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Il problema se il sistema sociale abbia una evoluzione storica dotata di senso, ovvero il problema del senso della storia, sorge con la cultura europea moderna, ne è un prodotto tipico come la scienza. Prima dei tempi moderni e fuori dall’Europa il problema non è mai stato posto neppure avvicinato nei termini in cui l’ha pensato e progressivamente svolto il pensiero europeo. Nell’antichità si sono immaginati miti della genesi di popoli e città, si è congetturato, piuttosto oscuramente, sul carattere ciclico del mondo, ma non si è mai veramente riflettuto intorno a un possibile senso della storia umana. L’idea emerge con la civiltà europea, è un prodotto originale del pensiero europeo che non ha precedenti presso le civiltà che ci hanno preceduto. La comparsa di una simile potente nuova concezione risveglia naturalmente il bisogno di capire come essa sia sorta qui, in Europa, nel momento dell’ascesa e pieno sviluppo della società moderna.
Dallo studio della storia europea emerge la tesi che l’evento significativo che ha fatto sorgere e allevato la nuova idea sia da vedere nella genesi e sviluppo della società dell’Europa moderna, vale a dire del capitalismo. Il carattere nuovo e travolgente dell’evoluzione sociale che ha portato al capitalismo ha fatto sbocciare l’idea di progresso dalla quale emerge il senso nascosto della storia che ora si rivela. Alla base di un tale sviluppo del pensiero sta il fatto che la società capitalistica sempre più chiaramente si presenta come una macchina sociale e dunque come qualcosa di simile a una oggettività di natura che funziona secondo leggi che si può tentare di comprendere. Da qui viene la nascita dell’economia politica come la scienza che si occupa di questa nuova realtà sociale, e viene anche l’idea della storia come di un processo dotato di senso. Il primo dialogo affronta questa complessa tematica.
Con essa sono poste le basi per avanzare nella ricerca: dall’economia e dalla riflessione sul senso della storia umana si passa all’indagine intorno al processo storico effettivo del sistema sociale. Il tentativo di delineare il movimento storico reale della società capitalistica moderna costituisce la materia del secondo dialogo. Qui non abbiamo più a che fare con le ideologie, e anche i sogni, di un’epoca storica, ma con l’evoluzione effettiva e concreta della società. L’indagine affronta i due secoli e mezzo di travolgente espansione della società capitalista traboccante di merci e giganteschi progressi tecnologici. L’approdo che ora si delinea è tuttavia piuttosto sconcertante poiché si comincia a comprendere che questo movimento storico dopo aver innescato il più grande sviluppo economico e aver con ciò allevato, ai suoi inizi, le ideologie più ottimiste e le più grandi speranze sul futuro dell’umanità, rivela infine d’essere orientato verso esiti assai diversi, addirittura opposti: non verso il progresso e la liberazione dell’uomo, come si credeva e si sperava, ma verso il declino, la dissoluzione e persino, se non si interviene in tempo, l’autodistruzione.
Dall’idea ottimista di un processo storico progressivo e liberatorio precipitiamo nell’incubo di un processo regressivo avviato al declino e al dispotismo. Il movimento storico oggettivato non è cancellato, ma risulta essere più complesso e orientato verso un esito meno felice di quel che immaginava l’ideologia egemone tra i nostri predecessori. Siamo quindi nella necessità di evitare l’esito infausto per l’umanità ricercando i possibili cambiamenti tecnici e sociali adatti a chiudere la presente epoca segnata da un capitalismo sempre più chiaramente distruttivo e aprire quella di una civiltà nuova capace di un rapporto armonico con la natura. È questo l’argomento del terzo dialogo.
Come si vede i tre dialoghi, pur nella diversità dei loro argomenti, sono intimamente legati, essi trattano un problema posto dalla genesi e sviluppo del mondo moderno. Questo mondo sorge in Europa con la rivoluzione industriale, ossia con una trasformazione sociale di portata paragonabile alla rivoluzione neolitica che scoprì l’agricoltura e l’allevamento e fece compiere all’umanità il gran balzo dalla barbarie alla civiltà. Con la rivoluzione industriale viene il capitalismo, lo sviluppo economico-sociale e il senso della storia. Siamo in presenza di una fenomenologia di enorme cambiamento del mondo che prima ha comportato notevoli vantaggi da cui il riflesso positivo sull’ideologia: l’idea di progresso dell’umanità seguita da quella della sua liberazione dalle catene dello sfruttamento ma poi a un certo punto si svela gravida di complicati difficili problemi. I dialoghi si collocano nel punto di svolta dall’ottimismo progressista del pensiero storico che ha sorretto l’umanità negli ultimi secoli, alla nuova diversa coscienza del senso complessivo del movimento storico avviato dalla rivoluzione industriale. Il capitalismo ha rappresentato uno sviluppo sociale di grande portata, ma il mondo che esso ha prodotto è in larga misura un mondo ancora barbaro, adatto all’espansione dell’industria ma distruttivo nei confronti della natura, della vita e dell’uomo stesso. Dopo un paio di secoli di crescita dell’economia che possiamo definire esplosiva emergono infatti problemi sempre più gravi che reclamano importanti innovazioni nella tecnologia e una grande trasformazione della società. Gli uomini devono impegnarsi a pensare e mettere in pratica tali cambiamenti se non vogliono finire chiusi in sistemi sociali decadenti, regredire e forse persino sparire. Questa è la questione di fondo che emerge dai dialoghi, dall’ultimo in particolare.
Con la rivoluzione industriale e il successivo secolare sviluppo economico, il capitalismo arriva a una situazione critica che ora rende necessario progettare nuove tecniche e nuovi costumi di vita insieme a radicali trasformazioni della società al fine di evitare l’esaurimento delle risorse, la distruzione della natura, la catastrofe ecologica e il conseguente declino della civiltà. Quel che in particolare viene sottolineato è che indicare le cose concrete da fare è utile, necessario, ma non sufficiente. Un simile modo di operare rappresenta soltanto la prima ancora timida espressione dei cambiamenti che si devono intraprendere. Ad esso deve accompagnarsi la coscienza del fatto che occorre costruire il sistema sociale animato da individui capaci di praticare quelle indicazioni, altrimenti disastri, crisi e decadenza sono la prospettiva che ci attende. L’ultimo dei tre dialoghi si cimenta intorno a una tale questione di grande peso, rimasta sinora piuttosto nell’ombra. Pochi oggi si azzardano ad affrontarla, pare mancare la consapevolezza che praticare le ricette ecologiste di nuove strutture produttive, nuovi stili di vita e modelli di consumo richiede anche, insieme, una grande trasformazione della società.
Manca la coscienza che siamo messi di fronte al compito di edificare una società nuova capace di esistere senza crescita economica, poiché la presente società capitalista, travolta dalla sua ossessione per la crescita, che è distruttiva per la natura e la vita, è sul punto di naufragare e se non sappiamo rinnovarla precipiteremo nell’abisso della dissoluzione con tutto ciò che ne consegue: degrado ambientale, fine delle libertà democratiche, dispotismi e guerre. Pubblico questi scritti come un contributo per stimolare un simile impegno ormai assolutamente necessario.
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