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Cat.n. 484

Carlo Natali

Aristotele, Marx, la contraddizione. Cinque saggi.

IISBN 978-88-7588-413-0, 2024, pp. 256, formato 140x210 mm., Euro 23 – Collana “il giogo” [191].

IIn copertina: Pagina di un Quaderno di appunti di K. Marx (dicembre 1871/gennaio 1872), in preparazione della seconda edizione del I libro del Capitale. È tratta dalla Marx-Engels Gesamtausgabe, Vol. II/6 (Dietz Verlag, Berlin, 1987, p. 753).

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Premessa

I saggi raccolti in questo volume, per gentile suggerimento del Direttore della collana il giogo, Luca Grecchi (che qui vorrei ringraziare), risalgono a più di quarant’anni fa, e furono scritti in un periodo culturale molto distante da quello di oggi. Mi sembra opportuno quindi ricordare brevemente il come e il perché della loro nascita.

Nei tardi anni Settanta del secolo scorso, in un periodo di intensa discussione, si può dire anche di scontro teorico e politico, non sembrava strano studiare filosofi come Hegel o Marx in diretto collegamento con i problemi sociali del tempo, e in particolare i concetti di contraddizione e di dialettica furono per qualche anno al centro del dibattito. Il peso e l’importanza della riflessione filosofica per la vita politica del nostro paese non sembravano a quel tempo in dubbio; un vantaggio incerto, a dire il vero, per gli studiosi. Infatti insieme all’interesse per lo studio e la decifrazione di testi difficili e complessi come la Fenomenologia dello Spirito di Hegel e i Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica di Marx, interesse che era indubbiamente gratificante per lo storico della filosofia, si accompagnava l’attenzione, vorrei dire la preoccupazione pressante, a tenere conto delle ricadute politiche immediate di un’interpretazione o di quella opposta nelle strategie dei vari partiti e gruppi politici allora presenti sulla scena. Frutto di questa preoccupazione era non di rado l’apparire nel dibattito di criteri di valutazione alquanto estrinseci alla ricostruzione storica vera e propria.

In particolare in quegli in anni la questione della validità del principio di non contraddizione e del metodo dialettico, tema centrale delle discussioni sulla metafisica di Aristotele alla fine del secolo XX in Italia, si intrecciò in maniera originale, e a mio parere feconda, con la discussione sul rapporto tra Marx ed Hegel, tra logica formale e logica dialettica, tra contraddizione ed opposizione reale, nel pensiero marxista italiano del tempo.

In due parole la questione era se Marx, come apparentemente aveva fatto Hegel1, avesse elaborato un pensiero filosofico in cui veniva professato il superamento del principio di non contraddizione, e in un certo senso negata la validità della ragione scientifica moderna, per sostituire ad essi il pensiero dialettico e l’idea di una dialettica hegeliana della natura, come aveva sostenuto il più fedele amico di Marx, F. Engels. La questione aveva ricadute politiche importanti, che forse sarebbe troppo lungo spiegare completamente qui.

Fatto sta che alcuni filosofi italiani del tempo, in particolare L. Colletti, avevano aperto negli anni 1969-1974 una riflessione sul problema del rapporto tra marxismo e dialettica, tra la logica scientifica e il problema della realtà della contraddizione. In breve riassunto, Colletti partiva da un concetto di verità come corrispondenza o rispecchiamento della realtà nel pensiero, allo scopo di difendere la natura scientifica del marxismo; era una presa di posizione in cui, con l’aggettivo ‘scientifico’, usato in modo molto generale, si qualificava una posizione di realismo epistemologico.

In una prima fase Colletti, riprendendo, come vedremo, delle tesi di G. Della Volpe, si attesta sulla posizione secondo cui, mentre la realtà fisica non è di natura dialettica, a livello dei rapporti sociali si danno stati di cose contraddittori, come l’alienazione capitalistica, che però la ragione scientifica sa rilevare, di cui afferma l’esistenza e di cui descrive il movimento. D’altra parte egli sostiene che non esiste una logica dialettica separata ed opposta alla logica formale tradizionale. In una seconda fase tuttavia Colletti abbandonò la posizione indicata dal suo maestro, e negò la possibilità che un concetto contraddittorio potesse avere una corrispondenza nella realtà, cioè non avesse una estensione vuota. Ogni rapporto in cui viene individuata una contraddizione, secondo il Colletti di questa fase, si rivela essere un rapporto di contrarietà reale. Tramite questa procedura si può mostrare che ogni esempio di realtà contraddittoria ci venga proposto, di fatto non è tale, applicando in tal modo à rebours un procedimento di confutazione tipico della Metafisica di Aristotele2.

Nella cattedra di Storia della filosofia antica dell’Università di Padova, di cui era titolare Enrico Berti, venne allora creato un gruppo di ricerca dedicato ad approfondire la questione della dialettica e del principio di non contraddizione in una prospettiva storica, partendo dalle questioni poste da Colletti. Il problema era di vedere se è proprio vero che la contraddizione di cui parla Marx è la stessa di cui parla Hegel, e prima ancora di vedere se quella di cui parla Hegel è veramente incom­patibile con il principio di non contraddizione stabilito da Aristotele3. Alla discussione di questo problema venne dedicato un seminario della Scuola di Perfezionamento in Filosofia di quella università, intitolato “La contraddizione in Aristotele, Kant, Hegel e Marx” (anno accademico 1975-1976), animato da E. Berti e dai suoi discepoli del tempo. Frutto di questo seminario furono varie pubblicazioni: prima di tutto un succinto volume collettivo curato da F. Volpi ed intitolato La contraddizione in Aristotele, Kant, Hegel e Marx4. Questo lavoro raccoglieva saggi di docenti e studenti, e venne poi sostituito da un volume molto più corposo, curato da E. Berti ed Aa.Vv., ed intitolato La contraddizione, contenente una raccolta di saggi ed un’antologia di testi da Aristotele a Garcia5. Frutto di queste ricerche fu qualche anno dopo anche il volume di E. Berti intitolato Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni6.

I miei saggi qui ripubblicati derivano da questa intensa stagione di studi e ricerche. Nel gruppo, a me era stato affidato il versante marxiano. Le mie ricerche ebbero due oggetti principali. Il primo era il rapporto tra Marx e Aristotele, specie a partire dalle lodi sperticate che Marx nel Capitale riserva al pensiero di Aristotele, lodi che tuttavia non celano i limiti che la cultura del suo tempo ha posto al pensiero di un filosofo del IV secolo a.C. Infatti Marx rileva tutti gli aspetti ‘ideologici’ delle teorie aristoteliche, ma essi non bastano, per Marx, a squalificare Aristotele. Le lodi ad Aristotele sono sincere ed indicano una reale ammirazione, lontana dal giudicare moralistico di chi denuncia oggi, a partire da un punto di vista contemporaneo, gli errori di Aristotele, presunti o reali essi siano.

In secondo luogo, come indicato prima, oggetto della ricerca fu l’uso concreto del termine Widerspruch e dei termini connessi in Marx, per vedere quali fossero i rapporti dell’uso marxiano di questo concetto sia con le teorie di Hegel sia con il principio di non contraddizione di aristotelica discendenza.

Con una qualche ingenuità da parte dell’autore, questi saggi si basavano sull’idea che fosse utile, e ben accetto al pubblico del tempo, l’affrontare queste questioni con i metodi alquanto rigorosi della storiografia filosofica del pensiero antico. Quindi, nel caso dei rapporti tra Marx e Aristotele si cercò di partire dal metodo di lavoro concreto di Marx, consistente nel redigere ampi quaderni di appunti come base di documentazione, da cui poi partire per elaborare le proprie tesi. Mi sforzai di raccogliere tutti i testi rilevanti, compresi appunto certi suoi quaderni di appunti rimasti inediti e conservati in un archivio olandese; parte di essi venne trascritta con l’aiuto di varie istituzioni di ricerca europee7. Inoltre cercai di ricostruire quali edizioni Marx avesse usato e su quali studi critici si fosse basato per lo studio di Aristotele, e come questi strumenti critici avessero influito sulla sua interpretazione.

Nel caso dello studio del concetto di contraddizione, si decise di esaminare un solo testo importante, non un inedito ma un testo pubblicato da Marx in vita, e quindi in cui presumibilmente le scelte lessicali fatte dall’autore sono consapevoli e per quanto possibile coerenti. Oggetto dell’analisi fu il libro I del Capitale. A quel tempo (1977) non esistevano né un lessico marxiano completo né un’edizione critica vera e propria di questo libro I8. Si cercò di ovviare a questa situazione esaminando e collazionando tutte le varie versioni dello scritto, limitatamente a quelle pubblicate mentre Marx era ancora in vita e sotto il suo controllo, anche questa volta in collaborazione con varie istituzioni europee.

Infine un saggio fu dedicato agli studi aristotelici di G. Della Volpe degli anni Trenta del Novecento, per individuare l’origine di una certa lettura del principio di non contraddizione e della dialettica di Aristotele, diversa da quella comune e correntemente accettata dagli specialisti.

Servì a qualcosa tutto questo sforzo di ricerca e di acribia storica? Nell’immediato, per la discussione della questione della contraddizione e della dialettica in Marx ed Hegel, i principali risultati, mi pare, furono i seguenti.

Per cominciare con Della Volpe, lo studio dei suoi testi giovanili mostrò che per questo autore il principio di non contraddizione è basato sul valore ultimo di individualità e di singolarità di ciò che è significato, ed è sostenuto dal noema di un individuo dotato delle sue qualità proprie, come ‘Socrate il filosofo’. Questa interpretazione era influenzata dalla lettura della logica aristotelica fatta da G. Calogero9, ma, a differenza da Calogero, Della Volpe fece del principio di non contraddizione un principio di determinatezza materiale, una istanza di adialetticità e di rispetto dell’empirico. D’altra parte secondo Della Volpe esistono rapporti sociali contraddittori che violano questo principio aristotelico, e quindi rimane aperta la questione di come tenere ferme entrambe le istanze, sia la contraddizione dei rapporti sociali sia la validità del principio di non contraddizione. L’influsso di Della Volpe su Colletti pare evidente, sia nelle tesi sia nella scelta dei bersagli critici

Passando a Marx, non si può dire che egli si sia mai occupato del principio aristotelico di non con­traddizione; per Marx Aristotele incarna piuttosto il principio della reale particolarità astratta, il concetto generale di individuo10. Ciò vuol dire, mi pare, che per Aristotele il centro della riflessione filosofica non è né l’Idea platonica né il singolo individuo, come Pericle o Robespierre, ma sono gli individui singoli esaminati nel loro concetto specifico, cioè nella loro natura: non questa dracma qui, ma la moneta in generale, indagata nelle sue cause e nella sua funzione di legame economico e sociale. La lettura aristotelica di Marx non pare del tutto lontana da quella di Della Volpe, ma ci pare più articolata. L’attenzione, tipica di Aristotele, al concetto generale di individuo è secondo Marx la base della immensa capacità analitica di Aristotele stesso, che ne fa un «gigante del pensiero» e «il più grande pensatore dell’antichità»11. Per Marx Aristotele vale come scienziato, e da questo punto di vista la soluzione del problema del rapporto tra filosofia e impegno politico, che Marx trova implicita nel modo di filosofare di Aristotele, risulta importante, dato che solo la conoscenza scientifica del mondo reale permette un intervento politico concreto e non velleitario o controproducente.

Riguardo alla lettura marxiana della Politica e dell’Etica Nicomachea, essa mi sembra essere stata fortemente influenzata dalle opere di studiosi ottocenteschi di impronta hegeliana. Essi tendono a sottolineare l’organicità del sistema aristotelico e a nascondere la sua natura dialettica e confutativa, dove per organicità si intende anche la capacità di dedurre le categorie del pensiero l’una dall’altra, invece di riprenderle dalle opinioni notevoli del pubblico o dalle discussioni dei filosofi precedenti, come di fatto in Aristotele accade. In questo senso la lettura di Aristotele pare avere influenzato Marx in senso sistematico, prima di tutto riguardo al problema del cominciamento della scienza e della sua esposizione sistematica, tema hegeliano quant’altri mai; e successivamente nell’assunzione di un concetto elementare, come quello di ricchezza in quanto “immane raccolta di merci”, come punto di partenza dell’analisi. Questa definizione di ‘ricchezza’ è tipica del periodo storico che Marx voleva analizzare e ne contiene in nuce le caratteristiche principali. È proprio nella differenza tra il concetto di ricchezza corrente nel mondo greco e latino e il concetto di ricchezza del mondo moderno, che per Marx si nasconde la differenza principale tra la nostra società e quella antica12.

Riguardo alla questione della contraddizione, pare evidente che, per dirla con Aristotele, in Marx ‘contraddizione’ si dice in molti modi. Nel Capitale abbiamo prima di tutto le ‘contraddizioni banalissime’ che si situano all’interno delle teorie, quando queste sostengono delle posizioni contraddittorie, o contraddicono i dati fattuali, o fanno le due cose insieme. Vi sono poi le ‘contraddizioni hegeliane’ che valgono a livello sistematico-espositivo come strumento di dedu­zione delle categorie più elementari l’una dall’altra13, e infine le ’contraddizioni immanenti’. Con questa espressione non vengono designati né un ente qualificato con due qualità contraddittorie né la scissione dell’uno in due polarità opposte: per lo più Marx la usa per indicare il contrasto di due tendenze interne ad un processo sociale generale, entrambe necessarie e tuttavia opposte. Queste tendenze di per sé sono entrambe razionali e giustificate, ma confliggono tra loro, e nella logica dell’insieme danno origine a contrasti ed antagonismi tali, che alla fine fanno esplodere il tutto. La complessità del mondo moderno può ritardare una tale esplosione, ma non annullarla. Evidentemente questa idea di ‘contraddizione immanente’ non viola il principio di non contraddizione, ma è messa in luce sulla base anche di esso, oltre che dei dati empirici. In questo senso le analisi di Berti e Colletti paiono confermate da uno studio dettagliato del testo14, e non pare confermata l’esistenza in Marx di una ‘logica dialettica’ diversa ed opposta alla logica della scienza moderna.

L’impegno analitico e la ricerca della natura profonda dei fenomeni particolari più diversi all’interno di un apparato scientifico solido ed euristicamente efficace, alla fine ci paiono essere le due caratteristiche che in qualche modo accomunano Marx ed Aristotele, e indicano una – molto limitata – somiglianza tra le loro concezioni del lavoro filosofico. L’idea che Aristotele fosse un filosofo di primaria importanza proprio per la sua tendenza a ricercare l’essenza dei molti fenomeni dati dall’esperienza, ed a riportare in questo modo il particolare al concetto, era già presente in Hegel, la cui ammirazione per Aristotele non era inferiore a quella di Marx, ed aveva, in fondo, lo stesso motivo.

Parigi, mese di luglio 2024.

Carlo Natali

1 Su Hegel, oltre ai saggi di F. Longato e R. Milan in La contraddizione (cfr. nota 5, p. 8), si veda l’ottimo contributo, bastato sull’analisi dei testi, di D. Marconi, “La formazione delle contraddizioni dialettiche nella Logica di Hegel”, in Aa.Vv., Romanticismo, esistenzialismo, filosofia della libertà, Mursia, Milano 1979, p. 78-95, che riduce la contraddizione a forme di indeterminatezza sia connotativa sia sintattica.

2 Per questo paragrafo mi sono avvalso di un ottima messa a punto di T. Magri, in S. Pietroforte, “Intervista a Tito Magri su Lucio Colletti”, Giornale di Filosofia, http://www.giornaledifilosofia.net/public/filosofiaitaliana/scheda_fi.php?id=19. Ringrazio Tito Magri per avermi segnalato il suo intervento.

3 E. Berti, “La contraddizione in Aristotele, Kant, Hegel e Marx”, in La contraddizione (vedi, qui sotto, nota 5), p. 10.

4 Aa.Vv., La contraddizione in Aristotele, Kant, Hegel e Marx, a cura di F. Volpi, Cleup, Padova 1976; contiene saggi di E. Berti, N. Bellin, C. Rossitto, G. Conchi, G. Marigo, L. Zen, F. Longato, R. Milan, L. Fornasier, L. Napolitano.

5 Aa.Vv., La contraddizione, a cura di E. Berti, Città Nuova, Roma 1977, che contiene una raccolta di saggi (di E. Berti, N. Bellin, C. Rossitto, G. Marigo, L. Conti, F. Longato, R. Milan, C. Natali, L. Napolitano), con una nota bibliografica di F. Volpi, e un’antologia di testi (di Aristotele, Kant, Hegel, Marx, Engels, Lenin, un collettivo dell’Istituto di Filosofia dell’Accademia delle Scienze dell’URSS, Lukács, Marcuse, Adorno, Mao Tse-tung, Althusser, Colletti, Popper, Garcia).

6 E. Berti, Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni, L’Epos, Palermo, 1997.

7 Cfr. più avanti, p. 76, nota 17, e pp. 181-182.

8 Un’edizione critica affidabile venne realizzata poi, un decennio dopo, a cura di un collettivo di studiosi dell’Istituto per il Marxismo-Leninismo presso il Comitato Centrale del Partito Comunista dell’URSS e dell’Istituto per il Marxismo-Leninismo presso il Comitato centrale del Partito Socialista Unitario della DDR, due entità statali oggi non più esistenti: K. Marx, Das Kapital. Kritik dek politischen Ökonomie (Erster Band, Hamburg 1872), Dietz Verlag, Berlin 1987 (Marx-Engels Gesamtausgabe, Bd. 6, I-II). Questa edizione ha esplicitamente (p. 11*) per oggetto il testo della se­conda edizione rivista del I libro del Capitale (Hamburg 1872), di cui indaga la genesi e l’evoluzione rispetto alla I edizione (Hamburg 1867). Non si occupa delle edizioni successive né della traduzione Roy rivista personalmente da Marx, per cui cfr. p. 180, e non rende quindi inutili i confronti contenuti in questo saggio.

9 G. Calogero, I fondamenti della logica aristotelica, La Nuova Italia, Firenze 1927.

10 Cfr. più avanti, p. 40.

11 Cfr. più avanti, p. 19.

12 Su questo punto mi permetto di rinviare a C. Natali, “Aristote et la chrématistique”, in: G. Patzig (hrsg.), Aristoteles’ “Politik”, Akten des XI. Symposium Aristotelicum, Vandenhoech & Ruprecht, Göttingen 1990, pp. 296-324.

13 Lo stesso Marx era poco contento della sua «maniera idealistica» di esporre questi concetti iniziali e basilari: cfr. più avanti, p. 160.

14 E. Berti, “La contraddizione in Aristotele, Kant, Hegel e Marx”, in op. cit., p. 25.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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