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Il pensiero di Hannah Arendt è esposto in questo volume attorno a tre tesi principali. La prima poggia su una interpretazione filosofica dell’opera sul totalitarismo, intesa come fondamento della teoria arendtiana della modernità: il totalitarismo rappresenta la fine della modernità, anche se gli strumenti concettuali a disposizione non consentono ancora il suo definitivo superamento. La seconda tesi consiste in una difficoltà di periodizzazione dell’età moderna, per definizione sospesa tra un non-più e un non-ancora, nella incapacità dell’uomo di “secolarizzarsi”, nella perdita di cultura e di identità. Tale è l’esito di un’analisi che si limita a vedere nel moderno il trionfo dell’homo faber e delle categorie della necessità e della causalità.
Infine, la terza parte è dedicata alla pars costruens dell’opera arendtiana, e cioè l’analisi di quella teoria del giudizio politico che doveva costituire, secondo i suoi propositi, il nuovo pensiero politico, finalmente uscito dalla gabbia d’acciaio della politica moderna. La facoltà del giudizio politico rappresenta il nuovo paradigma di una teoria politica, che tende a sostituire la triade dello Stato moderno di autorità, sovranità, potere. È proprio il potere che subisce una ridefinizione radicale, poiché taglia con gli schemi gerarchici e si colloca sulla dimensione comunicativa in cui i rapporti non sono sovraordinati, bensì ispirati al riconoscimento reciproco e alla libertà degli individui.
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