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Cat.n. 502

Lucia Palpacelli

Movimento. Navigazioni filosofiche tra le parole greche di movimento.

ISBN 978-88-7588-397-3, 2025, pp. 192, formato 130x170 mm., Euro 15 – Collana “mare dentro” [4].

In copertina: Vincent van Gogh, La notte stellata (De Sterrennacht), 1889, oleografia su tela, Museum of Modern Art, New York.

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Introduzione

Sulle rotte del movimento

Legge del mondo sensibile e cifra della vita

Abbiamo tutti dentro un mondo di cose: ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch’io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com’egli l’ha dentro? Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!

Luigi Pirandello

Mi accingo ad aprire questa navigazione filosofica, che si propone di indagare i molteplici profili del movimento a partire dalle parole che lo indicano, nella memoria grata e sempre presente (pur nell’inevitabile distanza) del mio maestro, Maurizio Migliori, a cui devo, tra i tanti insegnamenti, quello dell’imprescindibile necessità di orientarsi tra le parole, di scavare i testi alla ricerca di un mondo per lo più perduto, per fare quel mestiere da lui stesso definito «impossibile e bellissimo»: lo storico della filosofia.

Premessa: l’importanza dei nomi

L’obiettivo che ci siamo poste attraverso questa collana è infatti proprio quello di rimettere al cen­tro le parole, perché – come spiega Arianna Fermani nell’introduzione alla collana – «in ogni parola si nasconde un mondo meraviglioso da far risuonare». Del resto, fin dagli Antichi la riflessione filosofica si è concentrata sulle parole e sul linguaggio evidenziando due aspetti contrastanti, eppure comprensenti, in queste «parole senza connessione», per dirla con Aristotele (De interpretatione 16a), che sono i nomi.

Con la movenza tipica di ogni analisi del pensiero antico, aperta su più fronti, dalla riflessione platonica, si trae la consapevolezza della fragilità del nome, ma, al tempo stesso, della sua straordinaria importanza nelle prime fasi di avvicinamento alla – e di conoscenza della – realtà.

Infatti, nella Lettera VII Platone afferma:

Per ciascun essere si danno tre elementi mediante i quali necessariamente si giunge alla scienza; il quarto è la stessa scienza, come quinto si deve porre l’oggetto conoscibile, che è il vero essere. Il primo è dunque il nome (onoma), il secondo la definizione (logos), il terzo è l’immagine (eidolon), il quarto la scienza (episteme) (Lettera settima 342A7-B3)1.

Il nome è quindi un elemento d’obbligo per cominciare a conoscere il mondo, per averne una mappatura; l’operazione di nominare ci consente di dare una pur labile fissità alla realtà e di passare quindi ai concetti. È significativo, in questo senso, che la lingua greca sia dotata dell’articolo determinativo: può sembrare un particolare da nulla, ma l’articolo permette di sostantivizzare aggettivi e addirittura verbi: e quindi si possono creare espressioni come “il bello” (to kalon); l’essere (to einai): è possibile passare dal nome al concetto e sviluppare il pensiero. In questo senso, la parola è alle radici del gesto filosofico.

A conferma dell’importanza dei nomi, porta di conoscenza e di pensiero, Aristotele, nell’atto di aprire un’indagine in qualsiasi campo di studio, si trova costantemente nella necessità di specializzare parole di uso comune (o più raramente di inventare nomi), perché diventino parole tecniche e proprie di una data scienza e, nel fare questo, propone anche una classificazione tramite le parole del suo oggetto di studio, come vedremo appunto nel caso del movimento.

I due porti del movimento

La navigazione sul movimento ci condurrà all’individuazione, nel mare aperto delle parole, di due grandi porti, articolati, al loro interno, in molteplici insenature alla cui scoperta ci avventureremo: il movimento è infatti connesso con il divenire, tanto da potersi intendere come una legge del mondo sensibile, ma è anche fortemente legato alla vita e a ciò che, nel pensiero antico, è il principio stesso della vita, l’anima2.

1. Movimento e natura: il divenire

Il minimo movimento interessa tutta la natura:

il mare intero cambia per una pietra.

Blaise Pascal, Pensieri, 1670

Il primo passo da compiere, avventurandosi in un viaggio tra le onde del movimento, è riconoscerne l’evidenza: esso si presenta come caratteristica della realtà sensibile di cui facciamo quotidianamente esperienza. Il mondo intorno a noi, infatti, cambia continuamente e continuamente diviene per cui potremmo dirlo innervato di movimento. Una tale evidenza è catturata, in modo emblematico, in questo famoso frammento di Eraclito:

Non si può discendere due volte nello stesso fiume, secondo Eraclito, e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato; ma, a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento (μεταβολῆς), si disperde e di nuovo si raccoglie (anzi, non di nuovo né dopo, ma a un tempo si riunisce e si separa), viene e va (DK 22B91)3.

Proprio il riferimento al Filosofo di Efeso ci consente di chiarire, tuttavia, che porre il movimento come cifra del mondo sensibile significa metterlo immediatamente in tensione con la quiete4: come vedremo, movimento e quiete sono termini che si richiamano a vicenda in una dialettica feconda capace di descrivere traiettorie cosmologiche e metafisiche.

La formalizzazione del nesso evidente e originario tra movimento e natura (physis) si deve ad Aristotele: egli afferma infatti che il movimento è uno dei significati più propri della physis:

Inoltre natura significa il principio del movimento primo che è in ciascuno degli esseri naturali e che esiste in ciascuno di essi, appunto in quanto è essere naturale. […] Dalle cose che si sono dette risulta che la natura, nel suo senso originario e fondamentale, è la sostanza delle cose che posseggono il principio di movimento in sé medesimo e per la propria es­senza (Metafisica V, 4, 1014b18-1015a15)5.

Misurando distanze … una precisazione

 

La connessione tra divenire, natura e movimento, che per gli Antichi è un’evidenza, potrebbe non esserlo altrettanto per noi, abituati dalla fisica newtoniana e galileana a pensare il movimento nel solo senso di una traslazione spaziale dei corpi. Nel corso di questa navigazione vedremo invece come il pensiero antico concepisca il movimento in senso molto ampio, a indicare appunto ogni tipo di trasformazione; a questa ricchezza concettuale corrisponde una ricchezza verbale quasi inesauribile, o comunque difficilmente esprimibile al di fuori della polifonia tipica della lingua greca, che si perde man mano nel pensiero e nell’elaborazione moderna che adotta un linguaggio sempre più “specialistico”.

Del resto, la stessa parola “fisica” – che incroceremo più volte in questa traversata – non deve portare il lettore moderno a confondere la fisica aristotelica con la fisica moderna. Infatti, quella aristotelica, a differenza di quella moderna, può definirsi come un’«“ontologia” o “metafisica” del sensibile. Ci troviamo, insomma, di fronte a una considerazione squisitamente filosofica della natura»6. Del resto, «proprio su questo terreno si è realizzata la rottura tra pensiero moderno e concezione classica: ad un’impostazione molto articolata, insieme meccanicistica e finalistica, quantitativa e qualitativa, si è sostituita la trattazione meccanicistica e quantitativa della scienza moderna»7, che se guadagna in precisione, perde inevitabilmente sul piano della ricchezza, non offrendo più traiettorie pluriprospettiche per cogliere la realtà nella sua complessità.

2. Movimento e anima: la vita

Mi muovo, dunque sono.

Haruki Murakami

Proprio la definizione aristotelica di natura come principio di movimento ci fa da bussola per individuare l’altro porto del movimento, quello che lo connette alla vita e all’anima. È evidente infatti che, data tale definizione allargata di physis, nella concezione aristotelica di fisica rientrano di fatto tutte le realtà, tranne quelle metafisiche.

In questo vasto orizzonte trovano allora cittadinanza legittima anche

gli animali e le loro parti e le piante [...]. Infatti, ciascuna di queste cose ha in se stessa il principio del movimento e della quiete (Fisica II, 1, 192b10-15).

Questo ramo della fisica sottintende la difficilissima trattazione dell’anima che, come viene chiarito all’inizio del De anima, è definita come il principio di vita degli esseri animati.

Sembra [...] che la conoscenza dell’anima contribuisca di molto ad ogni verità e soprat­tutto a quella della natura, infatti l’anima è come il principio degli animali (ἀρχὴτῶν ζῴων) (De anima I, 1, 402a1-7).

In questo scenario la psyche viene quindi intesa come principio di movimento interno agli esseri viventi. Per gli esseri dotati di anima si prospetta allora quella che appare una particolarissima declinazione del movimento: il movimento di ciò che si muove da sé o automovimento. Esso è oggetto di una specifica analisi tanto in Platone quanto in Aristotele e, oltre a connettere il movimento alla vita, implica la domanda sul primo motore, rispetto alla quale il maestro e il discepolo misurano una tra le più grandi distanze tra loro.

Nell’orizzonte della psyche, l’ultima insenatura che toccheremo è quella del desiderio inteso come forza motrice: quest’ultima tappa del viaggio sulla mappa del movimento ci consentirà di evidenziare un’analogia potente nell’elaborazione aristotelica tra macrocosmo e microcosmo che sembra trovare un trait d’union proprio nel desiderio.

Iniziamo quindi una navigazione tra natura e vita alla scoperta di una parola che ci circonda e ci definisce, di una parola che gli Antichi hanno declinato in tanti modi aprendo prospettive che anche oggi parlano a noi e, in qualche modo, parlano di noi.

1 Traduzione di R. Radicein Platone, Tutti gli scritti, Bompiani, Milano 2000.

2 Per un panorama ricco sulle parole dell’anima, rimandiamo a M. Ianne, Navigazioni filosofiche tra le parole greche dell’anima, Petite Plaisance, Pistoia 2025.

3 La traduzione di tutti i passi citati dai Presocratici è tratta da I Presocratici, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano 2017.

4 Su questo, cfr. qui pp. 31-34.

5 La traduzione di tutti i passi di Aristotele citati è mia, salvo diversa indicazione.

6 M. Migliori, Ontologia e materia. Un confronto tra il Timeo di Platone e il De generatione et corruptione di Aristotele, in Aa.Vv., Gigantomachia. Convergenze e divergenze tra Platone e Aristotele, Editrice Morcelliana, Brescia 2002, pp. 35-104, pp. 35-36.

7 G. Reale, Introduzione a Aristotele, Editori Laterza, Roma-Bari 1974, 19912, p. 73.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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