremo sulla questione nell’Introduzione ad una antologia di scritti mondolfiani, a cura di chi scrive, che apparirà in questa stessa collana.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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