Questo libro sui “Presocratici” completa, in un certo senso, la serie dei miei studi sull’umanesimo greco, iniziata nel 2007 e che comprende, oltre a questo, almeno cinque volumi (L’umanesimo della antica filosofia greca; L’umanesimo di Omero; L’umanesimo di Platone; L’umanesimo di Aristotele; L’umanesimo di Plotino)1. Poiché almeno in altri due libri il testo di carattere generale intitolato L’umanesimo della antica filosofia greca ed il testo divulgativo intitolato Chi fu il primo filosofo? E dunque: cos’è la filosofia? mi ero già occupato del pensiero presocratico, mi si potrebbe giustamente chiedere: aveva senso occuparsene ancora? Non saranno per caso qui ripetute le stesse cose dette allora? Ebbene: risponderei di sì alla prima domanda, e di no alla seconda. Aveva senso occuparsene ancora in quanto, nonostante la interpretazione politico-sociale dei Presocratici trovi sempre più sostenitori, mi sembrava fosse ancora mancante un testo complessivo che prendesse in considerazione la sostanziale unità politico-culturale del mondo greco, ateniese e non, fra il VI ed il V secolo.
In merito invece alla seconda domanda, rassicuro il lettore che non saranno ripetute qui se non per il minimo necessario le cose dette negli altri due libri. Nel 2007, quando uscì L’umanesimo della antica filosofia greca, dedicai infatti ai Presocratici solo 35 pagine, e ne tracciai una sintetica esposizione mostrando soprattutto la continuità umanistica del loro pensiero, ovvero come costoro parlassero dell’uomo più che della natura, del divino e dell’essere; non esplicitai dunque il contenuto politico-sociale insito nella loro opera. Nel 2008, quando uscì Chi fu il primo filosofo? E dunque: cos’è la filosofia?, dedicai ancora ai Presocratici solo 30 pagine, e ne tracciai il profilo, in maniera un po’ monografica (autore per autore), mostrando soprattutto la continuità filosofica del loro pensiero, ossia come costoro ricercassero tutti, più o meno esplicitamente, la fondata verità dell’intero.
Pur non avendo compiutamente esposto tale tesi cosa che ho fatto solo in seguito, sinteticamente, in E. Berti - L. Grecchi, A partire dai filosofi antichi , ero comunque convinto anche allora che il pensiero in senso ampio “presocratico” fosse non solo un pensiero umanistico (perché poneva al centro l’uomo), ed in generale filosofico (perché ricercava la verità dell’intero), ma anche, e soprattutto, un pensiero politico (perché criticava le modalità sociali privatistiche e mercificate dell’epoca). Non che questa tesi non fosse in buona misura presente anche in quei libri; certamente, però, nel testo che il lettore si appresta a leggere, essa appare come centrale, e soprattutto abbraccia sia il mondo ateniese che quello non ateniese.
Si sostiene spesso che la filosofia nacque dalla «meraviglia» nei confronti del mondo, e si dice altrettanto spesso anche che la filosofia nacque dalla «democrazia». Ambedue le tesi contengono una parte di verità. Tuttavia, la verità tutta intera non la si comprende, a mio modo di vedere, se non si comprendono bene questa «meraviglia» e questa «democrazia». Non mi riferisco tanto alla analisi etimologica, cui pure accenneremo, quanto alla analisi storico-sociale del contesto in cui nacque la filosofia. Tale contesto, nel VI-V secolo a.C., sia fuori da Atene che dentro Atene, era caratterizzato dalla disgregazione della comunità sociale operata dal crescente radicamento del denaro, del mercato e della proprietà privata, che grazie ai tipici processi della accumulazione crematistica (ossia della accumulazione di denaro e di beni) condusse in breve tempo i ricchi a diventare sempre più ricchi, ed i poveri ad impoverirsi al punto da divenire schiavi, frantumando così ogni armonia comunitaria.
Questa situazione, venutasi a creare solo alcuni decenni dopo l’ingresso della moneta nella vita sociale greca, distrusse gli equilibri delle comunità cittadine, sicché per rispondere ad essa la cultura ellenica i cui miti (omerici ed esiodei) erano ormai divenuti inefficaci come “freno” (peras, katechein) sul piano sociale elaborò, come risposta insieme teoretica e politica, la filosofia. Quest’ultima, come poi mostreremo meglio, deve dunque essere pensata come risposta al thauma (termine da intendersi però non tanto come «meraviglia» nel senso di “contemplazione, estasi”, quanto nel senso di “angoscia, indignazione” verso ciò che accade sul piano sociale), e come risposta dialogica e comunitaria, dunque democratica, come ricerca del vero e del bene volta a sconfiggere la disarmonia crematistica ed a ripristinare l’armonia umanistica.
Lo scopo di questo libro, dunque, è mostrare che, dentro e fuori Atene, fu presente in Grecia fra il VI ed il V secolo a.C. un pensiero fortemente unitario, declinato in maniera differente da città a città e da autore ad autore, ma caratterizzato dal fine principale di favorire, tramite la ricerca della verità e del bene (che pure sarà poi compiutamente teorizzata da Socrate, Platone ed Aristotele), la buona vita comunitaria. I cosiddetti “Presocratici” vanno dunque considerati come precursori dei classici e non come loro oppositori fisici o mistici, sicché, alla luce delle argomentazioni che saranno qui svolte, dovrebbero subire un drastico ridimensionamento le tradizionali interpretazioni dei “Presocratici” in calo ma tuttora maggioritarie intesi come pensatori naturalisti o simbolici. Non mancherò, nel testo, di rimarcare tutti i miei debiti per aver potuto elaborare queste interpretazioni; i principali fra essi sono, fra gli autorevoli studiosi italiani del Novecento, quelli nei confronti di Rodolfo Mondolfo, Antonio Capizzi, Massimo Bontempelli e soprattutto Costanzo Preve. Tuttavia, in filosofia, non sono mai sovrane le auctoritates, ma solo gli argomenti, sicché sarà bene incominciare ad argomentare ciò che finora ho solo sinteticamente esposto.