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Vengono proposti al lettore, nel presente testo, quattro saggi, il cui fulcro concettuale deve essere rintracciato nel tentativo di abbozzare una concezione materialistica unitaria dell’uomo e della sua problematica etico-politica. Essi cercano quindi di tenere assieme, in modo opportunamente articolato e mediato ma lontano da inaccettabili cesure metafisiche discontinuiste, tanto l’integrale appartenenza della specie umana alla realtà fisica, chimica, biologica naturale, quanto la concretezza ontologico-sociale dei principali problemi etici che s’impongono alla nostra storicamente e socialmente situata riflessione autocosciente.
Questo approccio respinge ovviamente ogni rigida contrapposizione polare di scienza e filosofia, pur senza identificarne arbitrariamente ambiti concettuali e scopi teoretici. Ciò che viene qui offerto, lo si ribadisce, è dunque un tentativo di offrire alcuni spunti teorici volti a saldare coerentemente in una totalità concettuale filosoficamente espressiva sia la natura riflessiva, progettuale, concretamente dialogica ed universalistica del bene etico-sociale nel suo processuale e dialettico declinarsi in un complesso storico disalienante di finalità, attività, forme di riconoscimento interpersonali; sia, almeno in termini generali e certamente schematici, l’effettiva fisionomia di quell’insieme evolutivamente costituitosi di comuni predisposizioni cognitive ed emozionali, che rendono ontologicamente possibile alla nostra specie coltivare la reale speranza di riuscire un giorno ad edificare una quotidianità radicalmente democratizzata di libere individualità, non più gravate dai deformanti vincoli di estraniazioni classiste e mercificanti.
In tale meta, da nulla garantita e beninteso pensabile solo entro i limiti a noi concessi da un’intrascendibile finitezza materiale-naturale, sembra infatti essere posto (e chi non lo crede, lo metta alla prova razionalmente) il senso umanamente compiuto di una vita buona e felice, di una libertà, per usare le bellissime parole dello scrittore svizzero Friedrich Dürrenmatt, «che diventi [finalmente] per tutti la stessa» e della quale «nessuno debba vergognarsi di fronte all’altro» (cfr. Friedrich Dürrenmatt, Il sospetto [1953], Feltrinelli, Milano, 2007, p. 37).
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