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Che potrebbe rimanere, a chi provasse a cancellare dall’esperienza il rumore di fondo, l’insignificante, l’inutile? Quasi nulla, risponde Giovanna Fozzer con la nuova sua raccolta, di opere in versi ma non solo, che riunisce episodi di un viaggio alla ricerca di immagini, suoni e sensazioni che non si trovano sotto i riflettori della cronaca.
C’è un primato dei sensi, l’intento di muovere dalla percezione per cogliere i mille segreti, o forse l’unico segreto della natura e delle sue creature. C’è la disponibilità a lasciarsi sorprendere, ad accettare la meraviglia come presupposto della relazione con gli esseri viventi e con le cose. Fra queste e quelli, la differenza si fa sottile, perché non dare del tu ad una nuvola? Ogni pagina è l’incontro con un’immagine, ricorrente quella della fanciullezza, dove piccoli animali e bambini condividono l’innocenza di una natura che si lascia osservare senza rispondere allo sguardo. Una sola immagine concentra a volte l’intreccio di una storia, come il bicchiere di Giulietta, un oggetto e una vicenda che ne adombra un’altra ancora.
Lungo il percorso della raccolta, chiama ad una riflessione la rarità della presenza umana: sono interlocutori muti, troppo giovani per parlare, o scomparsi e soltanto vivi dentro un ricordo, oppure impegnati ad altro, come il monaco assorto a suonare l’organo, sotto le volte di un’abbazia cistercense: il lungo tacere, quasi di un paradiso terrestre, dopo la cacciata degli esseri umani. La narrazione sembra dunque cominciare, dove finisce la parola ed è costruita sullo sguardo, sull’intesa muta, su un affetto istintivo.
Chi si sofferma a osservare la sequenza dei luoghi, che talvolta la pagina permette di identificare, riconosce un percorso anche geografico, nella direzione dei meridiani, che traversa l’Italia dalle Dolomiti fino alla Calabria, e sembra riportare in qualche modo sulla terra il paradiso che dicevamo, ma non rinuncia a lasciarlo fuori dalla storia: la cronaca degli eventi che appassionano il mondo è rimasta vuota di senso e lontana, è quasi nulla.
Francesco Giuntini
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