Nel suo intento di rinnovare il nostro modo di comprendere l’esistenza e questa stessa comprensione, Morin spiega una retorica affatto singolare che si contraddistingue per il ricorso ‘disinvolto’ a concetti filosofici e scientifici già consolidati, ma reinterpretati nel suo quadro concettuale, ed a termini da egli stesso coniati.
Per tali ragioni, oltre che per le parole non italiane e quando è specificato altrimenti, mi servirò del corsivo tutte le volte che riferisco un concetto originale del filosofo francese. Ciò non solo per mantenermi il più possibile fedele alla lettera dei suoi scritti ma anche e soprattutto per rendere l’intenzione locutoria, ovvero l’enfasi e a tratti la ‘drammaticità’ del suo discorso.
Per tutte le citazioni, non solo di Morin, uso le virgolette doppie e tra parentesi quadre inserisco eventuali miei interventi.
Le virgolette singole intendono il senso lato di un termine.
Quando invece impiego concetti scientifici o filosofici nel significato tecnico che hanno acquisito all’interno del loro orizzonte disciplinare (quindi non nell’interpretazione di Morin,
per intenderci), mi servo dei caporali.
Una precisazione ulteriore merita il concetto di complessità organizzazionale che rientra tra quelli che hanno guadagnato a Morin la critica di abusare di neologismi. Tale concetto si propone di mettere in rilievo il carattere attivo e creativo della complessità. In francese questa differenza emerge chiaramente perché egli cambia organisation con organisaction. In italiano essa può rendersi per iscritto con organizz-azione ma nel parlato si può apprezzare meglio nell’attributo appunto organizzazionale.
La messe di note a corredo del testo si propone, oltre che fornire ulteriori approfondimenti, confronti e una puntuale fonte bibliografica, di mettere in rilievo la coerenza che au fonde il «sistema» di idee elaborato da Morin mantiene al suo interno e, forse a dispetto delle sue stesse intenzioni, con il pensiero filosofico occidentale (fin dalla sua denominazione come metodo).
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