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Koiné Periodico culturale
Anno XXXII NN° 1-4 Gennaio-Dicembre 2025
Reg. Trib. di Pistoia n° 2/93 del 16/2/93. Direttore responsabile: Carmine Fiorillo.
Direzione: Carmine Fiorillo Luca Grecchi
Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo,
che dunque vogliano pure pensare da sé.
Karl Marx
Desidero ricordare Giancarlo Paciello (1937-2022),
da sempre partecipe della realizzazione di «Koinè».
Un'amicizia durata 50 anni: ho conosciuto Giancarlo nel 1972, quando mi trasferii a Roma. Abbiamo condiviso, a partire dalle lotte di quegli anni, una continua ricerca, politica e teorica, contribuendo a dar vita a esperienze come il periodico «Viva il Comunismo!», la rivista «Corrispondenza Internazionale» e poi la rivista «Koinè», oltre all'impegno profuso nelle iniziative promosse dalla «Associazione culturale Editrice Pente Plaisance». Mi manca la sua presenza amichevole, fraterna, mi manca la sua pacata ironia.
C. F.
HANNO CONTRIBUITO E RESO POSSIBILE LA PUBBLICAZIONE
DI QUESTO NUMERO DI KOINÉ
Alessandro Bartoloni Saint Omer, Salvatore A. Bravo, Olivia Campana,
Francisco Canepa, Stella Maria Congiu, Alessandro Dignös, Giovanni Di Martino,
Carmine Fiorillo, Carlo Formenti, Luca Grecchi, Fernanda Mazzoli,
Alessandro Monchietto, Mimmo Porcaro, Ilaria Rabatti, Emilia Savi,
Stefano Sissa, Lorenzo Stillitano, Franco Toscani.
In copertina:
Gustav Klimt, Blumengarten (Giardino fiorito), olio su tela, 1907.
«[...] quello che fin dall’inizio distingue
il peggiore architetto
dalla migliore delle api,
è il fatto che egli ha costruito la celletta
nella sua testa
prima
di averla costruita nella cera.
[...].
Egli non opera soltanto
un mutamento di forma
dell’elemento naturale;
egli contemporaneamente
realizza
in questo
il proprio fine,
di cui ha coscienza».
K. Marx
Una rivista ha bisogno di tempo per nascere e per crescere.
Ha bisogno soprattutto di un particolare complesso di elementi spirituali, culturali, sociali nel cui seno l’idea stessa possa germinare e trovare alimento per il suo sviluppo.
Occorre poi uno stimolo, un impulso capace di attivare sensibilità intelletuali, offrendo prospettive culturali capaci di intercettare le autentiche domande di senso e di tentare risposte originali e pertinenti.
Per cercare di costruire nuovi orizzonti di senso occorre in primo luogo non accettare quanto sostengono i profeti dell’avvento di un mondo senza Spirito, un mondo cioè di individui non più formati dalla memoria di tradizioni e culture anteriori, e perciò in totale balìa dell’immediatezza degli eventi, senza un’identità etica e sociale ed una struttura morale a cui riferirli. Occorre valorizzare e sviluppare al massimo una cultura umanistica progettualmente tesa verso la “buona utopia“.
La cultura umanistica è progettuale in quanto invita ad una pedagogia narrativa, favorendo la paziente ricostruzione dei processi storici delle soggettività e la reale comunicazione di esperienze significative; lo è perché invita alla ricerca continua di nuovi orizzonti, indicando una strada per liberarci dalla “gabbia d’acciaio” del “puro presente” e per combattere il nichilismo moderno che ci avvolge da ogni lato cercando di convincerci che sia possibile vivere solo “al presente”, senza bisogno di storia, senza bisogno di passato, senza bisogno di futuro.
La cultura umanistica motiva alla promozione di valori quali la partecipazione reale e non formale dei cittadini, la solidarietà per una nuova cittadinanza, in una comunità che voglia e sappia davvero educare superando l’alienazione desertificante cui costringe il mondo delle merci. Una cultura capace di rafforzare nei giovani la memoria storica come fondamentale risorsa per la costruzione della propria identità, facendo proprio il pensiero genealogico, per educare ed educarsi all’ascolto delle “altre memorie”, per sperimentare la produzione di materiali narrativi “altri”, sia in forma individuale, sia in forma collettiva, con gesti, comportamenti, azioni simboliche, esercizi di cittadinanza attiva, mettendo in opera prove di concreta e “buona utopia“ nel vissuto di una quotidianità condivisa.
È un invito a vivere e a confrontarsi in conformità a buoni progetti, razionali e morali, e di ampio respiro.
Anche solo progettandolo, possiamo offrire ai nostri figli e agli uomini che verranno, un mondo migliore di come lo abbiamo trovato. Pur se non riusciremo a veder compiutamente realizzato ciò che abbiamo progettato e tentato di realizzare ne avremo comunque vissuto e respirato l’essenza.
È proprio questo respiro, questo πνεύμα, il lascito più importante, spirito comune a tutti gli uomini, che può trasmettersi inciso nel più imperituro dei materiali scrittorî, come insostituibile viatico sia per chi ha concluso il proprio viaggio sia per chi è e sarà ancora per la via.
In ogni libro, in ogni sua pagina, è racchiusa una scommessa contro l’oblio, una sfida contro il silenzio: sono lo scrigno dove vivono le nostre tracce di significato, ponti che uniscono “quel che è stato” a “quel che sarà”. Perché i ponti, ancor prima di essere strutture materiali, sono strutture di pensiero che pongono in comunicazione, descrivendo la parabola efficace di uno stato relazionale. Attraverso questi ponti eidetici noi consentiamo, e ci consentiamo, un passaggio, un attraversamento, non solo da un luogo ad un altro, ma soprattutto dal passato al presente, dall’oggi al futuro, dalla vita alla vita.
Impariamo dunque che il senso profondo della cultura umanistica lo dobbiamo ritrovare progettando quei ponti su cui si sedimentano tracce di significato di spiriti liberi.
Mentre lavoriamo intorno alla definizione di ogni numero di Koinè, impariamo abbastanza da trovarla insufficiente. L’Associazione Petite Plaisance e Koinè auspicano la più ampia interlocuzione sui temi proposti alla considerazione critica.
Questo numero di Koinè si pone come fine di ricordare i due studiosi che, con i loro saggi, hanno maggiormente consentito, a questa rivista diretta sin dalla sua fondazione, oltre 30 anni fa, da Carmine Fiorillo , di realizzare alcuni dei volumi filosofici di critica della realtà sociale più significativi nel panorama culturale italiano. Menziono soltanto, tra i principali, Il respiro del Novecento; Metamorfosi della scuola; Diciamoci la verità; Il sintomo e la malattia; Scienza, cultura e filosofia, tutti composti a cavallo fra il precedente e l’attuale millennio, ma ancora attualissimi. Si trattò in effetti di una esperienza redazionale oggi difficilmente ripetibile, in cui diversi studiosi di grande valore si sedevano intorno a un tavolo, ponendo in essere giornate intere di confronto, talvolta brusco, ma sempre finalizzato alla migliore esposizione possibile del tema analizzato.
Sono oramai una delle poche persone rimaste ad avere intrattenuto rapporti collaborativi sia con Massimo Bontempelli, morto nel 2011, sia con Costanzo Preve, morto nel 2013. Questi due studiosi sono spesso stati avvicinati, almeno dal pubblico dei lettori di Koinè e più in generale di Crt-Petite Plaisance, presso cui hanno realizzato i loro libri più significativi , in una ideale linea di continuità. In effetti, diversi elementi li accomunano. Tutti e due, in particolare, hanno insegnato non in Università, ma al Liceo. Questo dettaglio, apparentemente accidentale ma, in realtà, in larga parte spiegabile col fatto che il loro desiderio di analisi complessiva della totalità sociale, unito alla fermezza etica, gli rese difficile l’accesso al sistema accademico , costituisce forse una delle maggiori chiavi esplicative, insieme, del valore e, per converso, dello scarso riconoscimento della loro opera.
I libri di Bontempelli e di Preve risultano scritti con una chiarezza ed una passione educativa tali che pressoché tutti coloro, anche i non addetti ai lavori, che li hanno potuti leggere, sono stati dagli stessi arricchiti, come mi è stato fatto notare, negli anni, da un numero assai elevato di persone. Non capita spesso, come noto, qualcosa di simile. Il fatto che sia Bontempelli che Preve, insegnando tali materie al Liceo, abbiano potuto fare interagire la filosofia e la storia ciò vale principalmente per Bontempelli, che tuttora, da molti, è considerato soprattutto uno storico, nonostante l’indubbio valore filosofico dei suoi scritti , è stato giustamente, in questo senso, considerato il filo conduttore della loro opera da parte di molti studiosi.
L’inquadramento liceale di Bontempelli e Preve è stato però anche insieme alla scomodità delle loro posizioni teoriche personali, tale pure nel campo marxista , da parte di molti accademici, un facile pretesto per evitare l’analisi delle loro opere, come se un libro di chi non insegna in Università fosse “a prescindere” inferiore rispetto al libro di un accademico. Ebbene: Bontempelli e Preve, così come altri autori, alcuni dei quali tuttora collaborano con Koinè, hanno dimostrato coi fatti che le cose non stanno in questo modo. Anzi: le opere di validi studiosi che agiscono nella scuola secondaria, caratterizzate da un continuo confronto con la storia, la filosofia, la letteratura, le scienze, considerate in tutta la loro ampiezza, pur essendo forse per alcuni aspetti meno erudite, risultano spesso caratterizzate da un approccio più completo, dunque più valido, rispetto a molti degli attuali saggi accademici.
Detto questo, ossia evidenziato tale elemento comune, può essere utile accennare anche a qualche elemento differenziante l’opera di questi due grandi pensatori. Sicuramente, come detto, in Bontempelli l’analisi storica della realtà, effettuata con particolare attenzione ai profili psicologici dei principali protagonisti, risulta un contenuto determinante. In Preve tale elemento è meno marcato, ma comunque presente, come in questo volume è stato da più parti rilevato. Un altro contenuto differenziante è il carattere più “storico-filosofico” della produzione di Preve (il quale fu principalmente un originale storico della filosofia), rispetto al carattere più “storico-politico” della produzione di Bontempelli (penso ai temi della sinistra, della resistenza, del sessantotto, della decrescita, ecc.), almeno quella realizzata dopo il 2004, anno in cui si è verificato il suo distacco definitivo dallo stesso Preve e dal gruppo di Koinè. Si tratta di scelte culturali che ogni singolo pensatore compie in maniera autonoma, ma che talvolta sono influenzate dai rapporti con gli studiosi con cui si condivide parte del cammino. Non posso nascondere, in questo senso, come ho già avuto modo di scrivere, il mio dispiacere per il fatto che Bontempelli, mente teoretica ancora maggiore a mio avviso rispetto a Preve, non si sia cimentato fino all’ultimo su tematiche prettamente filosofiche, su cui avrebbe potuto fornire, sempre a mio parere, un più importante contributo.
Un’altra differenza nell’approccio culturale di Bontempelli e Preve è costituita dai loro autori di riferimento. Per tutti e due, indubbiamente, il pensiero greco, Hegel e Marx costituiscono i cardini principali cui è connessa la loro opera filosofica. Non è possibile, tuttavia, ignorare il fatto che Hegel è stato il principale riferimento di Bontempelli, mentre Marx è stato il principale riferimento di Preve, sul piano sia qualitativo che quantitativo. Proprio su quest’ultimo piano, peraltro, occorre rilevare come la produzione di Preve sia stata molto più abbondante di quella di Bontempelli, e come il riconoscimento postumo del valore dell’opera abbia ancora una volta premiato Preve più di Bontempelli (al di là degli attacchi personali subiti da Preve, che su alcune tematiche “sensibili” ha sicuramente assunto posizioni discutibili). Forse anche grazie a giovani estimatori della sua opera, che ne hanno ripreso in vario modo il pensiero, e che hanno dunque contribuito a farlo conoscere, l’opera di Preve risulta, oggi, molto più frequentata dell’opera di Bontempelli.
Non si tratta, in ogni caso, di fare classifiche. Avendo avuto la fortuna di imparare da ambedue questi grandi pensatori, vorrei solo dire, in questa sede, che Koinè ha ritenuto opportuno ricordarne, ad oltre dieci anni dalla scomparsa, l’opera. Lo ha fatto mediante testi di studiosi, che ringrazio in particolare Alessandro Dignös, che anche stavolta mi ha aiutato a coordinare il volume , i quali hanno affrontato vari aspetti della loro elaborazione culturale. Rilevo soltanto, per concludere, che la nostra epoca tende rapidamente a perdere memoria delle persone più preziose. Ricordare, per questo, chi con il proprio lavoro ha contribuito ad arricchire così tanto la cultura italiana, come hanno fatto Massimo Bontempelli e Costanzo Preve, risultava doveroso: un piccolo riconoscimento postumo in un tempo in cui la gratitudine rappresenta purtroppo, ormai, un sentimento raro.
petite plaisance
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