Introduzione
Aldo Loschiavo ma mio padre preferiva firmarsi Lo Schiavo era nato a Locri, in Calabria, il 18 luglio 1934 da Alessandro e Teresita. Compì i suoi studi in Giurisprudenza a Bologna dove si laureò a pieni voti, nel 1957, discutendo una tesi su Rousseau sotto la guida di Felice Battaglia.
A malincuore disse di no allo stesso Battaglia che gli proponeva di divenire assistente volontario; mio padre aveva bisogno di guadagnare e già due anni prima aveva cominciato a lavorare come cancelliere presso il Tribunale di Modena.
Costringendolo spesso a confrontarsi con reati o incidenti di vario genere e gravità di cui talvolta raccontava anche a noi bambini, quell’esperienza contribuì certamente ad arricchire la sua esperienza del mondo reale.
Vinto il concorso come funzionario presso il Ministero della pubblica istruzione, sposò subito mia madre, Iole Iesu, e si trasferì a Roma. Iniziavano gli anni Sessanta.
Né la famiglia, né il lavoro al Ministero (cui presto proprio per far fronte ai bisogni economici che aumentavano con l’arrivo dei tre figli associò quello presso la redazione dell’Enciclopedia italiana Treccani ove curava le voci di pedagogia) gli impedirono di coltivare la sua passione per il pensiero filosofico manifestatasi già negli anni dell’adolescenza.
Ritagliandosi ogni sera qualche ora per studiare, prese una seconda laurea in Lettere e filosofia (1970).
Grande lettore sin da ragazzo delle opere di Benedetto Croce, accettò il consiglio di Guido Calogero di discutere, sotto la sua guida, una tesi su Giovanni Gentile. Al filosofo siciliano dedicò vari saggi (vanno menzionati almeno La religione nel pensiero di Giovanni Gentile del 1968 e la voce La riforma scolastica del 1923 per la Enciclopedia Treccani del 1976) e i suoi due primi volumi: nel 1971, La filosofia politica di Giovanni Gentile per l’editore Armando (volume tradotto in spagnolo nel 1975) e, nel 1974, l’Introduzione a Gentile, per la collana ‘I filosofi’ di Laterza (volume che ha avuto 4 ristampe, l’ultima, con aggiornamenti, nel 2001).
Volle poi spostare la sua attenzione sul pensiero greco e libero da ogni condizionamento accademico decise di cominciare dalle origini.
Primo frutto di questo studio fu il saggio Il contributo della tragedia attica al razionalismo antico (Roma 1979, riedito da Petite Plaisance nel 2021). Nel 1983 uscì, con prefazione di Domenico Musti, il volume Omero filosofo (riedito da Petite Plaisance nel 2021). Già questi lavori rivelano l’originalità del suo approccio al tema complesso della nascita del pensiero occidentale. Nel ricchissimo e variegato mondo del mito greco, riconosceva in particolare il carattere di un pluralismo non comprimibile che impediva l’affermazione di un pensiero condizionato dai dogmi.
Nel frattempo, grazie al legame di amicizia con Gabriele Giannantoni, conosciuto ai tempi della tesi con Calogero, era entrato in contatto con Gerardo Marotta e l’Istituto italiano di studi filosofici e con l’editrice Bibliopolis presso la quale ha poi pubblicato i suoi successivi volumi (sono tutti indicati in appendice a questa pubblicazione).
Gli ultimi anni della sua vita di studioso sono stati tutti dedicati al mondo romano. La sua antica formazione giuridica ebbe modo di riaffiorare nell’indagine condotta sulle istituzioni civili e di governo della Città che seppe non solo unire il mondo mediterraneo e costruire un impero vastissimo, ma anche elaborare strutture sociali e modelli amministrativi che determinarono per moltissimi secoli (e in parte ancora determinano) la vita di un gran numero di popoli.
Per definire la personalità di Aldo Loschiavo, più che le parole di suo figlio, possono forse valere quelle di chi, come Claudio Salone, lo conobbe dapprima per questioni professionali, da professore e poi preside di liceo, per poi divenirne amico ed aver spesso modo, negli anni, di confrontarsi con lui sui temi più vari:
«[...] in anni ormai molto lontani [...] lo invitai, tramite la preside Marcella Castriota, nel liceo dove allora insegnavo, l’“Aristofane” di Roma, per parlare della cultura classica. Fino a quel momento lo avevo conosciuto solo attraverso alcuni suoi interventi “reazionari” sulla scuola superiore che a me, pur formato in un clima culturale del tutto diverso, piacquero molto.
Ricordo il suo stupore per l’invito, dato che al Ministero della P.I. dove ricopriva l’incarico di ispettore centrale, non si poteva dire fosse particolarmente popolare, anche se godeva di grande stima e considerazione da parte di tutti e da qualcuno, forse culturalmente un po’ fragile, era anche temuto per i suoi giudizi tranchants.
[...] era una persona per nulla incline al compromesso. Severa nel giudicare se stesso e gli altri, tenera negli affetti amicali e famigliari, conservava della figura paterna, di cui molto mi parlava quando ci incontravamo, un’immagine luminosa ed esemplare di coerenza e di onestà. Lontano dal partito comunista cui allora io appartenevo, schietto rappresentante del pensiero democratico, laico e radicale degli intellettuali del sud, ha sempre mostrato nei miei confronti il massimo rispetto e, semmai, qualche tratto di indulgente ironia.
Nel mare del conformismo progressista in cui non mi rendevo conto di essere immerso, la conversazione con Aldo in quegli anni aveva l’effetto di un balsamo. Con lui i luoghi comuni, le verità ossificate per convenienza, l’adesione corriva al pensiero dominante svanivano e si poteva intavolare una discussione autentica e appassionata sui temi politici e culturali di maggiore rilevanza.
Studioso del pensiero di Giovanni Gentile, in diversi suoi interventi ha spiegato le ragioni del liceo concepito dal Filosofo, del quale non il greco e il latino, secondo la tradizione “grammaticale” gesuitica, erano l’anima, ma la straordinaria coerenza del curricolo addensato attorno all’asse della storia. Anche in questo mi trovavo perfettamente d’accordo con lui, come pure nella diffidenza nutrita nei confronti dei “nipotini” di Don Milani. Per suo merito riscoprii la verità del detto attribuito a Gustav Mahler, secondo il quale “la tradizione è custodia del fuoco, non adorazione della cenere”.
La sua passione per il mondo antico, per la filosofia greca in particolare e poi, negli anni più tardi, anche per la res publica romana, era ancorata a una straordinaria capacità di studiare i testi.
Refrattario fino alla fine all’impiego del computer, schedava a mano le opere che leggeva, con un’acribia che non ho più potuto riscontrare in altri.
Negli ultimi anni la malattia che lo aveva colpito ci ha purtroppo impedito di incontrarci, per conversare con la consueta passione e l’autentica partecipazione etica di politica e di scuola. Di lui, oltre al ricordo dell’amico e del maestro, restano i tanti contributi offerti alla comprensione del pensiero antico, ancora troppo poco conosciuti, ma che costituiscono un sicuro lascito “aere perennius”, al di là e al di sopra delle mode culturali del momento»1.
Luca Loschiavo
1 Da Aldo Lo Schiavo (1934-2022) In memoriam pubblicato il 3 aprile 2022 sul blog: https://claudiosalone39.wordpress.com/
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