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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 467

Arianna Fermani

Concedetemi di diventare bello dentro. Viaggio alato nel Fedro di Platone.

ISBN 978-88-7588-377-5, 2024, pp. 176, formato 140x210 mm., Euro 15 – Collana “il giogo” [184].

In copertina: Henri Matisse, Icaro, tavola a pochoir, pubblicata nel 1947 sulla rivista «Jazz».

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15,00

Premessa

I filosofi sono, in realtà, pazzi del mondo. Perché la loro ricerca, come la loro passione, comincia e finisce nel mondo, da cui essi originano, a cui appartengono in toto e che solo sta loro a cuore. Sono vita che vuole vita, mondo che vuole mondo. Cioè sono pazzi di se stessi, perché nel mondo proiettano se stessi e in se stessi proiettano il mondo. Se indagano il mondo, è per conoscersi e accrescersi: all’infinito e per l’eternità1.

Sempre, o amici, il suo dialogo con Fedro deve restare per noi caro, il platano lungo l’Ilisso sotto il quale il dialogo si svolge deve restare un albero sacro e la preghiera di Socrate a conclusione del dialogo deve restare la nostra preghiera2.

... vivere è stare nella luce, è vedere la luce ...

Ci sono libri che ci accompagnano per una vita, quasi segnando le svolte della nostra esistenza e le trasformazioni che in essa si compiono. Sin dal primo incontro, nella giovinezza, ci abbagliano perché, in essi, tra le righe della scrittura, qualcosa ci tocca profondamente, rinviandoci all’enigma del desiderio che ci abita, additando alla traccia di un percorso o di un destino che forse ci attende, anche se ancora non lo intravediamo e sentiamo solo, nel­la forza di una suggestione confusa, la vibrazione di una consonanza, il balenare di una possibilità che intende il suo fiorire e il suo attuarsi […] libri che, a loro volta, suscitano il desiderio di scrivere, come per testimoniare quel che è accaduto nella relazione prolungata con essi e come hanno inciso in quel lungo cammino in cui ognuno finisce per diventare ciò che è3.

Se c’è un libro che mi accompagna da tutta la vita, marcandone i crocevia e segnandone le svolte decisive, questo è senza dubbio il Fedro di Platone. Dal lontano 1995, anno in cui il mio maestro Maurizio Migliori mi propose di dedicarmi a questo dialogo per la stesura della mia tesi di laurea, in fondo non l’ho mai scordato, proprio come non si scorda il primo amore, e non solo perché su di esso ho continuato a incentrare studi e contributi4.

Seppur come interesse “carsico”, infatti, l’amore per il Fedro platonico non solo non mi ha mai abbandonato ma, al contrario, si è progressivamente approfondito e ispessito negli anni.

Perché, per essere sinceri, a vent’anni questo dialogo difficilmente può essere capito, o non può esserlo del tutto, così come non può essere capito da chi non è disposto ad assumersi fino in fondo le conseguenze della bellezza.

Questo capolavoro, infatti, che parla appunto della bellezza in tutte le sue forme (da quella dei corpi a quella dei discorsi, scritti e orali, da quella della natura a quella dell’anima) è, a sua volta, di una bellezza abbagliante, nella forma e nei contenuti e, come un dono prezioso e fragile, va scoperto con delicata lentezza.

E il Fedro, che prende il titolo proprio dal giovane e appassionato interlocutore di Socrate (il cui nome, in greco, significa, non a caso, “luminoso”) altro non è che un inno alla vita, alle sue trame sottili, visibili e invisibili, e alla sua infinita e insostenibile “luce”, e un invito a goderne, con saggezza, misura e intelligenza, sì, ma a pieno e senza sprechi. Qui ed ora, accettando finalmente il nostro “disallineamento”, coltivando la nostra “stranezza” (atopia) come un privilegio.

«Atopos è chi appare “senza luogo”, una persona che non si sa dove collocare o come definire, per l’apparente stranezza dei suoi gesti e delle sue parole, per l’inusitata singolarità dei suoi comportamenti e della sua prospettiva. Ma essere “senza luogo”, “inclassificabile” e “strano” –assumere la posizione di una totale eccentricità rispetto ad ogni schema e ogni abitudine – è forse anche la condizione privilegiata per chi voglia vedere e sentire diversamente, per chi intenda percepire ciò che d’abitudine sfugge e resta nascosto»5.

Ed è questa, soprattutto, la straordinaria ricchezza del Fedro, dialogo proteiforme e multifocale6 come pochi altri: in esso Platone ci insegna che dobbiamo imparare a “vedere sempre le cose diversamente e con altri occhi”, a volare alto senza mai rinnegare la nostra umanità, perché il razionale non sempre è ragionevole, e perché un eccesso di razionalità può essere tossico e disfunzionale alla realizzazione della nostra esistenza.

E allora accade che, proprio in un dialogo come questo, in cui viene introdotta l’immagine immortale dell’Iperuranio, ovvero di quel luogo sopra il cielo in cui regnano sovrane e intoccabili le Idee, raggiungibili con uno sforzo razionale di cui solo i filosofi sono capaci, Platone ci inviti a non dimenticare mai anche le nostre componenti a-razionali, a ricordare che siamo cervello e cuore, ragione e follia, che abbiamo bisogno di nutrire ogni componente della nostra esistenza, anche quelle più basse, che non tutto può essere dimostrato o spiegato ma che, a volte, bisogna limitarsi a credere e, ancora di più, a sentire.

Leggere il Fedro di Platone – che, come mi capita spesso di dire e di pensare, è ciò che di più bello sia stato mai scritto e concepito da un essere umano – significa, in definitiva, comprendere che «vivere è stare nella luce, è vedere la luce e solo così è possibile un senso e una felicità. Nell’effondersi luminoso, nei raggi che si infrangono come onde di bagliore sull’acqua del mare, la vita appartiene a se stessa, appartiene a me e a tutto ciò che il mio occhio abbraccia. La vita mi è, e con essa la meraviglia del mondo. Sicura e prossima la sua bellezza»7.

A. F.

1 S. Giammetta, Perché sono tutti pazzi per la filosofia, «Sole 24 Ore», 21 gennaio 2024.

2 J.G. Herder, Kalligone (1800), in Sämmtliche Werke, Zur Philosophie und Geschichte, 18. Teil, Stuttgart-Tübingen 1830, pp. 109-110.

3 D. Susanetti, Il talismano di Fedro. Desiderare, vedere, essere, Carocci, Roma 2022, p. 9.

4 Tre dei quali sono contenuti in questa raccolta, dovuta, come sempre, alla straordinaria generosità di Carmine Fiorillo, che ringrazio di cuore. Oltre a questi, mi permetto di rimandare, tra gli altri, a A. Fermani, All Ideas are Invisible except One. Travels in the Ideal World of the Phaedrus, between Earth and Heaven, in A. Fermani - A. Lanoue, Plato and the Ideas: a very complicated story, Brill (forthcoming).

5 Susanetti, Il talismano di Fedro. Desiderare, vedere, essere, cit., p. 20.

6 Per l’approfondimento del concetto di multifocalità si rimanda a E. Cattanei - A. Fermani - M. Migliori (eds), By the Sophists to Aristotle through Plato. The necessity and utility of a Multifocal Approach, Academia Verlag, Sankt Augustin 2016; M. Migliori, A Hermeneutic Paradigm for the History of Ancient Philosophy: the Multifocal Approach, «Giornale di Metafisica», NS 39, 2017, pp. 187-207; versione italiana in La bellezza della complessità. Studi su Platone e dintorni, petite plaisance, Pistoia 2019, pp. 539-567; ora in Lifelong Studies in Love WITH PLATO, Academia Verlag, Baden-Baden 2020, pp. 113-133.

7 Susanetti, Il talismano di Fedro. Desiderare, vedere, essere, cit., p. 13.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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