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Vivere una vita
degna di un essere umano
«Dicesi maestro
chi non ha nessun interesse culturale
quando è solo».1
don Lorenzo Milani
Al nostro maestro
Con enorme piacere, riconoscenza e gratitudine, introduciamo queste pagine che Petite Plaisance offre in dono al nostro maestro, Maurizio Migliori. Da Platone egli ha imparato che la filosofia va fatta insieme2 ed è questo insegnamento che il professore ci ha comunicato nella nostra Scuola, quella che lui stesso ha formato a partire dal 1991, anno del suo ingresso all’Università degli Studi di Macerata.
La citazione in esergo a questa introduzione è infatti non solo una delle frasi da lui più amate, ma anche quella che meglio rispecchia il suo operato: è stato ed è maestro perché ha sempre creduto nella pratica dell’insegnamento, nell’importanza di camminare insieme “passandosi il testimone”; è stato ed è maestro perché ha visto in noi, prima ancora che ce ne accorgessimo, orizzonti e potenzialità fino a quel momento ignote, credendoci prima e più di noi.
Naturalmente, ciascuna ha un cammino e una storia propria, ma tutte condividiamo l’esperienza di far parte di una scuola, provando a fare quel «mestiere impossibile e bellissimo» (come da sua definizione): lo storico della filosofia, lavoro che il Prof. Migliori ci ha insegnato con il gesto semplice dell’artigiano che costruisce senza imporsi e con l’umiltà, derivante dalla convinzione che prima di tutto viene il testo, a cui lo storico deve “semplicemente” dar voce, nel pieno rispetto della sua alterità.
L’interiorità in Platone
Petite Plaisance ripropone in questo volumetto un contributo presentato da Maurizio Migliori al Convegno svoltosi a Como nel 2006 sul tema «Interiorità e anima. La psyché in Platone» e pubblicato negli Atti del Convegno: Interiorità e anima. La psyché in Platone, a cura di M. Migliori, L.M. Napolitano Valditara, A. Fermani, Vita e Pensiero, Milano 2007, pp. 123-164.
In queste pagine, Maurizio Migliori si fa una domanda radicale e centrale, com’è nel suo stile: c’è interiorità nei dialoghi di Platone? La risposta a questa domanda è l’oggetto di questo ricchissimo contributo, in cui si colgono molti aspetti dell’insegnamento di Migliori e del suo modo di essere storico della filosofia.
1. Ragionare è distinguere: uno sguardo multifocale
Il tema dell’interiorità in Platone è un tema molto complesso e, in quanto tale, richiede alcune distinzioni preliminari che Migliori presenta, individuando innanzitutto i vari sensi di “interiorità”. In primo luogo, può intendersi come il semplice rifiuto della pura dimensione materialista o esteriore; inoltre, implicando un forte senso di autoconsapevolezza, essa si costituisce come il riconoscimento della complessità dello psichismo umano. Infine, la nozione di “interiorità”, accostandosi all’esprit de finesse pascaliano, si definisce come una dimensione che valorizza gli elementi non razionali e non razionalizzabili presenti nell’animo umano.
Poi, attraversando il corpus platonico, l’Autore nota che il Filosofo considera l’essere umano da punti di vista diversi, e questa movenza lo costringe a costruire paradigmi differenti entro cui inquadrare la stessa realtà in esame, per comprenderla e spiegarla in ogni sua sfaccettatura. L’essere umano infatti, è (1) un intero costituito da anima e corpo (2) che trova il proprio “vero essere” nell’anima, (3) la quale, a sua volta può essere considerata come un “intero” composto di “parti”, che possono essere studiate nelle loro particolarità. L’essere umano e l’anima, dunque, si rivelano realtà uni-molteplici e, in quanto tali, richiedono un esame distante da ogni unilateralità, che insista solo o sul loro carattere unitario o sulla loro dimensione molteplice. Tale consapevolezza, quindi, si traduce nella costruzione di scenari tra loro anche diversi, ma non contraddittori.
Da questo primo quadro emergono, almeno, due questioni cruciali nel pensiero platonico, nonché dell’interpretazione che ne offre Migliori: la complessità di ogni ente in esame, così come della realtà nella sua interezza, obbliga a un’analisi pluriprospettica e multifocale;3 la dialettica intero-parti che organizza logicamente e pervasivamente l’intera struttura del reale, il quale, in ultima analisi, si costituisce come un misto di ordine e disordine (cfr. Filebo, 27 c).
2. Ragionare per paradigmi: le parti dell’anima
Sì è già accennato al fatto che Platone, nell’affrontare il tema dell’anima, ragioni per paradigmi: «Ci troviamo in una classica situazione “paradigmatica”: ciò che è del tutto rilevante per un esprit non lo è per l’altro e tuttavia solo nella compresenza di questi multiformi apporti la realtà acquista la sua vivacità e ricchezza» (p. 23), afferma Migliori.
Questo dato risulta ancora più evidente se si prende in esame la questione della partizione dell’anima: nella Repubblica, com’è noto, Platone ci presenta una tripartizione della psyché, funzionale ad essere, nel microcosmo dell’essere umano, specchio del macrocosmo della polis; il quadro della Repubblica è confermato, con accenti diversi, nel Fedro, che trova tangenze anche con il Timeo; in questo dialogo, il Filosofo ci presenta quella che sembra una bipartizione: anima razionale/immortale-anima irrazionale/mortale; in altri dialoghi (soprattutto i primi, come per esempio il Carmide) sembra metterci invece di fronte a una visione unitaria dell’anima.
Come si spiega questo quadro? Non pensando a contraddizioni o ripensamenti, ma appunto ponendolo sullo sfondo multifocale cui si è accennato al paragrafo precedente: Platone sta considerando l’anima come un intero, di cui di volta in volta esamina le parti entro il contesto dato e con lo sguardo utile e funzionale in quel dato dialogo: etico-politico nella Repubblica, il cui fine è delineare le funzioni dell’anima; fisico-biologico nel Timeo, in cui la cosa importante è la distinzione tra ciò che è razionale (e immortale) e ciò che non lo è e, allora, perde d’interesse l’ulteriore distinzione interna alle parte dell’anima (anche se poi tra le righe la tripartizione torna); infine lo sguardo unitario sull’anima impone un cambio di paradigma perché in questo caso l’anima è considerata come parte di un altro intero, l’essere umano, e in quanto parte va vista in modo unitario e contrapposta al corpo.
Siamo, cioè, di fronte a schemi interpretativi diversi, a sguardi differenti su uno stesso oggetto che ci permettono di comprenderlo sempre meglio, perché questa è la prima fondamentale istanza della filosofia antica: comprendere, per quanto è possibile alle capacità umane, la complessità del reale, senza mai semplificarla.
3. L’attenzione alle piccole cose: l’importanza dei sentimenti umani
Se si riprendono i sensi di interiorità ricordati sopra, però, risulta evidente che questa dimensione complessa non può ridursi all’analisi ontologica dell’anima, ma implica anche uno sguardo che sappia chinarsi sulle realtà quotidiane, intime e ordinarie, che rendono la vita autenticamente umana. Migliori si concentra su questo aspetto nella quarta parte del suo contributo, mostrando molti esempi dai quali si coglie l’attenzione platonica per le “piccole cose” che costituiscono il mondo dei sentimenti umani. Riportiamo qui un solo esempio, particolarmente toccante e significativo: «Anche nel corso del processo, quando Socrate teme che la sua decisione etico-politica di non ricorrere a scene lamentose per difendersi possa essere interpretata come segno di superbia, e quindi far infuriare qualcuno dei giudici, riafferma, con l’aiuto di Omero, la sua “normalità”: “Ho anch’io parenti, e vale anche per me il detto di Omero che io non sono nato né da quercia né da pietra, ma da esseri umani. Perciò, cittadini ateniesi, ho anch’io parenti e figli: ho tre figli di cui uno giovinetto e due bambini” (Apologia, 34 d 3-7)» (p. 61).
La dimensione concreta, così come la sfera affettiva, vanno sempre considerate e questo Platone lo ricorda in modo paradigmatico in un bellissimo passo del Filebo, nel quale si tocca con mano lo sguardo “integrale” che egli applica alla vita umana:
Socrate Costui avrà, forse, un possesso adeguato della scienza se, avendo la conoscenza razionale del cerchio e della sfera divina in sé, ignora questa sfera umana e questi cerchi, mentre utilizza, per la costruzione di case e per altre opere analoghe, quei regoli e quei cerchi? […] Come dici? Bisogna, allora, introdurre e mescolare anche la tecnica del non stabile né pura del falso regolo e del falso cerchio?
Protarco È necessario, se vogliamo ritrovare ogni volta la strada di casa.
Socrate E ammetteremo anche la musica, che poco fa abbiamo descritta come piena di congetture e di imitazioni e priva di purezza?
Protarco A me sembra necessario, se la nostra vita dovrà essere, in qualche modo, una vita (62 b 7- c 4).4
4. La consapevolezza di sé e del proprio limite
L’interiorità nei dialoghi di Platone si declina anche attraverso la valorizzazione di un altro aspetto, che Migliori sottolinea con forza: la consapevolezza di sé quella che in termini attuali chiamiamo “coscienza” e dei propri limiti.
Questa, infatti, si configura come una condizione imprescindibile per la stessa ricerca, che può muovere soltanto da una “lucida ignoranza” alla maniera socratica: questo “non sapere” segna il discrimen tra un autentico atteggiamento filosofico e una postura irrigidita nell’illusione di sapere, che blocca ogni ulteriore interrogativo, di cui offrono un chiaro esempio certi politici, poeti e artigiani ricordati nell’Apologia. Non solo.
Platone insegna ad essere consapevoli anche dei limiti insiti in qualsiasi ricerca umana: nella Lettera VII (342 a-b), infatti, chiarisce che l’oggetto della nostra ricerca rimane sempre “oltre” i nostri mezzi per raggiungerlo. Questa consapevolezza, tuttavia, non implica un atteggiamento rinunciatario nelle indagini, ma, al contrario, invita a perseverare secondo una dinamica prettamente filosofica, nel tentativo di comprendere sempre più e sempre meglio verità che, per l’essere umano, saranno sempre con la “v” minuscola.
La Verità, infatti, è ad esclusivo appannaggio del dio, vale a dire di quella condizione assoluta, che è ontologicamente estranea all’essere umano. Anche in questo caso, si delinea dunque un quadro frastagliato, in cui i giudizi cambiano a seconda degli sguardi e delle prospettive applicate alla realtà, ma senza mai cadere in contraddizione.
5. Il dialogo con sé stessi
Un’ultima ma significativa dimensione dell’interiorità è data dal dialogo con sé stessi, in cui il pensiero si riconosce e il gesto filosofico attecchisce: «Platone sottolinea ripetutamente l’importanza “filosofica” della capacità di un soggetto di dialogare con se stesso» (p. 73), afferma Migliori, per poi mostrare l’emergere di questo dato, in maniera plastica, nell’Ippia Maggiore. In quest’opera, infatti, oltre a Ippia e Socrate, compare sulla scena un terzo personaggio, anonimo, che simboleggia e dimostra l’importanza per chi è filosofo di dialogare anche con sé stesso.
Una nota conclusiva
Nel presentare il contributo che è oggetto di questa pubblicazione siamo partiti da una domanda radicale e centrale, quella sull’esistenza o meno dell’interiorità nei dialoghi di Platone, in quanto proprio da questa domanda si sviluppa il ragionamento di Migliori, che ci conduce infine a riflettere sulla capacità di dialogare con se stessi.
Ci sembra bello, allora, chiudere questa introduzione con una nota su questo: tra le tante cose che Migliori ci ha insegnato, una delle più significative è forse proprio l’importanza di farsi le giuste domande, nella storia della filosofia come nella vita.
Uno storico della filosofia, ma anche qualsiasi essere umano che voglia davvero vivere da protagonista la sua vita, deve imparare a farsi domande, deve imparare a interrogarsi e accettare il rischio di cercare e trovare le risposte.
«Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta per un essere umano», scrive Platone nell’Apologia di Socrate (38 a 5-6), e questo è il «possesso per sempre», per dirla con Tucidide, che Maurizio Migliori ci ha affidato.
La Scuola di Macerata
Giada Capasso
Francesca Eustacchi
Arianna Fermani
Lucia Palpacelli
Federica Piangerelli
1 Lorenzo Milani, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 1967, p. 110.
2 «Questa conoscenza non è comunicabile come le altre, ma sulla base di molte discussioni sui problemi e di una comunanza di vita, all’istante, come luce da una scintilla, nasce nell’anima e da se stessa si alimenta» (Platone, Lettera VII, 341 c 5 - d 2).
3 Per una presentazione del paradigma ermeneutico del Multifocal Approach, rimandiamo a M. Migliori, Opportunità e utilità di un approccio multifocale, in Il pensiero multifocale, «Humanitas» 1-2, 2020, pp. 3-38.
4 Traduzione di M. Migliori, Platone, Filebo, a cura di M. Migliori, Bompiani, Milano 2000.
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