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Ebook 1040
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Costanzo Preve
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Marx e Darwin: libere riflessioni sulla scienza, sulla filosofia e sulla ideologia.
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Pubblicato su “Atrium. Studi metafisici e umanistici”. Rivista trimestrale, Anno IX, 2007, numero 1, pp. 20.
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indice - autore - sintesi
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Prima di iniziare questo breve saggio non specialistico, il cui contenuto è primariamente rivolto a suscitare curiosità più che affermare precise tesi filosofiche o scientifiche, desidero per rispetto verso il lettore fare due premesse, la prima autobiografica e la seconda invece metodologica.
In primo luogo, mi presento. Sono nato nel 1943, e faccio dunque parte della prima generazione italiana del secondo dopoguerra, la prima che ha avuto accesso ai consumi di tipo (chissà perché?) “maturo”, ed anche quella che nel suo insieme (si pensi al mitico Sessantotto, data assai più simbolica che storica) ha confuso una semplice modernizzazione globale dei costumi di tipo ultra-capitalistico ed individualistico (e se vogliamo anche di tipo post-borghese e post-proletario, il che ovviamente non significa affatto con minori differenziali sociali nel consumo, nel potere e nello status gerarchico) con una rivoluzione onirica di tipo ultra-comunista. Ho frequentato un liceo classico che più “classico” non si poteva, ed in cui l’insegnamento della matematica e delle scienze naturali era ridotto al minimo (1956-1961). Ho poi studiato scienze politiche, filosofia antica e moderna e neoellenistica nelle università di Torino, Parigi e Atene (1961-1967). Ho infine insegnato per trentacinque anni filosofia e storia nei licei italiani fino alla pensione (1967-2002).
Scrivo questo per poter ammettere di fronte al lettore di essere del tutto privo (salvo letture divulgative, anch’esse sporadiche e non sistematizzate) di cultura scientifica propriamente detta, che non può ridursi ad una semplice “informazione scientifica” tipo lettura di enciclopedie. In queste condizioni, che sono poi le condizioni della stragrande maggioranza dei cosiddetti “colti”, sono di fatto costretto a “credere” (o viceversa, a “non credere”) a tutte le teorie scientifiche che mi propongono, da quella dell’evoluzione della specie a quella della deriva dei continenti, dal big bang allo steady state, eccetera. Sarebbe quindi presuntuoso, ed addirittura sfrontato, se in questo breve saggio prendessi posizione su questioni scientifiche specifiche che non conosco e su cui soprattutto non posso retroagire consapevolmente e criticamente. Le mie note concernono invece un campo disciplinare in cui mi muovo con maggiore sicurezza, e cioè l’analisi storica e filosofica (primo e secondo paragrafo) e l’interpretazione delle correnti di pensiero sulla base del metodo genetico e strutturale della teoria delle ideologie ispirata liberamente a Karl Marx (terzo e quarto paragrafo).
In secondo luogo, e di conseguenza, il mio non soltanto non è un “testo scientifico”, ma non è neppure un testo “epistemologico”. L’epistemologia è quella branca particolare del sapere che si occupa non solo della genesi teorica e sociale delle scoperte scientifiche (prescindendo dalle loro eventuali applicazioni tecnologiche), ma anche delle pretese erga omnes della validità di queste scoperte stesse. A mio avviso, praticare il dibattito epistemologico senza disporre preventivamente di una preparazione scientifica specifica, sia pure ovviamente sulla base di una sola specializzazione (astronomica, fisica, chimica, biologica eccetera) è poco serio e di fatto inutile, perché non mi sembra produttivo giudicare la validità di enunciati in un campo che poi personalmente non si è mai praticato, e che quindi non può neppure essere criticamente valutato. Da dilettante, affermo comunque di non aver mai condiviso nell’essenziale la teoria della verificabilità dei neopositivisti degli anni venti (il primo Carnap, eccetera), la teoria della falsificabilità come criterio discriminante della “scientificità” delle teorie (Karl Popper, eccetera) e di aver sempre trovato intelligente, credibile e realistica la teoria dei paradigmi e delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn, che non mi è mai sembrata particolarmente “irrazionalistica”, come sembrava al mio amico ormai scomparso da tempo Ludovico Geymonat.
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