|
I.
In cortei ipnotici su strade illuminate a festa, si consuma la liturgia ortodossa dell’ultimo acquisto. Promesse di felicità a buon mercato spingono masse rumorose e isteriche attraverso labirinti irrisolvibili di scaffali metallici. Bambini ancora inermi, tuttavia già pronti a divorare cibi dagli ingredienti impronunciabili, sono trascinati con volti sognanti e spenti attraverso le cataste babeliche della merce in saldo. Scrutando tra la folla, non un viso risplende. La tensione divora ogni attimo di queste vite tese e spoglie, accuratamente manipolate da nuovi e potenti stregoni. Un senso di vuoto, mai così intenso e diffuso, avvolge ogni anima e solo occasionalmente la gioia di vivere concede ancora residui della propria potenza.
II.
Nelle periferie, intanto, alberi abbandonati fioriscono di frutti amari e velenosi. L’erba alta copre i sacchi di plastica, le bottiglie, i cartoni. Insetti di ogni forma popolano questi angoli devoti allo spirito selvaggio di una natura indifferente. Una carcassa d’auto abbandonata è diventata ricovero per i cani. Un albero senza foglie è ricoperto da brandelli di sacchi di plastica che il vento ha stracciato, trasformandoli in sottili filamenti argentei e neri agitati dal vento. Uomini dalle biografie spezzate, violente, marginali, raccolgono oggetti inanimati rovistando tra i rifiuti. Un cane nero, magro, senza un occhio, barcolla e cade. Una nuvola di polvere densa e sottile si solleva da un camion carico di detriti.
III.
Il dio denaro impone l’ordine del discorso, segna il tempo, lo caratterizza, lo informa. Una vita non dedicata devotamente al suo servizio si annuncia vuota, insignificante, tetra. Il denaro ha spogliato l’animo di ogni uomo sulla terra e lo ha reso nudo di fronte alla fredda logica del calcolo degli interessi mensili. Si educano i figli al feticismo della merce e si fa di ogni bambino un piccolo avaro. Vecchi abbandonati di fronte a schermi luminosi, affogano nel loro stesso disincanto. Dimenticati dai propri figli, sommamente occupati a sopravvivere. Donne giovani, belle e indipendenti, la cui unica colpa può essere ricondotta alla volontà di sottrarsi alle angherie dei propri aguzzini, sono divorate da uomini bestiali, educati alla violenza e al sopruso. Ovunque, laghi di sangue in cui nuotano corpi nudi di donna.
IV.
La programmazione spettacolare, intanto, mescola sapientemente pornografia; visite del santo padre agli ammalati; discorsi di politici sfiniti dalla menzogna; documentari sentimentali di migrazione di fenicotteri rosa; giochi a premio; cinegiornali del ventennio fascista commentati con voci giovanili e condannanti; tette sproporzionate in primo piano; telegiornali regionali; notizie economiche; risultati di campionati di ping-pong; approfondimenti sull’uso di nuovi trattori in un villaggio di contadini dell’America latina; corsi di trucco, massaggio, pittura, decorazione; pubblicità aggressive e gridate di pentole antiaderenti; vendite di opere d’arte molto quotate nel mondo dell’arte ma praticamente sconosciute ai più, vendute a prezzi popolari e oggettivamente accessibili; biografie di dittatori e di terroristi; panoramiche sull’incremento della produzione del latte in un allevamento in Svezia; sondaggi sulle prossime elezioni; toccanti testimonianze di miracoli e ad libitum ogni genere di paccottiglia infiocchettata e sapientemente ripulita da ogni residuo di moralità.
V.
Milioni di uomini dotati di documenti attestanti ogni genere di competenza, la cui vita è passata quasi senza accorgersene, nella promessa allettante di una posizione rispettabile in una società di manichini, sono condannati a disperdere i loro sogni omologati in colloqui d’assunzione la cui ritualità implica sempre uno stupro e una farsa. Il lavoro si paga solo per errore o per costrizione poliziesca e la gerarchia dei poteri implica la menzogna e lo sfruttamento come attributi imprescindibili di una carriera da gerarca e da burocrate. I proletari di tutto il mondo si uniscono più che mai nello stordimento della merce e nell’ipnosi di massa dell’industria dello svago. Tutte le qualità secolari di famiglie geniali e inventive, sono dissipate da nuove generazioni di volgari parvenus, il cui modello di vita s’ispira, quasi sempre, a un film di quarta categoria girato a Hollywood.
VI.
L’eccesso assoluto di ogni cosa, il debordare schizofrenico di ogni messaggio, la frenesia di ogni vita accelerata sino alla disintegrazione, induce il pensiero a farsi semplice ronzio, eco quasi impercettibile di suoni di macchine. Pensare, poetare, sognare, diventano attività marginali e inattuali, inservibili al funzionamento di un enorme macchinario in cui l’uomo svolge la sua docile funzione d’ingranaggio.
VII.
A questa logica puzzolente e mortifera, non si può fare altro che contrapporre una febbrile attività improduttiva come leggere e rileggere il Don Quijote immedesimandomi a piacere in Sancio o nel Cavaliere della Trista Figura; giocare a fare la parte del tonto e fingersi pazzo; elaborare lutti; sognare; poetare; escogitare piani rivoluzionari, piani di fuga, piani di resistenza; amare i propri amici e pregare affinché i nemici rimangano tali; girovagare senza meta e senza scopo e infine pensare. Il dovere di continuare a pensare non ha nessun carattere costrittivo. Si tratta di sperimentare la gioia del vivere. Sentirla, coltivarla, diffonderla.
VIII.
Il dovere di continuare a pensare, è la gioia di vivere che si manifesta attraverso la Grazia e che risplende nelle tenebre del nostro tempo grazie alla potenza dello Spirito.
|