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La Metafisica umanista coniuga la teoria alla prassi, essa è azione veritativa, e in quanto tale, analizza e ricostruisce i sentieri interrotti del “senso”. Il logos non è semplice attività razionale, è intenzionalità veritativa che si storicizza nella difficile pratica del bene e della cura. All’indifferenza del nichilismo crematistico, essa risponde con la prassi della verità.
I processi di disumanizzazione in atto passivizzano l’essere umano mediante il nichilismo. Se non vi è verità, non vi sono ragioni per la prassi, per cui la storia si chiude con il “niente”.
L’essere umano si umanizza nella prassi della verità. Il trascendentale è la costituzione veritativa onto-assiologica (logos) che si traduce nell’intenzionalità trascendente, ovvero nella prassi del bene e della cura. Il fine della Metafisica umanistica è rispondere ai processi di disumanizzazione, con i quali si nega la natura veritativa dell’essere umano, per eternizzare il presente. Senza Metafisica la storia si chiude al futuro, in quanto non vi sono fini oggettivi ma solo metamorfosi dei desideri ancorati ad un presente eterno e destoricizzato. A tale urgenza la Metafisica umanistica risponde trasgredendo l’ordine del discorso regnante e riportando al centro il difficile plesso teorico della “verità”.
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