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Premessa
Riguardo all’accostamento tra Senofane ed Empedocle, che si rileva fin dal titolo del presente testo, è opportuno in questa sede sottolineare che questi grandi pensatori non solo sono stati, con le rare eccezioni che saranno evidenziate, incompresi e sottovalutati come altri cosiddetti presocratici, ma anzi spesso del tutto ignorati, salvo riferimenti ad alcuni luoghi delle rispettive ricerche riguardanti singoli aspetti di carattere “scientifico” o teologico.
Ma il loro detto accostamento trova altresì una ragione più profonda assai bene descritta dalla Timpanaro Cardini: «Untersteiner, richiamando Reinhardt, osserva che “un procedimento stilistico come quello di Senofane 21 B 30, può trovare un parallelo in Empedocle 31 B 17, 3”; ma a noi sembra che l’affinità debba piuttosto ricercarsi non tanto nella forma stilistica, quanto nella materia; ché veramente Empedocle ebbe, simile a Senofane, il gusto dell’osservazione e dell’interpretazione razionale dei fenomeni naturali. Senofane per il primo introduce nell’epos la descrizione dei fatti naturali come perfettamente conciliabili nella sfera della conoscenza umana col dio - uno - tutto, perché inseriti in esso e suscettibili di una comprensione sempre più elevata da parte dell’uomo colto. Sarà Parmenide che scaverà l’abisso dell’inconciliabilità tra i due mondi; poi Empedocle, fatto più maturo e avveduto dell’esperienza del pensiero parmenideo, ritornerà su quell’esigenza unitaria a cui si ispira la sua grandiosa concezione cosmica».1
In ogni caso la stessa Autrice non manca di osservare una notevole vicinanza tra Senofane e Parmenide, quando scrive: «[...] e l’analogia [tra Senofane e Parmenide; n.d.r.] può esprimersi così: il dio-uno-tutto sta alla molteplicità antropomorfica degli dei come l’essere uno-tutto sta alla molteplicità delle apparenze sensibili. Qui va riconosciuto l’étnos ideale che legò Parmenide a Senofane».2
1 Timpanaro Cardini, 1967, 154.
2 Ivi, p. 173.
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