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Cat.n. 206 |
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Elizabeth Bishop
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L’arte di perdere.
Introduzione, traduzione e note di Margherita Guidacci.
Postfazione di Ilaria Rabatti: L’occhio, l’orecchio e il cuore. Margherita Guidacci traduce Elizabeth Bishop.
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ISBN 978-88-7588-113-9, 2013, pp. 160, formato 140x210 mm., Euro 15 – Collana “filo di perle” [8].
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In copertina: Edward Hopper, Automat, olio su tela, 1927. Des Moines Art Center.
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indice - presentazione - autore - sintesi
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€ 15,00 |
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Elizabeth Bishop, nata a Worcester (Massachusetts) nel 1911 e morta a Boston nel 1979, rappresenta una delle voci più significative della poesia americana del secondo Novecento. Trascorse l’infanzia sulla costa del Canada presso i nonni materni, a cui fu affidata dopo la morte del padre ed il ricovero della madre in un ospedale psichiatrico. Dal 1934 al 1937 frequentò il prestigioso Vassar College di Poughkeepsie, New York, stringendo amicizia con Mary McCarthy e Marianne Moore. Dopo alcuni viaggi in Europa, dal 1938 si stabilì nel Key West, in Florida, dove acquistò la White Street House, la prima vera casa della sua vita, luogo d’incontro d’intellettuali e poeti, tra cui Randall Jarrell e Robert Lowell. Nel 1943, dopo un breve periodo di lavoro per la Marina statunitense, parte per il Messico, dove rimane per nove mesi, stringendo amicizia con Pablo Neruda. Nel 1949 fu “consulente per la poesia” della Biblioteca del Congresso di Washington, città in cui ebbe modo di conoscere Erza Pound, allora internato nell’ospedale di St. Elizabeth. Assecondando una sua intima disposizione allo spostamento e alla scoperta, nel 1951 si recò in Brasile dove soggiornò fino al 1965, legandosi a un’urbanista, Lota Soares, dedicataria della raccolta Questions of travel. Nel 1961 con Aldous Huxley si reca fra le tribù indiane del Mato Grosso. Dopo il suicidio di Lota, avvenuto nel 1967, rientra negli Stati Uniti, trascorrendo l’ultima parte della sua vita in Massachusetts e dedicandosi all’insegnamento della letteratura inglese ad Harvard.
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