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Il mondo rappresentato dai poemi omerici si rivela così ricco e complesso da orientare in gran parte contenuti e disposizioni intellettuali della successiva letteratura greca. Lo stesso pensiero filosofico trae spunti di riflessione da quei canti epici, in cui era rifluita l’esperienza di generazioni lungo le prime fasi di formazione di una nuova civiltà in Grecia. Omero costituisce un «inizio» anche per la storia della filosofia, se questa non riduce la sua ricerca all’inventario di sistemi di pensiero elaborati secondo una specifica tecnica. Nell’épos, infatti, si era accumulata una «tradizione» che finì per lasciare all’indagine dei physiologoi «residui» fecondi almeno su tre piani diversi: quello lessicale, anzitutto, della formazione cioè di un linguaggio scientifico come progressiva determinazione del polisemico lessico omerico; quello enciclopedico, poi, ossia dei contenuti di vita, delle tecniche e dei valori elaborati da una cultura quant’altre mai aperta sul variegato mondo della natura e degli uomini; quello del mito, infine, le cui intuizioni intorno alle strutture del cosmo e alle forze dappertutto operanti implicano quasi un’architettura logica che sembra attendere insieme confutazioni e sviluppi in un quadro nuovo e più coerente di pensiero.
Una prima esigenza della nostra indagine è quella di situare l’Iliade e l’Odissea nell’età loro, di cogliere il loro modo d’intendere e di esprimere in relazione ai valori intellettuali rivelati in quell’epoca dalle forme artistiche dello «stile geometrico». Un’altra esigenza da noi avvertita consiste nel tentativo d’individuare il tessuto di significati o d’idee che il mito, esprimendosi nelle forme sue proprie, tuttavia fu capace di costruire, fino a formare quasi una riserva di pensiero per le età che seguirono.
«I pensieri omerici ci si presentano in figure ed immagini. Se però esaminiamo ben bene il senso di codeste immagini, ci si rivela una concezione tanto vera e profonda da stupirci» (W.F. Otto).
Il mito costituisce, a nostro avviso, una prima forma di sapere organizzato. In esso è come concentrata una larga esperienza di vita e di pensiero. È possibile ritenere, ed è storicamente accaduto, che il mito abbia offerto materia di riflessione a chi si pose i primi interrogativi sui grandi temi dell’essere e del divenire. La religione olimpica, in particolare, col suo naturalismo di fondo, con la sua larga apertura sul mondo nella varietà molteplice delle sue forme, era già sulla via dell’incipiente filosofia greca, quanto meno essa non pose al fiorire del pensiero razionale le resistenze di una religiosità diversamente orientata, mistica e dommatica. Del resto, la reciproca interferenza di mito e pensiero razionale è rilevabile in quasi tutta la storia intellettuale della grecità, dalle «scuole» ioniche a Platone, dallo stoicismo ad alcune filosofie tardo ellenistiche. Ciò non significa disconoscere o attenuare la diversità radicale di piani e di significato che corre fra le due forme di pensiero; significa soltanto riconoscere che entrambe sono formazioni storiche, e come tali nella storia fanno registrare fra loro consonanze e divergenze, punti di contatto e fratture profonde. Ad una filosofia attenta alle fonti storiche interessa non poco di conoscere come, dalle insufficienti intuizioni globalizzanti del mito e dal confronto con le più mature costruzioni teo-cosmogoniche, il pensiero razionale sia venuto lentamente precisando concetti, categorie, criteri costitutivi di una visione laica e scientifica del reale.
A. Lo Schiavo
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