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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 427

Salvatore Bravo

Günther Anders tra Auschwitz e Hiroshima. Le vite parallele di Adolf Eichmann e Claude Eatherly come scandaglio  filosofico.

ISBN 978-88-7588-355-2, 2023, pp. 208, formato 140x210 mm., Euro 20 – Collana “Divergenze” [84].

In copertina: Paul Klee, Angelus Novus, 1920.

indice - presentazione - autore - sintesi

20,00

Günther Anders ha vissuto e pensato la filosofia della contingenza, la quale è attenzione e partecipazione al dinamismo delle condizioni storiche, ma è anche scelta politica. La contingenza storica è sguardo dal basso, è presa di posi­zione per il popolo e con i popoli, è relazione dialettica con la quale condividere percorsi di verità ed emancipazione. Sperimenta un nuovo modo di vivere l’attività filosofica, la quale è prassi politica. I sistemi filosofici sono uno sguardo dall’alto, implicano una visione della totalità storica in cui il filosofo è il solitario corifeo della verità. Essi vorrebbero contrarre l’esperienza storica in un paradigma prestabilito da cui dedurre il futuro e liberarsi dalla gravità della responsabilità storica.

Per poter decodificare la tecnocrazia nella sua complessità e accelerazione è necessario un nuovo metodo capace di astrarre e problematizzare coralmente dalle contingenze del dominio la verità della stessa. Solo un metodo adeguato alla storia contemporanea e che la pensi nel suo vorticoso svolgersi può restituirci la verità della condizione storica in cui siamo situati.

Il concreto deve sostituire l’astratto funzionale all’ipostatizzazione del presente. Si deve tornare alla vita storica collettiva per poter comprendere che viviamo in uno stato d’eccezione quotidiano.

La tecnocrazia non è il “destino metafisico”, è realtà storica che si “incarna” nel capitalismo e nelle sue classi dirigenti.

La tecnocrazia ha nell’astratto il suo fondamento.

L’ideologia dell’astratto è una modalità per dominare. Si astrae la parte dal tutto, si parcellizza il sapere, si segmenta il lavoro in fasi allo scopo di “liquidare” la concretezza e la verità, al loro posto non resta che l’esoscheletro della storia e la parzialità dell’ideologia.

Il nemico non è più visibile, è l’assolutamente altro nella forma del niente. L’homo necans è l’essere umano del tempo contemporaneo, l’altro è assassinato prima nella mente, poi nel corpo. La tecnica consente di assassinare spingendo un semplice bottone, il nemico non è visto, non è scorto in vita e in morte. La morte si annida nella mente prima che si ponga in atto l’intenzionalità ad uccidere con la tecnica. Tutto è mezzo per l’uomo della tecnica, l’alterità non esiste, non vi è alcun processo di riconoscimento e autoriconoscimento, non si sospende l’azione di dominio per l’incontro. Se l’altro è “sconosciuta presenza” non esiste come fine e come pari, per cui l’eliminazione dell’alterità è semplice e asettica. L’ipertrofia della tecnica insegna a non discernere il mezzo dal fine, pertanto nel regno dei soli mezzi l’impossibile è tragicamente possibile. Metafisica perversa della tecnocrazia, dunque, che curva le relazioni sul trascendentale della potenza e della trasformabilità. Il totalitarismo tecnocratico decreta la scomparsa dell’essere umano concreto, ciò è palese con il nemico, ormai tipo antropologico scomparso. Prima di tale assetto d’azione il dominio insegnava a odiare il nemico mediante una campagna di distorsione e rappresentazione menzognera dell’altro. Vi era, ancora, una parvenza di concretezza, sussisteva la relazione distorta dal sistema. L’altro era deformato dal filtro della propaganda. La tecnocrazia ha reciso ogni legame, ha inaugurato l’astrazione totale e il regno del nichilismo passivo.

L’odio è antiquato è un’opera che denuncia l’astrazione, ma nel contempo è un breve manifesto dell’opera di G. Anders: bisogna riportare la concretezza dell’immaginazione dove impera l’astratto nelle sue forme perverse e antiumane. L’astratto produce in serie gli Eichmann, vorrebbe produrre un’umanità di eguali omologati, in cui la differenza si svuota mediante il controllo tecnocratico. Il nemico da abbattere è il pensiero divergente, il culto dell’inclusione cela l’annessione senza mediazione dialettica al mercato e alla tecnica nella forma del dominio. Soggetti incapaci di amare, odiare e di pensare sono figure spettrali che hanno rinunciato alla fatica di essere uomini, senza colpa e senza innocenza; la cronaca ci svela la normalità dell’indifferenza prodotta in serie. La colpa con la sua dialettica è sostituita dalla gestione algoritmica che non incontra rallentamenti e conflitti, ma trasforma i popoli in apparati macchinali dall’incessante ritmo di produzione e consumo.

L’odio è antiquato in quanto sono le macchine a uccidere nell’indifferenza degli umani, si uccide in astratto, la colpa è superata dalla distanza. Le macchine gestiscono le operazioni di morte, per cui l’odio è superato, non è necessario per uccidere. In L’odio è antiquato uno dei protagonisti, il filosofo Perrone, descrive la condizione dei soldati nell’epoca del trionfo della tecnica:

[…] restano talmente distanti dai loro cosiddetti nemici, devono puntare così lontano, che ormai non ‘puntano’ più veramente, non hanno nemmeno più la percezione delle loro vittime, non sanno ormai più nulla di loro […] come potrebbe essere possibile a simili soldati nutrire odio per uomini che non hanno mai incontrato e che (considerando che saranno annientati) non incontreranno mai? E perché questi soldati, che non guerreggiano più corpo a corpo, che ormai non dividono più con i loro nemici un campo di battaglia ma, nel migliore dei casi, manovrano degli strumenti in un luogo indefinito dal quale, a vista d’occhio, non s’intravede alcun nemico […] perché´ avrebbero ancora bisogno dell’odio? Non è, non sarebbe un sentimento affatto superfluo? Affatto antiquato? E perché lei dà tanta importanza alla pro­duzione artificiale di questo sentimento superfluo?1

L’odio prevede una relazione distorta dalla violenza dell’ideologia, con la tecnocrazia sono le macchine a gestire altre macchine allo scopo di eliminare una generica e invisibile alterità.

La relazione è sostituita dalla passività organizzata dal sistema. Sottrarre l’immagine dell’altro è il nuovo furto del capitalismo nella sua fase apicale, l’altro è niente, è solo un dato da vendere.

I social sono luoghi astratti dove l’immagine e i dati di ciascuno sono archiviati e venduti a fini commerciali. Un essere umano che vive senza una reale rappresentazione simbolica e concettuale della realtà storica è neutralizzato nel pensiero e nel concetto.

Il dislivello prometeico (prometheische Gefälle) è l’asincronizzazione tra l’uomo e il mondo dei suoi prodotti e si materializza in forme diverse con il dislivello tra il fare (Machen) e il rappresentare (Vorstellen) e tra l’agire (Tun) e il sentire (Fühlen).

La filosofia ha il compito tragico di riportare la concretezza dove impera l’astratto, deve essere la disciplina che permette di guardare la verità terribile in cui siamo per riattivare l’immaginazione e la fantasia morale. La prassi e la teoria sono ricongiunte nell’intento di emancipare l’umanità dalla caverna dell’astratto.

La denuncia e l’impegno politico hanno reso Günther Anders indigesto ai salotti filosofici delle Accademie, pertanto è autore parzialmente sconosciuto, di cui bisogna cogliere il messaggio principale: dove governa l’illimitatezza nella forma dell’onnipotenza tecnocratica la vita è minacciata. L’essere, dunque, può essere sostituito dal nulla in un attimo e in ogni momento. L’illimitato è la negazione della vita, il limite, invece, è ciò che consente la vita. Senza il limite non vi è organizzazione né biologica né sociale.

L’essere umano non ha una struttura etica e sociale predeterminata, per umanizzarsi deve determinarsi nella storia e sviluppare ciò che è precipuamente umano: il logos con cui dare forma “al mondo”.

Il presente studio intende cogliere il focus del pensiero di G. Anders attraverso due protagonisti del dramma dell’illimitatezza e del male: Adolf Eichmann2 e Claude Eatherly.3 Il primo è il simbolo del passivo adattamento alla disumanizzazione, il secondo agisce per impedire che l’Apocalisse dell’illimitatezza da lui vissuta a Hiroshima possa condurre l’umanità intera nel “niente”.

Adolf Eichmann e Claude Eatherly non sono poli opposti, ma interni alla storia contemporanea, entrambi partecipano alle tragiche contingenze storiche in cui sono situati. Entrambi obbediscono al sistema, ma l’essere umano può pensare e sentire gli effetti dell’obbedienza. Claude Eatherly dimostra che il logos non si lascia omologare dalla violenza degli apparati, l’essere umano è, sempre, potenzialmente libero di scegliere. L’essere umano non è mai il semplice riflesso della struttura economica, se così fosse, sarebbe eguale agli enti, egli conserva, sempre, la libera possibilità di uno spazio interiore di pensiero e di azione. La risposta al mostruoso in cui sono implicati, Adolf Eichmann e Claude Eatherly, quindi, è stata diversa, e ciò dimostra che l’essere umano è pensiero che concettualizza il suo tempo, in lui vi è un’eccedenza che non lo riduce a semplice ente, ma può rompere, se vuole, il cerchio passivo dell’adattamento a cui ha detto il suo tragico “sì”. L’ontologia del non ancora può ancora riportare le domande e la prassi dove regna l’immobile successione dei giorni.

1 G. Anders, L’odio è antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2006, pp. 29-30.

2 Otto Adolf Eichmann (Solingen, 19 marzo 1906 – Ramla, 31 maggio 1962) è stato un militare, funzionario e criminale di guerra tedesco considerato uno dei maggiori responsabili operativi dello sterminio degli ebrei nella Germania nazista, catturato in Argentina e processato in Israele nel 1961 Hannah Arendt lo descrisse come l’incarnazione dell’assoluta banalità del male.

3 Claude Robert Eatherly (Van Alstyne 2 ottobre 1918 – Houston, 1º luglio 1978) è stato un aviatore statunitense. In qualità di ufficiale dell’United States Air Force prese parte alla missione culminata con lo sgancio della bomba atomica Little Boy su Hiroshima il 6 agosto 1945. Il carteggio con Günther Anders testimonia il pericolo atomico e la tragica condizione dell’essere umano nell’epoca tecnocratica.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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