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Nella struttura culturale di Koinè vi è da sempre la massima attenzione ai grandi temi della scuola e del pensiero veritativo. Per questo motivo ospitiamo qui con piacere una serie di interventi di docenti e di studiosi che a vario titolo, negli anni, si sono occupati della scuola pubblica italiana.
Significativa, in merito allo spirito che anima questa iniziativa sulla scuola, che troverà progressivo spazio in Koinè, è una citazione dantesca riportata da Marcello Cini: «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza». L’unione di conoscenza e virtù costituisce infatti la struttura portante di ogni serio modello educativo, rivolto ad una concreta ricerca della verità.
La verità, sul cui percorso la scuola deve indirizzare, non consiste semplicemente nella conoscenza tecnico-specialistica, che è in parte necessaria, ma non sufficiente. Essa consiste nell’intera verità dell’essere.
L’essere è costituito dalla totalità dei significati umani, ed è per questo che il discorso sulla verità dell’essere si pone sempre come preliminarmente necessario. Nessuno può infatti sostenere di avere realmente compreso la propria scienza o la propria materia di insegnamento, dunque una parte dell’essere, se non conosce anche la struttura dell’essere nella sua totalità. Una conoscenza particolare priva del necessario rapporto sistematico con la totalità, e dunque priva di fondamento, è sempre lontana dalla verità.
Nella analisi della totalità dell’essere occorre partire da un importante punto fermo. Poiché l’essere esiste in modo assoluto, esiste anche una verità assoluta dell’essere, che va compresa e definita. Ogni componente dell’essere possiede un preciso significato. Ogni significato può essere descritto in maniera compiuta solo tramite un fondato criterio onto-assiologico veritativo. Tale criterio, che è il risultato di un univoco processo conoscitivo, è il seguente: ogni ente che compone l’essere è ciò che è, nella sua verità, in quanto l’uomo, nella sua verità, è ciò che è.
L’uomo è il fondamento della verità dell’essere, poiché i significati dell’essere sussistono solo in quanto sussiste l’uomo. Poiché l’essenza dell’uomo, definita anima, si compone di razionalità e moralità, la verità dell’essere si compone, in maniera conseguente, di ontologia ed assiologia (conoscenza e virtù, appunto).
La conoscenza veritativa prevede, come detto, un percorso unitario. Tale percorso comincia con l’analisi della relazione dell’uomo con l’esperienza empirica e storica. Tale preliminare relazione permette all’uomo di capire, procedendo nella conoscenza fino ad autocomprendersi come fondamento della stessa, che non la realtà fisica, ma la realtà metafisica, costituisce la compiuta verità dell’essere. Ciò in quanto l’essenza dell’uomo è appunto non fisica, ma metafisica. L’uomo infatti non si accontenta di sussistere, ma ricerca sempre una stabile felicità. L’uomo può non giungere a tale comprensione solo se arrestato, in ciò, da modalità sociali negatrici della vera umanità, quali appunto quelle attualmente poste in essere dal capitalismo. Proprio l’attuale modo di produzione sociale è infatti il vero artefice occulto delle varie riforme della scuola, e dei loro effetti, qui posti in discussione.
Comprendere l’uomo come fondamento dell’essere porta a pensare l’intero essere come una totalità di significati composta in modo fondato e sistematico. Ciò conduce le persone, ed in primis i giovani, a vivere la vita in modo coerente. Ad incarnare, per quanto ciò è possibile, la verità. Vero è ciò che è conforme al fondamento. Bene è tutto ciò che del fondamento, ossia dell’uomo, si prende cura.
Da queste sintetiche riflessioni emerge chiara, sebbene in termini generali, la sostanza della falsità (assenza di centralità dell’anima) e della malvagità (assenza di cura dell’anima) dell’attuale modo di produzione sociale e della sua scuola. Sostenere ciò non significa essere estremisti, bensì, al contrario, conformi alla “giusta misura”. La misura è giusta, infatti, se le argomentazioni si conformano alla verità.
Solo una corretta comprensione del fondamento può consentire di evitare ogni “fondamentalismo”, ossia ogni azione diseducativa conseguente ad una interpretazione dogmatica, e dunque falsa, della realtà. Il difetto del fondamentalismo non sta infatti nella coerente consequenzialità, come erroneamente si crede, bensì nella cieca adesione ad un dogma. Da notare peraltro che la forma oggi più diffusa di fondamentalismo consiste nella cieca adesione alle modalità sociali dominanti. Tale adesione, in quanto totalizzante (oggi si deve aderire pressoché in toto alle linee generali del capitalismo semplicemente per vivere: così si forma la coscienza della “persona”, nel significato etimologico di “maschera di carattere”), conduce alla massima violenza, ossia alla negazione della necessaria cura dell’anima. Essa conduce inoltre a non vedere fenomeni gravissimi, quali la progressiva distruzione dell’ambiente, della comunità, della vita. Ogni giorno muoiono per indigenza, nei paesi poveri, decine di migliaia di persone, nel silenzio generale. Solo la scuola, data l’attuale dittatura mediatica, può porre una luce veritativa su questi fenomeni.
Certo, parlare di fondamento, di verità, di bene, di felicità, oggi intimorisce. Un uomo abbrutito come l’attuale cerca infatti di evitare di pensare a come dovrebbe essere, ed a come invece è. Deve però ancor più intimorire proprio questo fatto. Senza una struttura veritativa fondata e forte l’uomo non può comprendere alcunché, e può soltanto avvicinarsi mestamente, in ogni giorno della sua vita, alla morte. Il nichilismo, ossia la massima negazione della vera umanità, consiste proprio in questo inconscio e timoroso “vivere la morte”, oggi così diffuso.
Solo comprendendo come attualmente è “il mondo” si può comprendere come attualmente è la scuola. È necessario però soprattutto sapere come “il mondo” deve essere, per sapere come la scuola deve essere. Per questo occorre sempre porre mente, nei piccoli atti quotidiani, alla grande progettualità.
Che la scuola, così come è oggi, sia solo un riflesso della deforme realtà capitalistica, è ammesso da tutti gli studiosi che qui hanno partecipato. È necessario però che ciascuno cerchi di rispondere soprattutto a questa domanda: come dovrebbe essere strutturata la scuola per essere conforme alla vera natura razionale e morale dell’uomo? Ed ancora: le attuali modalità sociali possono consentire una simile “riforma”?
Rispondere compiutamente a queste domande non è facile. Non farlo significa però, per riprendere le parole di Eraclito poste in epigrafe a tutte le edizioni della CRT, rendere non “sperabile” ciò che invece, realmente, lo sarebbe.
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