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La rischiosa decisione di navigare
sulla zattera degli antichi sapienti
«Sono convinto che non si debba mai separare nettamente l’ambito concettuale da quello dell’esperienza che ha trovato ripercussione nelle parole e risuona nelle espressioni naturali. A mio parere l’importanza dei greci nelle fasi successive della cultura occidentale deriva proprio dai loro termini e dai loro concetti che, per così dire, scaturiscono direttamente dalla lingua parlata»
Hans Georg Gadamer1
Quando pronunciamo la parola “anima” evochiamo, magari senza saperlo, un concetto antichissimo che appartiene all’evoluzione storica e intellettuale dell’Occidente e che ha un preciso luogo d’origine, la Grecia, in un tempo preciso, che va dall’ottavo al quarto secolo a.C., lungo un complesso svolgimento semantico, tanto sul piano diacronico (cioè nel suo trasformarsi nel corso del processo storico) quanto sul piano sincronico (così come, cioè, si presenta nei diversi momenti e nelle singole epoche). Le movenze linguistiche con le quali, in epoca arcaica, i greci hanno espresso la nozione di anima denotano un modo loro proprio di percepire l’essere umano, nel quale le pulsioni interiori erano considerate funzioni dei diversi organi del corpo. Tutto ciò, per noi moderni, è difficile comprendere, perché la nostra forma mentis, grazie a Platone e a partire da Platone, è strutturalmente dualista, cioè noi pensiamo noi stessi in termini di anima e corpo, spirituale e materiale, psichico e fisico, ben diversamente dal modo con cui i greci di Omero pensavano se stessi2. Anche il Cristianesimo ha dato un contributo decisivo alla formazione di una mentalità entro una distinzione dualista quando ha accolto e fatto propria la nozione platonica di ψυχή (psyché, anima)3, grazie alla mediazione di Gregorio di Nissa (il più “filosofico” tra i Padri cappadoci del IV sec. d.C.) e grazie a un non facile processo di purificazione dagli elementi non conciliabili con la fede cristiana4.
Perché è interessante risalire all’antica ascendenza di questa parola? E perché è ancora interessante parlarne per noi moderni? In effetti dobbiamo continuare a imparare da un popolo filosofico come quello dell’antica Grecia una profondità e problematicità di pensiero e di linguaggio che la nostra contemporaneità sembra aver smarrito; capiamo così che, sin dall’età arcaica, questo popolo si è posto domande che non sono indifferenti anche per la nostra sensibilità. Anzi proprio il relativismo del nostro tempo induce ancora di più a porci domande non banali ma anzi esistenzialmente decisive, per esempio se l’anima abbia natura materiale o immateriale, se sia mortale e muoia con il corpo, o se sia immortale e rappresenti il principio della nostra vita e della nostra personalità in un’altra dimensione e, in questo caso, possiamo addurre prove razionali, filosofiche, dell’esistenza dell’anima? Questioni che il pensiero filosofico greco ha affrontato con la sua distintiva profondità e originalità di pensiero e con il quale ancora oggi è difficile non fare i conti.
1 H.G. Gadamer, Dove si nasconde la salute, ed. it. a cura di A. Grieco e V. Lingiardi, Raffaello Cortina, Milano 1994, p.135.
2 «La distinzione […] fra vita “corporea” e vita “psichica o “spirituale” […] implica, per ragioni strutturali, un riferimento a un sistema verbale e concettuale ben diverso da quello di Omero. Tuttavia ciò è inevitabile, in quanto l’uomo moderno non può pensare se stesso se non in questo modo, e non è strutturalmente possibile collocarsi in una posizione che sia anteriore a questa distinzione» (G. Reale, Corpo, anima e salute. Il concetto di uomo da Omero a Platone, Raffaello Cortina, Milano 1999, p. 61).
3 «I greci sono stati i soli a determinare per la durata di alcuni millenni le idee dell’umanità civile intorno alla natura e al destino dell’anima. Essendo accolte dalla religione cristiana, le loro idee ebbero la più larga diffusione e d’altro canto ebbero una parte essenziale nello sviluppo della concezione cristiana del mondo» (W. Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, trad. it. di E. Pocar, La Nuova Italia, Firenze 1961[e successive edizioni], p. 123).
4 Cfr. l’ampio saggio di I. Ramelli, Il Platonismo nella filosofia ellenistica, nel De Anima e nelle altre opere del Nisseno, in Id. (a cura di), Gregorio di Nissa, Sull’anima e la resurrezione, Bompiani, Milano 2007, pp. 959 ss.
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