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Esiste una logica razionalmente ricostruibile e dialogicamente comunicabile della storia universale del genere umano, oppure la cosiddetta “storia” è solo un insieme disordinato di fatti casuali, contingenti e aleatori? Da circa trecento anni questo è diventato il problema massimo della filosofia, che si è affiancato (sovrapponendosi o sostituendosi) a quello tradizionale precedente sull’esistenza o meno di Dio.
L’avversario filosofico più insidioso della logica della storia non è, come si crede spesso, la categoria relativistica e nichilistica dell’assoluta casualità, contingenza ed aleatorietà. Al contrario, si tratta proprio dell’unilaterale esagerazione opposta, di quella vera e propria divinizzazione idolatrica della storia consistente o nell’impossibile e maniacale tentativo di dedurre anche il casuale e l’aleatorio (ma già Hegel aveva scritto che è necessario che il casuale esista) oppure peggio ancora nello stabilire una finalità prefissata in base ad una logica della previsione estrapolata dal metodo delle scienze naturali moderne, e cioè la storia umana come processo naturale (Naturprozess).
Il comunismo storico novecentesco (1917-1991) si è erroneamente auto-interpretato (ideologicamente, e non certo filosoficamente o scientificamente) come effetto necessario dello sviluppo delle forze produttive e/o come progetto prometeico del proletariato di compimento “virtuoso” finale della storia. Questa auto-rappresentazione ideologica è stata smentita proprio dall’inesistente divinità che avrebbe dovuto garantirla, e cioè la Storia con la S maiuscola. L’ipotesi dell’effetto di sdoppiamento proposta in questo saggio scritto a quattro mani vuole sostituire a questa metafisica della necessità una filosofia della libertà e delle scelte umane alternative fra una corrente privatistica e classista ed una corrente solidaristica, cooperativa e comunitaria, contribuendo così a rimettere il comunismo su fondamenta molto più “anti-sismiche” delle precedenti, nel frattempo crollate.
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