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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 469

Arianna Fermani

Desiderio. Navigazioni filosofiche tra le parole greche di desiderio.

ISBN 978-88-7588-385-0, 2024, pp. 144, formato 130x170 mm., Euro 12 – Collana “mare dentro” [1].

In copertina: Henri Matisse, L’abbraccio, 1949.

indice - presentazione - autore - sintesi

12,00

In memoria

del nostro Maestro Maurizio Migliori

La “Scuola di Macerata”

***

Lascerò qualcosa, discendenti, libri e ricordi, ma anche troppe cose incompiute. Forse è il nostro destino comune. Si parva licet componere magnis, anche a Mosè capitò lo stesso. Dio gli mostrò da un monte la terra che gli aveva promesso e gli disse che lui non vi sarebbe mai entrato. De Benedetti commenta con un bellissimo testo rabbinico. Disse il rabbi Tarfòn: “Non tocca a te compiere l’opera ma non sei libero di sottrartene”. Quindi sia la fatica fatta, sia l’opera restano1.

M. Migliori

***

Volgere lo sguardo

all’infinito mare del bello2:

la bellezza, l’utilità e l’urgenza

di tornare a “dare peso alle parole”

Presentazione della collana «mare dentro»

La medesima lingua greca, quella così immensamente pieghevole e libera,

nondimeno […] è pur lingua formata e perfetta3.

G. Leopardi

Le domande […] sono tutto, nella vita. Dietro a ogni domanda si nasconde un universo in espansione di ignoranza, senza limiti. È bello, che l’ignoranza non abbia limiti, perché ti consente, insieme al tuo universo di (appunto) espanderti. Di arrivare là, dove nessuno è mai giunto prima. E come la grammatica e la punteggiatura si piegano al mio volere […] anche la conoscenza deve per forza uscire dagli schemi, deve andare oltre, deve osare, anche le brutte figure, altrimenti significa che state cercando in camera vostra e senz’altro ci troverete tante cose, a parte l’altro calzino, ma saranno tutte cose che avrete già acquisito nella vita e che non dico che non vi servano più, ma non estingueranno la vostra sete4.

L. Ortolani

La parola “desiderio”, nei vari modi in cui l’hanno detta e pensata gli antichi Greci, rappresenta il primo approdo di una serie di “navigazioni filosofiche” che, con questa collana, ci piacerebbe intraprendere idealmente con i nostri lettori. Il “primo” approdo perché, dopo “desiderio”, i nostri viaggi ci condurranno verso le rotte delle parole che i Greci usavano per dire “straniero”, “movimento”, “anima”, “armonia e disarmonia”, “economia e ricchezza”, “natura”, “guerra e pace”, “felicità e infelicità”, “tempo” e molte altre ancora.

Ma perché, a nostro avviso, può aver senso dare avvio queste navigazioni?

In primo luogo perché abbiamo pensato che, virare tra le diverse pieghe di alcune parole antichissime e insieme eterne, è un modo per “volerci bene”, spingendoci a scorgere meglio i nostri orizzonti, a capire meglio chi siamo e chi vorremmo essere e, dunque, perfino a cambiare la rotta della nostra esistenza, se e quando è necessario. Ecco perché, l’«infinito mare del bello» che, come indica il titolo di questa collana, ci portiamo dentro da sempre, merita di essere nuovamente solcato, alla scoperta (o alla riscoperta) di mondi infiniti, eternamente seduttivi e sempre capaci di dirci qualcosa.

Come è stato ricordato, infatti, in ogni parola si nasconde un mondo meraviglioso da far risuonare: «non si tratta, infatti, solo di lingua: si tratta di pensiero, di storia, di immaginazione. Si tratta di incontri infiniti: con suoni, metafore, etimologie; con schiere di personaggi, umani e divini; con vicende politiche, con miti; con luoghi geografici; con sistemi di pensiero e di valori; con concezioni estetiche; con emozioni e sentimenti e sensazioni. E poi c’è tutta l’ambiguità delle cose antiche, i cui messaggi si offrono e si sottraggono a un tempo, e ci costringono ad apprendere altri codici, altre categorie, altre intenzioni»5.

In secondo luogo, abbiamo voluto varare questo progetto perché riteniamo che lavorare sulle parole e porsi all’ascolto delle loro voci e dei loro echi infiniti non sia solo un lavoro bello, ma si configuri anche come un’impresa profondamente utile e urgente, come una impellente e seria chiamata di fronte a un vero e proprio “inabissamento del valore della parola”. Con la svalutazione della parola, infatti, cresce, inevitabilmente, anche l’indifferenza verso la verità. Oggi, più che mai, ci troviamo di fronte a un’«onda oceanica di parole aggressive, svendute, abusate, svalutate, esasperate che corre lungo i canali informatici […] da un lato, la parola precipita trasformandosi in scarto, accumulandosi in depositi maleodoranti per volgarità e stupidità: dall’altro lato, ecco invece l’impennarsi della falsità che cresce esponenzialmente, raggiungendo picchi di popolarità e di adesione acritica»6. Attraversare – in modo volutamente leggero7 ma per nulla superficiale – l’«infinito mare del bello» di quell’universo di parole che i Greci hanno elabo­rato per il loro tempo e, indirettamente, anche per il nostro, significa rispondere ad un appello alla bellezza, che è estetico ed etico insieme.

Si tratta, in conclusione, di provare a ri(dare) forma a noi stessi e al mondo, di tentare di “rimettere le cose al proprio posto”: sapere di che cosa parliamo quando usiamo alcune parole è, in questo senso, un’operazione semplice solo in apparenza perché, al contrario, è delicatissima e, allo stesso tempo, potentissima, proprio per le sue numerose ricadute sulla realtà, per il suo poderoso effetto trasformativo del reale.

È dunque con la stessa “sete di forma”8 che sentivano i Greci che ci apprestiamo a partire, in una serie di viaggi, nel mondo e dentro noi stessi, che non sempre saranno semplici ma che anzi, talvolta, risulteranno perfino disagevoli e rischiosi (d’altronde, si sa, «una nave è al sicuro nel porto: ma non è per questo che le navi sono fatte»9), e che saranno sempre guidati da una ferma esigenza di concretezza di fondo: tornare a sentire il vero profumo di parole che “sanno” di vita; riuscire a vedere quell’intimo e strettissimo legame che gli Antichi istituirono, ogni volta da punti vista e angolature diverse10, tra linguaggio e cose del mondo; riuscire a commuoverci, ancora come più di 2000 anni fa, di fronte alla «ricchezza del vocabolario nel quale a ogni parola si afferma il contatto diretto e vario delle realtà»11.

Queste traversate, in conclusione, sono motivate da una forte convinzione: comprendere, distinta­mente e intimamente, che senza passare attraverso una profonda “ecologia” del linguaggio, non potrà mai esserci nessuna vera trasformazione del mondo in cui viviamo.

L’uomo e il vivente per sua natura,

sopra tutte le cose, necessariamente desidera

e non può non desiderare12.

G. Leopardi

Ed io ho sete,

ho sete ancora, ho sete ancora13.

P. Daniele

In questa prima navigazione lungo le rotte delle parole greche del desiderio, occorre partire da un dato preliminare: il desiderio, comunque lo si pensi o lo si chiami, è ciò che “ci porta altrove”, che ci allontana da una situazione di sofferenza14 o …

1 M. Migliori, Tempi tristi? No, meglio il solito “tempi difficili”, auguri per l’anno accademico 2021-2022.

2 L’immagine è tratta da Platone, Simposio, 210 d.

3 G. Leopardi, Zibaldone, 2852, in Tutte le opere, Zibaldone, 2 voll., a cura di W. Binni, Firenze, Sansoni Editore, 1969, 19896, vol. II.

4 L. Ortolani, Istruzioni per prendersi il mondo, Domenicale di «Il Sole 24 Ore», 21 gennaio 2024.

5 N. Gardini, Viva il greco. Alla scoperta della lingua madre, Milano 2021, p. 12.

6 G. Ravasi, Brevario. Una proporzione, Domenicale di «Il Sole 24 ore», 24 settembre 2023.

7 Per una precisa scelta editoriale, infatti, le note e i riferimenti bibliografici dei vari numeri della collana saranno limitati al minimo.

8 «Il posto singolare occupato dalla Grecità nella storia dell’umana educazione si fonda sulla medesima peculiarità della sua organizzazione interna, sulla sete di forma che tutto domina» (W. Jaeger, Paideia. Die Formung des griechischen Menschen, 3 voll., Berlin 1936-1947; trad. it. L. Emery - A. Setti, introduzione G. Reale, Paideia. La formazione dell’uomo greco, Bompiani, Milano 2003, p. 13).

9 Mi permetto di rimandare al mio saggio “Una nave è al sicuro nel porto, ma non è per questo che le navi sono fatte”. L’incertezza nel mondo antico: la vita buona fra rischi e cicatrici, in Vivere L’incertezza, a cura di C. Chiurco, QuiEdit, Bolzano 2022, pp. 43-56.

10 Secondo il paradigma del Multifocal Approach, su cui cfr. M. Migliori, Opportunità e utilità di un approccio multifocale, in Il pensiero multifocale, «Humanitas» 1-2, 2020, pp. 3-38; P. Mauri - M. Migliori, Un secondo round su “Il pensiero multifocale”. La ripresa teorica della proposta, in Il Pensiero Multifocale 2. Una ripresa teorica della proposta, «Humanitas», 1-2, 2022; E. Cattanei - A. Fermani - M. Migliori (eds), By the Sophists to Aristotle through Plato. The necessity and utility of a Multifocal Approach, Academia Verlag, Sankt Augustin 2016.

11 M. Yourcenar, Memorie di Adriano, trad. it. di L. Storoni Mazzolani, Einaudi, Torino 2002, pp. 33-34.

12 G. Leopardi, Zibaldone, 3843, in Tutte le opere, cit.

13 P. Daniele, Quando, canzone scritta dall’Artista nel 1991 e pubblicata nell’Album Sotto ’o sole.

14 Aristotele, in Retorica, 1379 a 12, afferma che «chi è in stato di sofferenza desidera qualcosa».



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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