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Introduzione
Il presente saggio nasce come elaborato finale che un tempo veniva chiamato “Tesi” per il corso di Laurea Triennale in Economia e Commercio. La discussione è avvenuta il 15 febbraio 2016 presso l’Università degli Studi di Genova e il docente di riferimento che sino a qualche anno fa si usava battezzare “Relatore” è stato il professor Riccardo Soliani, di Storia del Pensiero Economico. Di comune accordo, si è deciso di approfondire l’opera di Gianfranco La Grassa, economista veneto di apprezzabile rilievo per il contributo che ha apportato e che continua ad apportare nell’ambito della teoria marxista prima, e post-marxista poi. Tuttavia, egli raramente egli è stato considerato nella manualistica accademica, come ha notato con rammarico il marxologo francese André Tosel (2008). Ci si è indirizzati su La Grassa per proseguire idealmente un percorso che si era aperto con l’approfondimento delle idee del filosofo torinese Costanzo Preve in occasione dell’esame di maturità, per il quale era stata elaborata una corposa “tesina”, qualche mese dopo pubblicata da Petite Plaisance con il titolo Costanzo Preve: la passione durevole della filosofia (Zygulski 2012), cui sono seguiti altri due contributi confluiti in un volume collettivo (Zygulski-Volpe 2014a) e all’interno della rivista Educazione Democratica (Zygulski 2014b).
Ed è a Costanzo Preve, come si vedrà in seguito, che si deve l’appellativo di “meccanico del marxismo” per definire il lavoro di La Grassa. Diversamente da molti altri “marxisti”, infatti, il professore veneto non ha voluto “rianimare” la teoria di Marx (e dei suoi epigoni) con nuovi aneliti, speranze e desideri, bensì analizzarla, smontarla e tentare di rimontarla con pezzi nuovi; quella vecchia carcassa, quindi, non necessita tanto di nuovi autisti, quanto di un nuovo motore, per esplicitare la metafora. La difficoltà principale però sta nell’individuare le parti difettose e nel proporre sostituzioni efficaci; se poi con le modifiche attuate si tratti sempre di una Trabant oppure la vettura sia stata talmente snaturata da non esserlo più, è questione di identità e di labili etichette. Eppure l’operazione del meccanico è indispensabile. A meno che, per comodità, non si intenda salire per opportunismo sul bolide del vincitore dell’oggi; seduzione storicistica alla quale né Preve né La Grassa hanno mai ceduto.
I due si conobbero negli anni ’70 e la loro bibliografia si intrecciò svariate volte, come si evince da alcuni volumi in cui compaiono entrambi come autori (1982, 1983b, 1990b, 1994a, 1995a, 1995b, 1996a, 1997), seppure con sezioni distinte, e da altri testi di La Grassa (2002a, 2003) che riportano introduzioni firmate da Preve. Successivamente, una serie di divergenze teoriche, accentuate dal carattere fortemente polemico dei due professori, ha portato ad una rottura, in qualche modo ricomposta solamente durante gli ultimi mesi di vita di Preve, che dal suo letto di ospedale espresse riconoscenza e apprezzamento per il dono ricevuto di quello che allora era l’ultimo libro di La Grassa (2013), continuando ad attestare l’elevata stima che serbava per lui. Preve e La Grassa, nelle convergenze e nelle divergenze, hanno avanzato proposte teoriche innovative per uscire dalle secche ove si sarebbe incagliato il marxismo, ivi comprese le correnti “eterodosse” che ricevettero linfa anche dal loro comune maestro Louis Althusser. Come il sociologo Gennaro Scala ha osservato (2013), esiste una palese “complementarietà tra la filosofia di Costanzo Preve e la teoria politica di Gianfranco La Grassa”: i due studiosi sarebbero gli unici tra quelli di formazione marxista, perlomeno in Italia, ad aver portato avanti un radicale “ripensamento del marxismo e dell’esperienza storica del comunismo, senza rinnegare la propria storia o ricadere in un’ideologia pre-marxiana” ed evitando la “difesa di un’ideologia cristallizzata, come nel caso dei tanti gruppetti di «testimoni di Marx»”.
Infatti, a differenza di molte altre parabole di militanti, politici e teorici tra le quali è emblematica quella di Lucio Colletti1 Preve e La Grassa mostrano come sia possibile dar seguito ad una secessione personale dal cosiddetto “popolo di sinistra” e mettere persino in discussione i cardini teorici del marxismo e del pensiero marxiano, senza però abbandonare uno sguardo critico nei confronti della totalità sociale in cui siamo gettati, bensì prefiggendosi di “uscire dalla porta del marxismo”, e specificatamente quella. In altre parole, si tratta di procedere “con le categorie di Marx” (1998f) “oltre Marx secondo Marx” (La Grassa-Turchetto 1978: 47). Prendendo atto del fallimento non solo dell’esperienza conclusa del Comunismo Storico Novecentesco (cfr. La Grassa, Preve 1997), ma pure degli innumerevoli tentativi di rinnovare il marxismo, La Grassa avvia la sua “navigazione a vista” mantenendo saldi due riferimenti del marxiano “porto in disuso” (cfr. 2015a) di partenza: “a) che la teoria di Marx resta comunque la più avanzata teoria critica dell’attuale formazione sociale b) che essa tuttavia non può più rendere conto in modo adeguato della sua struttura e dinamica essenziali” (1998a: 5).
L’articolazione del presente elaborato è pensata per aiutare il lettore ad orientarsi nell’ampia produzione teorica di La Grassa senza trascurare la congiuntura storica in cui si muoveva, indispensabile per una valutazione corretta del suo pensiero (cfr. 2002a: 7). A tal fine, si avrà innanzitutto un capitolo bio-bibliografico che sorvolerà sulle tematiche da lui analizzate, facendo affiorare le intuizioni fondamentali emerse nel corso degli anni. Parimenti, il capitolo successivo sarà introdotto da un paragrafo dedicato alla teoria marxista nella lettura che ha portato lo studioso a compiere un passo successivo. Quest’ultimo verrà illustrato schematicamente nel secondo paragrafo, con le conseguenze di un nuovo paradigma esplicativo fondato sulla congettura del “conflitto tra strategie (e loro portatori, gli agenti) per la supremazia sociale” (2009: 99). Nelle formazioni sociali capitalistiche esso peculiarmente si estende, per mezzo delle imprese, nella sfera economica, ma anche in quella politica e ideologica; ne saranno vagliate le significative ripercussioni. Sempre nel medesimo capitolo si accennerà all’impostazione metodologica dell’autore e al ruolo della scienza sociale per una teoria critica della società, sotto la recente ipotesi di un flusso di squilibrio incessante che sarebbe soggiacente al conflitto stesso. Infine, la terza parte tenterà di valutare la portata del pensiero di La Grassa mediante un raffronto con altri autori, da quelli che lo hanno maggiormente influenzato a quelli che si sono accostati ai suoi testi, segnalandone i nodi da sbrogliare.
In tutto ciò, si è voluto mantenere un taglio critico per rifuggire ad un tempo dalla riverenza ossequiosa e dalla irrispettosa sfrontatezza nei riguardi di un siffatto pensatore, che lo scrivente, già in contatto con lui sin dal 2011, ha avuto la possibilità di conoscere di persona lo scorso novembre 2015 a Conegliano, in occasione del seminario organizzato dai “lagrassiani” del blog Conflitti&Strategie.
Se è permessa un’osservazione addizionale, si precisa che il presente testo è il frutto di un autunno di studi sul materiale elaborato da Gianfranco La Grassa in ottantun anni d’età, di cui quasi cinquanta di pubblicazioni. Nell’impossibilità di reperire l’opera omnia del professore, sono stati individuati circa trenta titoli che ho letto integralmente in ordine cronologico, al fine di averne una panoramica e di evidenziare meglio lo sviluppo del pensiero dell’economista veneto, come si cercherà di fare nella prossima parte.
1 Per un approfondimento si veda ad esempio Tambosi (2001), affrontato criticamente in Preve (2003: 131-137).
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