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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 503

Hugo von Hofmannsthal

Prologo all’Antigone di Sofocle. Introduzione e traduzione di Gherardo Ugolini. Testo tedesco a fronte.

ISBN 978-88-7588-469-7, 2025, pp. 112, formato 130x200 mm., Euro 13 – Collana di Teatro “Antigone” [18].

In copertina: Gustav Klimt, Musik, olio su tela, 1895. Neue Pinakothek, Monaco di Baviera.

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Scritto nel marzo del 1900 a Parigi e andato in scena quello stesso anno al Lessingtheater di Berlino quale prologo di una rappresentazione dell’Antigone sofoclea, il Vorspiel zur Antigone des Sophokles è un testo poco noto del poeta e drammaturgo viennese Hugo von Hofmannsthal (1874-1929). In 204 versi pentametri giambici senza rima, l’autore presenta uno splendido apologo sul senso profondo del fare teatro e sulle origini greche della drammaturgia moderna. Un fantasma, “genio della tragedia”, da identificare con la figura di Antigone si manifesta dinnanzi a uno studente-attore e gli rivela, nel corso di una sorta di rito iniziatico, il mistero della tragedia greca, l’arcano della potente forza attrattiva che essa ha esercitato per secoli e che continua ad esercitare. Poco considerato negli studi sulla ricezione di Antigone, il Vorspiel di Hofmannsthal preannuncia alcuni temi di quel­la drammaturgia ‘greca’ di ispirazione nietzschiana che troveranno una più approfondita realizzazione in opere successive quali Elektra e Ödipus und die Sphinx. È la musica, in particolare, ad avere un ruolo essenziale: laddove la parola non è in grado di comprendere ed espri­mere lo scuotimento emotivo che può essere trasmesso attraverso lo spettacolo teatrale, subentra la potenza della musica, quintessenza del dionisiaco e dunque del tragico.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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