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Djuna Barnes è raramente associata al teatro, nonostante la sua ricca produzione sia critica che drammaturgica. Sono raccolti in questo volume i sedici atti unici per la scena, scritti tra il 1916 e il 1923, in collaborazione con quell’importante centro di sperimentazione teatrale che era il Provincetown Theatre di New York. Questa prima edizione italiana dei testi teatrali della Barnes è accompagnata dalle opere dell’artista Cristina Gardumi e da un’analisi critica di Silvia Masotti.
In fuga dalle formule del teatro convenzionale, Djuna Barnes in questi testi porta avanti una ricerca sul linguaggio, sul rapporto tra parola e identità, sul conflitto tra coscienza e inconscio, sui temi dell’individuazione femminile. Djuna ci trasporta in un mondo di confine popolato da donne inquiete e inconsapevolmente sospese tra la natura umana e quella bestiale, animali quasi umani incastrati nei salotti borghesi.
Al viaggiatore che sta per addentrarsi in questa galleria di ritratti si consiglia l’andatura del sonnambulo, un passo sospeso tra oggetti conosciuti in una densità spiazzante.
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Ho conosciuto per caso gli Short Plays di Djuna Barnes. Tradurli ed interpretarli è stata un’intensa e inaspettata storia d’amore, vissuta con la stessa ingenuità con cui forse la Barnes si accostava ventenne alla scrittura teatrale, dando forma e fiato a qualcosa che non aveva parole per definire ma che non poteva lasciare inespresso. Ho parlato molto di questi scritti, con amici, attori, registi, artisti, scrittori. Alcune di queste riflessioni troveranno spazio nel libro, attraverso l’autorevole e rassicurante presenza di Maura Del Serra, le parole di Carmelo Rifici, regista di cui stimo profondamente la poetica e il percorso di ricerca, le opere di Cristina Gardumi, il sostegno dell’editore.
«Ora capisco che la notte fa qualcosa alla tua identità, anche mentre dormi», scrive Djuna in Nightwood: in questi testi giovanili la “notte creativa” della Barnes non è ancora calata, siamo in quel dormiveglia in cui le immagini del quotidiano si stanno lentamente trasformando in ombre dell’inconscio. Al lettore che sta per entrare in questa foresta di ritratti consiglio l’andatura del sonnambulo, un passo sospeso tra oggetti conosciuti in una densità spiazzante.
Silvia Masotti
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