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Cat.n. 487

Maurizio Migliori

La filosofia di Gorgia. Contributi per una riscoperta del sofista di Lentini. Prefazione di Giovanni Reale. Isagoge di Francesca Eustacchi: In onore di Maurizio Migliori

ISBN 978-88-7588-409-3, 2024, pp. 320, formato 140x210 mm., Euro 30 – Collana “il giogo” [193].

In copertina: Paul Klee, Strada principale e strade secondarie, 1929. Olio su tela, 83 x 67 cm. Colonia, Ludwig Museum.

indice - presentazione - autore - sintesi

30

Iṡagòge

in onore di Maurizio Migliori

di

Francesca Eustacchi

Dovremo allora riconoscere che i sofisti preparano la piattaforma teoretica da cui decollerà, con totale ingratitudine, la metafisica platonico-aristotelica.1

Un’iniziativa bella e opportuna

Riproporre oggi, grazie alla generosa iniziativa dell’editrice «petite plaisance», questo studio su Gorgia scritto da Maurizio Migliori nel lontano 1973, è una scelta bella e, insieme, opportuna. “Bella”, perché si tratta del primo libro, scritto quando l’Autore era ancora all’inizio dei suoi studi ma quando già si distingueva per lo spessore teorico e per la finezza della ricostruzione storica, elementi che portarono Giovanni Reale, nella prefazione alla prima edizione del volume, a presentare il lavoro come il «più ampio e approfondito che finora sia stato dedicato al sofista di Leontini» (infra, p. 29). “Opportuna”, perché – se per il lettore-studioso di storia della filosofia antica degli anni Settanta del Novecento le conclusioni a cui Migliori giungeva costituivano ipotesi interessanti da sottoporre a ulteriore verifica –, oggi, a distanza di cinquant’anni, appaiono considerazioni ancora attuali, non solo perché confermate dallo stesso Autore e da altri2 studi successivi, ma soprattutto perché, stimolando il dibattito odierno, continuano ad arricchire l’orizzonte delle interpretazioni e delle riflessioni sul movimento sofistico.

Un’interpretazione in controtendenza

Il volume, che a quel tempo era in controtendenza, si rivela dunque precursore di un orientamento interpretativo sempre più affermato nella letteratura critica attuale e teso a rivalutare il movimento dei sofisti, a ri­pensarne il contributo rivoluzionario, emancipandolo in tal modo dal giudizio, per lo più negativo, espresso da grandi filosofi come Platone3 ed Aristotele.

Migliori descrive bene questa vicenda nell’incipit: «Questo gruppo di audaci pensatori, che mosse alla conquista spirituale dell’Ellade con abilità, piglio e fortuna diversa, ma con una stessa accentuazione critica verso il passato e il presente, questo gruppo di eccezionali oratori, di grandi eruditi, di sottili dialettici, trovò sul suo cammino due avversari, due soli. Erano, però, i più grandi pensatori del mondo antico: Platone ed Aristotele. Da questo scontro i sofisti escono distrutti, non tanto nelle loro tematiche, che anzi continueranno a vivere ed a prosperare e nelle scuole socratiche e nelle scuole post-aristoteliche, ma nella loro fisionomia» (infra, p. 33).

La storia della sofistica è stata, e resta ancora per certi versi,4 irriducibilmente segnata dalla prospettiva ermeneutica platonico-aristotelica, che per la critica storico-filosofica connota negativamente tutti i sofisti e ha significativamente ridotto la portata del loro valore filosofico. Prova di questo diffuso trend interpretativo è il fatto che un sofista come Gorgia di Leontini, tra i più grandi pensatori del V sec. a.C. insieme a Protagora di Abdera, venga considerato dalla letteratura critica come un retore, e non un filosofo. Non a caso gli studi si sono incentrati per lo più sull’arte retorica e sugli studi della parola5 e hanno trascurato invece l’apporto specificatamente filosofico-teoretico di Gorgia.6 In questo panorama, uno dei meriti indiscussi di Migliori è proprio quello di aver approfondito “l’intero Gorgia”. Proprio tale approccio olistico conferisce al volume una struttura tanto rigorosa quanto completa, che riesce a bilanciare lo sguardo sinottico con quello analitico. Questo studio è inoltre condotto con una preziosa consapevolezza che dovrebbe sempre accompagnare il mestiere dello storico della filosofia antica: l’analisi del testo va condotta sulla base di quel che è pervenuto degli scritti gorgiani – molto poco –, e per quanto accurata e minuziosa essa sia assomiglia al lavoro di chi si muove tra macerie «è come prendere, ad uno ad uno, i pezzi di un mosaico che si sa ampiamente incompleto. È per questo che non bisogna farsi illusioni sui risultati del lavoro: emerge chiaramente una filosofia gorgiana, ma, appunto, solo emerge» (infra, p. 37).

L’intento principale dell’Autore è quindi quello di dimostrare, sulla base dei testi, che ci troviamo di fronte a un grande pensatore, a un filosofo che a tutti gli effetti merita di essere riscoperto.

Il Περὶ τοῦ μὴ ὄντος

Con questo fine, la prima parte del volume è dedicata all’analisi del Περὶ τοῦ μὴ ὄντος (Sul non essere): di questo opuscolo gorgiano sono pervenute due versioni, quella dello scettico Sesto Empirico di epoca tarda (II-III sec. d.C.), e quella dello Pseudo Aristotele o dell’Anonimo, nella redazione del De Melisso, Xenophane et Gorgia, di epoca incerta ma collocabile intorno al IV sec. a.C., sulla base della ipotesi oggi più accreditata (e già assunta da Migliori nel 1973), secondo cui l’Autore è da identificarsi con un megarico. Entrambe le versioni vengono analizzate, commentate e messe a confronto; la letteratura critica di riferimento viene consultata e ampiamente discussa; si aggiungono, poi, riferimenti e collegamenti testuali a sofisti come Protagora, e agli Eleati, Melisso e Zenone, che arricchiscono ulteriormente l’analisi critica. Nel volume, inoltre, Migliori scandaglia tutta la tradizione critica giunta fino a lui, inserendosi nel dibattito del tempo in modo critico e innovativo.

Da questa esplorazione scaturiscono due principali proposte ermeneutiche: la prima, di natura storico-filosofica, riguarda la questione della affidabilità delle versioni dell’opuscolo gorgiano sopracitato. In tal senso Migliori considera la versione dell’Anonimo migliore di quella di Sesto Empirico,7 cioè più attendibile nel restituire lo spessore filosofico del pensiero del sofista, in quanto non solo temporalmente più vicina al pensiero sofistico, ma anche perché scevra delle eccessive schematizzazioni ad uso “di scuola” presenti nella versione sestiana, nonché libera da intrusioni scettiche. L’accurata comparatio tra le due versioni effettuata da Migliori ha reso evidente la loro radicale diversità e inconciliabilità e ha inoltre mostrato che Sesto Empirico sembra dipendere dall’Anonimo, per cui la versione di quest’ultimo deve essere considerata senza dubbio la fonte principale e filosoficamente più pregnante rispetto al nostro sofista.

La seconda proposta di Migliori entra nel merito della questione relativa al senso teoretico dell’opuscolo gorgiano Sul non essere. Egli cerca di individuare quale sia lo scopo di questo testo dal sapore indubbiamente polemico-distruttivo, o meglio, cerca di individuare quale sia l’obiettivo polemico contro cui il Leontinese intendeva rivolgere le sue dimostrazioni. Su questo fronte, l’Autore si distacca dalla tradizione critica, assumendo una prospettiva destinata a farsi largo tra le interpretazioni successive:8 «Il sofista, infatti, ma un dialettico impegnato a costruire obiezioni, a distruggere argomentazioni» (infra, p. 112). Anche se la letteratura critica è stata generalmente concorde nel rilevare lo spirito polemico dell’opera, non ha tuttavia raggiunto alcun accordo nell’individuarne il bersaglio. Come Migliori riferisce, per un verso, si era sostenuto che l’obiettivo fosse principalmente l’intera filosofia presocratica di stampo naturalistico, per un altro, gli Eleati, o che le argomentazioni fossero dirette contro Protagora; sono state anche colte allusioni ad Eraclito, Leucippo ed Empedocle.

Migliori sostiene invece che è indubbio che Gorgia nel suo opuscolo attacchi gli Eleati, come è evidente dal titolo stesso: Sulla natura o sul non essere, rovesciamento perfetto di quello di Melisso: Sulla natura o sull’essere; del resto, la stessa movenza logico-argomentativa del Trattato sovverte la triade eleatica essere-pensare-dire, sostenendo che l’essere non è, se anche fosse non sarebbe conoscibile, se anche fosse conoscibile, non sarebbe comunicabile. Secondo le intuizioni di Migliori, il procedere dimostrativo del testo segue un andamento “per assurdo” di stampo zenoniano,9 anche se – precisa – la portata della operazione dissolutiva messa in atto dal sofista non può essere ridotta ad una operazione esclusivamente anti-eleatica (l’Eleatismo rappresenta un obiettivo privilegiato e particolarmente evidente in Gorgia, ma non l’unico), né si può pensare che l’obiettivo sia uno solo dei pensatori naturalisti, quanto piuttosto l’intera filosofia presocratica, caratterizzata da una impostazione inconsapevolmente metafisica, tesa cioè a ricercare il fondamento unitario capace di spiegare la realtà. A fronte della debolezza e contraddittorietà delle tesi avanzate dai filosofi naturalisti, quindi del fallimento dei loro tentativi euristici, il Leontinese si contrappone a tutto il pensiero precedente e, utiliz­zandone lo strumento più forte e nuovo, la dialettica eleatica, muove contro l’Eleatismo stesso come un “demolitore interno”, per arrivare alla conclusione che «una fondazione filosofica, incontrovertibile, veritati­va dell’essere, della conoscenza, della comunicazione, è impossibile» (infra, p. 195).

Tale conclusione permette a Migliori, e a buona parte degli studi posteriori, di allontanare Gorgia dall’alveo dei filosofi nichilisti,10 mostrando come la polemica gorgiana sia diretta non contro la verità, o contro la realtà tout court, ma contro la sola pretesa di assolutezza che ha contraddistinto le ricerche ad essa orientate. In tal senso, l’Autore attribuisce particolare rilievo al passaggio dalla prima alla seconda tesi del Trattato (cfr., infra, pp. 65-71), poiché in esso il sofista non nega l’esistenza di qualsiasi cosa secondo la prospettiva nichilista, ma rifiuta il tentativo di imbrigliare la realtà entro schemi assoluti e rigidi, come facevano gli Eleati, assumendo quindi una prospettiva empirico-fenomenica: «lo sguardo eleatico non può non impietrare le cose come quello della Gorgone. Ma il reale si ribella a questa immobilizzazione medusea, e si trasforma, e diviene» (Calogero, Studi…, pp. 99-100).

Gorgia retore

La seconda parte del volume è dedicata allo studio e all’analisi delle opere retoriche e del materiale dossografico. All’Encomio di Elena e alla Apologia di Palamede sono riservati due capitoli specifici, in quanto scritti fondamentali per la ricostruzione del pensiero gorgiano; seguono poi capitoli tematici concentrati sull’etica gorgiana (in riferimento alla fonte platonica) e sui nessi tra retorica ed estetica. Questa seconda sezione si presenta, coerentemente con il pensiero gorgiano sulla retorica, come pars costruens, che funge da contraltare alla pars destruens della prima sezione, impegnata a restituire il senso polemico-distruttivo del trattato Sul non essere. Non a caso, Migliori, muove qui dalla questione di fondo: «il problema che dobbiamo porci è il seguente: questo eccezionale documento di dialettica, questa distruzione della metafisica, costituiva la base per un rifiuto della filosofia, costituiva la giustificazione teorica di una scelta del sofista, quella che ha fatto di lui il fondatore della retorica, oppure apriva spazi ad una riflessione che è in qualche modo definibile “filosofia”? Gorgia è un retore, autore di una brillante monografia contro la filosofia, o è un filosofo?» (infra, p. 129).

Che la risposta corretta vada colta nel secondo versante di questi stessi interrogativi dilemmatici è da Migliori ampiamente dimostrato nel testo che viene ora ripubblicato: dalle opere retoriche emerge una forte attenzione gorgiana non solo al logos, ma anche al suo contenuto “veritativo” che si determina in relazione ai fatti, ossia alla realtà fenomenica. Una volta mostrati, nel Περὶ τοῦ μὴ ὄντος, i rischi che la verità assoluta comporta e quindi la necessità di un suo abbandono, Gorgia pone in gioco forme di verità relative e molteplici (come attestazione dei fatti, come eikós, ossia verosimile/probabile, come correttezza logico-formale del discorso, ecc.).11 L’arte retorica si intreccia con queste verità in una sinergia proficua: se, da una parte, la verità non può fare a meno del logos persuasivo per essere veicolata e sostenuta con forza, dall’altra l’arte retorica necessita di un qualche appiglio veritativo. La retorica costituisce infatti uno strumento formale che, sebbene sia decisivo nel muovere all’azione e nell’educare al senso estetico, risulta tuttavia incapace di fornire da sola certezze e contenuti conoscitivi, senza i quali «può essere messa al servizio di cause cattive, del male e della falsità, non del vero e del bene» (infra, p. 196). Non a caso, è proprio questo il quadro concettuale che fa da sfondo al Gorgia platonico.

L’estetica gorgiana e l’inganno

Il discorso sulla retorica si chiarisce e si complessifica in connessione con quello sull’estetica gorgiana; in questo senso, risulta particolarmente significativo il riferimento al tema dell’inganno artistico che offre spunti importanti di riflessione, messi poi a frutto anche da Platone e da Aristotele. Gorgia presenta l’inganno come l’effetto che la parola produce sull’anima, spingendola all’azione:

La parola è un potente sovrano, che, con corpo piccolissimo e del tutto invisibile, compie opere assolutamente divine: ha, infatti, il potere di far cessare il timore e di eliminare il dolore e di suscitare letizia e di accrescere la compassione (Encomio di Elena, 8 = DK 82 B11).12

La parola ha una funzione psicagogica, cioè ha presa diretta sull’anima di chi l’ascolta, costringendola, con il suo potere persuasivo, che opera come un vero e proprio incantesimo, a cambiare il suo stato emotivo e la sua condizione. Tale fascinazione acquista una duplice valenza:13 1) negativa, dal punto di vista conoscitivo, in quanto persuade le anime incolte ad avere opinioni sbagliate e false (queste anime, infatti, cadono facilmente in errore, subendo l’effetto negativo dell’“inganno”, poiché non possiedono il pharmakon, ossia la vera conoscenza (cfr. Encomio di Elena, 10 = DK 82 B11); 2) positiva, invece, dal punto di vista dell’arte, dato che «chi inganna agisce meglio di chi non inganna, e chi è ingannato è più saggio di chi non è ingannato» (Plutarco, La gloria degli Ateniesi, 5, p. 348 c = DK 82 B23). In ambito artistico, vengono giudicati migliori sia coloro che riescono ad ingannare rispetto a quelli che non vi riescono (è il caso dei poeti e dei pittori la cui bravura si giudica sulla base dell’effetto che riescono a sortire nelle anime dei fruitori), sia coloro che si lasciano ingannare: questi infatti, sono consapevoli dell’inganno e lo accettano perché, a differenza di coloro che non si lasciano ingannare, sono dotati di sensibilità estetica.14

L’eikós e l’etica della situazione

Oltre alla ricchezza e alla multiformità della dimensione retorica ed estetica propria della riflessione gorgiana, lo studio di Migliori non trascura di valorizzare un ulteriore aspetto: quello relativo all’etica. Il nostro sofista è infatti da annoverarsi tra i primi sostenitori di un’etica della situazione, ossia di un’etica non universale ma concreta, «che indica, descrive le caratteristiche delle singole realtà e quindi individua la condizione della loro armonia, della loro “virtù”»15 (infra, p. 196). Il comportamento virtuoso, dunque, non si determina sulla base di regole astratte e generali, valide per tutti e in tutte le circostanze, ma occorre individuare la tipologia di azione corretta solo a partire dalla situazione concreta in cui l’essere umano di volta in volta si trova coinvolto. Gorgia lo esplicita nel suo Epitafio, in cui afferma che occorre essere

soccorritori di quanti sono ingiustamente sfortunati, punitori di quanti sono ingiustamente fortunati; sprezzanti rispetto all’utile, pacati rispetto al decoro; capaci di temperare, con la moderazione del senno, la smodatezza della forza; tracotanti verso i tracotanti, modesti verso i modesti, intrepidi di fronte agli intrepidi, tremendi nelle situazioni tremende. A testimonianza di queste virtù […] (Planude, Commento a Ermogene, V 548 Walz = DK 82 B6).

Questo passaggio, al di là del tono retorico, pone in evidenza come i diversi comportamenti designino virtù che sono tali in relazione al contesto: solo l’analisi della specifica situazione e delle relazioni che la costituiscono consente di determinare ciò che si deve e non si deve fare; in tal modo i doveri mutano in relazione al momento, all’età, alla caratteristica sociale, a cui ci si riferisce.

Il criterio di ogni azione si identifica dunque con un concetto-chiave nel pensiero gorgiano, il kairós, il momento opportuno: «questa la legge più divina e universale: dire e tacere, compiere e omettere ciò che si deve nel momento in cui si deve» (Planude, Commento a Ermogene, V 548 = DK 82 B6). L’individuazione di ciò che è opportuno assume un valore normativo fondamentale sia nella sfera del linguaggio (dire-tacere) sia nella sfera dell’azione pratica (compiere-omettere); il kairós manifesta, quindi, oltre al significato di momento opportuno inteso in senso temporale, anche i sensi di opportunità, occasione, e soprattutto di convenienza e appropriatezza dell’azione rispetto alla circostanza. Anche in questo senso, quindi, quella del sofista si rivela essere una posizione lontana dal relativismo o dal nichilismo e più vicina ad un’ottica pragmatico-fenomenologica, in cui spicca il ruolo della razionalità nel guidare la scelta morale sulla base di un’accurata analisi della situazione. Su questa base, Migliori rileva lo spessore filosofico del pensiero gorgiano, ridimensionando di molto il giudizio secondo cui egli vestirebbe i panni del solo retore.

A ulteriore conferma della correttezza del percorso effettuato, lo studioso discute anche la posizione che Platone assume nei confronti del sofista: «Bisogna dar atto a Platone di aver riconosciuto l’impegno etico di Gorgia, ma questo, per lui non è filosofico, in quanto non riesce ad elevarsi al livello della definizione, al livello di “essere”. Il sofista, come sappiamo si limita ad un piano fenomenologico-descrittivo: ecco allora che, per Platone, il suo impegno è sul piano delle “buone intenzioni”; la soluzione gorgiana è, per Platone, assolutamente inadeguata e apre le porte all’immoralismo dei suoi contemporanei» (infra, p. 164). Migliori, qui, intende sottolineare l’intrinseca debolezza teorica della riflessione gorgiana, debolezza che traccia una differenza sostanziale con la filosofia platonico-aristotelica. Quella di Gorgia, e dei sofisti in genere, infatti, è una “filosofia della crisi”, che prende atto del fallimento delle indagini della sua epoca: in questa contingenza storica, «la dialettica eleatica ha creato strumenti così raffinati da divorare se stessa; le soluzioni dei naturalisti non risolvono i problemi di fondo, che riguardano l’essere il nulla, l’uno e i molti etc. Gorgia affronta questi problemi: i tempi non maturi impediscono una vera sintesi risolutiva […] ma il suo è ugualmente uno sforzo per superare oggettive difficoltà che la filosofia del tempo poneva; né si tratta di uno sforzo privo di interesse, visto che Platone lo tiene spesso presente»16 (infra, pp. 164-165). Si tratta di un tentativo che, anche se ha aperto la strada ad esiti per così dire estremi, come il relativismo e l’immoralismo della sofistica successiva, ha però costituito per Platone ed Aristotele un punto imprescindibile di confronto e di superamento critico, e in tal senso, può dirsi pienamente realizzato.

Completa il volume un’appendice, in cui Migliori offre lo status quaestionis completo degli studi riguardanti l’opuscolo Sul non essere: vi sono riportati e sintetizzati in ordine cronologico gli interventi interpretativi sui principali problemi sollevati dallo scritto; si passano dunque in rassegna studi fondamentali di specialisti (come Diels, Nestle, Mondolfo, Calogero, Levi, Loenen, Untersteiner, Kerferd, ecc.), così da mettere a disposizione del lettore degli anni Settanta un apparato utilissimo: nel panorama italiano e internazionale degli studi sul trattato filosofico gorgiano, infatti, rassegne bibliografiche di tal genere risultavano carenti, se non del tutto assenti. Inoltre, questa appendice finale può dirsi ancora utile, in quanto imprescindibile per la ricostruzione della storia delle interpretazioni e ricchissima di riferimenti sostanziosi a studi per nulla “invecchiati”: alcuni sono oggetto di discussione nei lavori più recenti, altri sono stati pubblicati di nuovo o rieditati,17 continuando ad arricchire il dibattito attuale su Gorgia.

In conclusione … un augurio realizzato

Ci sembra pertanto di poter affermare, in conclusione di questa nostra introduzione alla nuova edizione di La filosofia di Gorgia di Maurizio Migliori, che la proficuità degli studi successivi dimostra che questo volume ha inaugurato un ri-orientamento significativo del panorama ermeneutico su Gorgia, realizzando di fatto l’augurio finale con cui l’Autore chiude il saggio: «Si noti: dopo un’esplosione di studi negli anni Trenta-Cinquanta, negli anni Sessanta troviamo un vero vuoto. Sembra quasi che, dopo aver profuso tesori di analisi e di ipotesi, la critica si sia inaridita, scoraggiata dalla difficoltà dell’impresa. L’augurio che possiamo fare è che dopo questo decennio di decantazione, i critici tentino nuovamente, sulla base dell’ampia mole di lavoro accumulato dagli studiosi precedenti e di nuove analisi, di recuperare alla storia della filosofia questo grande enigmatico sofista» (infra, p. 256).

F. Eustacchi

1 M. Migliori, La filosofia di Gorgia. Contributi per una riscoperta del sofista di Lentini, infra, p. 199.

2 Ricordiamo, in particolare: M. Migliori, Gorgia quale sofista di riferimento per Platone, già pubblicato in «Giornale di metafisica», NS 21 (1999), pp. 101-126 (ora in M. Migliori, La bellezza della complessità, Studi su Platone e dintorni, petite plaisance, Pistoia 2019, pp. 39-66); M. Migliori, La filosofia dei sofisti: un pensiero posteleatico, già pubblicato in «Annali della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Macerata», XXXIII (2000), pp. 9-30 (ora in Migliori, Bellezza…, cit., pp. 67-95); A. Fermani, M. Migliori (a cura di), Filosofia antica. Una prospettiva multifocale, Morcelliana-Scholé, Brescia 2020, pp. 81-97, pp. 119-210; F. Eustacchi, Leggere i Sofisti. Le diverse anime di una rivoluzione filosofica, Morcelliana-Scholé, Brescia 2021, pp. 121-194; F. Eustacchi, Il ruolo dei Sofisti nell’elaborazione della Teoria delle Idee platonica, in F. Piangerelli (a cura di), Platone e la teoria delle Idee, Nuove prospettive di ricerca per antiche questioni teoriche, petite plaisance, Pistoia 2023, pp. 89-105 e F. Eustacchi, Vero-Falso in Protagora e Gorgia: una posizione aporetica ma non relativistica, in A. Fermani, M. Migliori (a cura di), L’inquietante verità nel pensiero antico, «Humanitas» 71 (2016), pp. 12-27.

3 Va precisato che il giudizio platonico sulla sofistica non appare più alla critica così unilaterale, ma polivoco e diversificato, come Migliori stesso ha anticipato nel suo studio in relazione a Gorgia (cfr., infra, pp. 155-174) e come viene mostrato anche in studi successivi in relazione a tutta la sofistica. Si veda, ad esempio, M. Corradi, Platone allievo di Protagora? Ancora sul grande discorso del Protagora, in «Peitho» 4 (2013), pp. 141-158, mi permetto di rimandare ad alcuni miei studi incentrati su questo punto: F. Eustacchi, Leggere…, cit., pp. 417-422; F. Eustacchi, Superare conservando: critica e valorizzazione platonica dell’ottica relazionale dei sofisti, in F. Eustacchi, M. Migliori (a cura di), Per la rinascita di un pensiero critico contemporaneo, Il contributo degli antichi, Mimesis, Milano 2017, pp. 111-125.

4 Sono certamente aumentati gli studi che considerano la visione platonico-aristotelica del fenomeno sofistico in modo non completamente negativo. Aggiungiamo a quelli sopra menzionati: D.D. Corey, The Sophists in Plato’s Dialogues, State University of New York Press, Albany 2015. Non mancano, tuttavia, studi che non abbandonano la linea tradizionale, come quelli di M. Vegetti, Platone e la sfida sofistica, in «Leussein» 5 (2012), pp. 11-18, H. Tell, Plato’s Counterfeit Sophists, Center for Hellenic Studies Cambridge, MA, 2010, e B. Cassin, L’effet sophistique, Édition Gallimard, Paris 1995.

5 Situazione che si ripropone in una certa misura anche oggi in studi di diffusione nazionale e internazionale: E. Schiappa, Protagoras and Logos: A Study in Greek Philosophy and Rhetoric, University of South Carolina Press, Columbia 1991; S. Giombini, Gorgia epidittico, Commento all’Encomio di Elena, all’Apologia di Palamede, all’Epitaffio, Aguaplano, Perugia, 2012; G. Mazzara, 1999, Gorgia. La retorica del verosimile, Academia Verlag, Sankt Augustin 1999; R. Wardy, The birth of rhetoric: Gorgias, Plato, and their successors, Routledge, London 1996.

6 Tengono invece conto di questo ambito la recente edizione di R. Ioli, Gorgia. Testimonianze e frammenti, Carrocci, Roma 2013, e alcune raccolte di studi critici, tra cui quella di L. Montoneri, F. Romano (a cura di), Gorgia e la sofistica, Atti del convegno di Catania, Università di Catania, Facoltà di lettere e filosofia, Comune di Lentini, 1985, che mette insieme un ricco panel di contributi sia italiani sia stranieri.

7 Che la tradizione interpretativa abbia favorito la versione di Sesto Empirico si deduce anche dal fatto che alcune edizioni dei frammenti dei sofisti riportano esclusivamente questa; è il caso ad esempio della raccolta sui presocratici del Diels-Kranz: G. Reale (a cura di), I Presocratici, Prima traduzione integrale con testi originali a fronte delle testimonianze e dei frammenti nella raccolta di Hermann Diels e Walter Kränz, Bompiani, Milano 2006. Pochi studiosi sostengono apertamente, come Migliori, la superiorità della versione dell’Anonimo, tra di essi: M. Untersteiner, I Sofisti, Bruno Mondadori, Milano 2008, p. 247, n. 26; G. Calogero, Studi sull’Eleatismo, La Nuova Italia, Firenze 1977, pp. 196-213; G.B. Kerferd, I Sofisti, il Mulino, Bologna 1988, p. 123.

8 Questa linea interpretativa è stata seguita nel panorama italiano, oltre che dai miei studi (cfr. Eustacchi, Leggere…, cit., p. 123; F. Eustacchi, Il pensiero dei sofisti tra relazioni e relativismo, in M. Migliori, Assoluto e Relativo, Un gioco complesso di relazioni stabili e instabili, Morcelliana, Brescia 2017, pp. 37-54), anche da: F. Coniglione, La parola che risana, Gorgia, logica e tolleranza, in L. Cardullo, F. Coniglione (a cura di), La forza del logos. Gorgia a 2500 anni dalla nascita, Bonanno, Acireale-Roma 2019, pp. 109-154 (in particolare pp. 121-123); Ioli, Gorgia…, cit., p. 173; M. Bonazzi (a cura di), I Sofisti, Testo greco a fronte, BUR, Milano 2007, p. 26.

9 Studi recenti lo hanno confermato. Ricordiamo solo lo studio: Zenone di Elea, Frammenti e testimonianze, prima edizione integrale a cura di L. Palpacelli, Morcelliana-Scholé, Brescia 2022.

10 Questa lettura, tuttavia, resta ancora diffusa, soprattutto nella manualistica.

11 Una presentazione e discussione della molteplicità delle forme di verità che “riemergono” nelle opere retoriche, si trova in Eustacchi, Leggere…, cit., pp. 160-165.

12 La traduzione dei testi citati è tratta dalla raccolta edita da Reale, citata alla n. 7, a cui sono state apportate lievi modifiche da parte di chi scrive.

13 Come sottolinea Untersteiner, Sofisti…, cit., pp. 167-169, che identifica apate con una attività creativa dell’intelletto, in se stessa “neutra”, non connotabile né positivamente né negativamente.

14 Tale tematica viene recentemente approfondita da diversi studi tra cui Wardy, Birth…, cit., pp. 35-38 e F. Eustacchi, «Dio onora talvolta l’opportunitdell’inganno» (Dissoi Logoi, 3.12). L’intreccio tra kairos e inganno in dialogo con Gorgia e Platone, in «Thaumàzein» 11 (2023), pp. 84-107.

15 Su questa scia altri autori, come G. Tortora, Il senso del kairos in Gorgia, in Montoneri-Romano 1985, pp. 537-543, p. 550 e G. Casertano, 1982, I dadi di Zeus sono sempre truccati, Considerazioni sulla parola, l’occhio e le passioni nell’Elena di Gorgia, in «Discorsi» 2 (1982), pp. 7-27, p. 17, hanno considerato il peso decisivo che il concetto di “situazione” gioca nell’etica gorgiana. Questa lettura di Migliori è stata inoltre ripresa e sviluppata anche in relazione alla nozione di kairós in Eustacchi, Leggere… pp. 182-186 e, da un punto di vista più teoretico, in F. Eustacchi, Per un’etica della situazione: l’uni-molteplicità nella teoria e nella prassi, in «Humanitas» 75 (2020), pp. 130-139.

16 La valutazione e considerazione del contributo gorgiano da parte di Platone è un tema centrale per comprendere lo stesso pensiero platonico, tanto che Migliori torna a rifletterci a distanza di anni nell’articolo Gorgia quale sofista di riferimento di Platone già menzionato sopra alla n. 2.

17 Tra di essi: R. Mondolfo, La comprensione del soggetto umano nell’antichità classica, Bompiani, Milano 2012 (prima edizione: 1958), G. Calogero, Studi sull’Eleatismo, La Nuova Italia, Firenze 1999 (prima edizione: 1932, ma riedito anche nel 1977); M. Untersteiner, I Sofisti, Bruno Mondadori, Milano 2008 (prima edizione: 1949; seconda edizione riveduta e ampliata: 1967); J.H.M. Loenen, Parmenides, Melissus, Gorgias, A Reinterpretation of Eleatic Philosophy, Hassell Street Press 2021 (prima edizione: 1959).

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Prefazione

di

Giovanni Reale

Nel presentare questo libro di Maurizio Migliori su Gorgia, che è frutto di un quinquennio di studi assidui e impegnati, possiamo affermare che si tratta, anche a prescindere dalla specifica interpretazione che vi è sostenuta, del lavoro più ampio e approfondito che finora sia stato dedicato al sofista di Lentini. Ed è ampio ed approfondito in due sensi. In primo luogo, nello spessore delle analisi. Esemplare, a questo riguardo, è lo scandaglio al quale è sottoposto il trattato Sul non essere, in ambedue le versioni in cui ci è stato tramandato, che mette in luce il senso e la portata della dialettica distruttiva di Gorgia in modo inedito. Ogni elemento di questa dialettica viene rigorosamente notomizzato, saggiato criticamente, e ricomposto come nessun studioso, finora, aveva avuto la pazienza di fare. In secondo luogo, il lavoro è ampio e approfondito nell’informazione e nell’erudizione. Tutta la letteratura è stata consultata, vagliata e discussa con profitto.

Anche le conclusioni sono nuove. E per quanto esse possano suscitare una serie di interrogativi, bisogna convenire che esse costituiscono proposte plausibili o, in ogni caso, per il lettore più cauto, ipotesi di lavoro da considerare. Intanto, emerge chiaramente come la versione dell’Anonimo (che è probabilmente un Megarico, come Untersteiner ha dimostrato e anche noi crediamo) del trattato Sul non essere sia di gran lunga migliore (contrariamente a quanto da molti si afferma) di quella di Sesto. Lo scopo del trattato è non solo quello di confutare gli Eleati con le armi stesse degli Eleati, ma tutta la filosofia della physis. Gorgia vuol dimostrare, col suo trattato, che il processo messo in moto dalla scuola eleatica fa tabula rasa di tutte le possibili soluzioni che pretendono di avere una assolutezza veritativa. Gorgia stesso, dunque, è vittima del terremoto eleatico. Tuttavia qualcosa egli crede di poter mettere in salvo, ma a prezzo di una grave rinuncia. Egli riconosce l’impossibilità dell’ontologia, della conoscenza di un vero assoluto, ne prende coscienziosamente atto, e imbocca la via dell’analisi empirica e fenomenologica, soprattutto dei concreti problemi dell’etica. E così Gorgia diventa quasi il precursore di un’etica della situazione, che, bandita ogni pretesa assolutistica, si accontenta di una evidenza empirica e storica. Su questo metro fenomenologico vanno reinterpretate anche la retorica gorgiana e l’estetica. In questo atteggiamento anti-ontologico, fenomenologico ed empiristico sta, secondo il Migliori, il positivo di Gorgia, e, in ogni caso, la cifra che lo contrassegna.

Ai lettori lasciamo il giudizio di merito su questa nuova proposta interpretativa; tuttavia non possiamo non sottolineare come, anche per chi non accogliesse tali conclusioni, il libro si imponga, per la ricchezza di informazioni e per proprietà di metodo, come uno dei contributi più meditati e stimolanti che siano stati dati ai fini di una rilettura del tanto discusso sofista di Lentini.

Giovanni Reale



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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