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Il tricentenario della nascita di Kant (1724), caduto all’inizio del terzo millennio (2024), ha sollecitato una “rivisitazione” del suo pensiero, impegnata a metterne in evidenza l’attualità, precisandone i concetti portanti, ma soprattutto a mettere in rilievo la concretezza, con cui Kant interpreta l’esperienza in tutti i suoi aspetti.
Così, la conoscenza, cioè la possibilità di applicare le categorie (il pensiero) ai fenomeni (cioè di “fare scienza”) poggia su una funzione che Kant qualifica come “indispensabile ma cieca”, operante nella percezione immediata dei fenomeni, l’immaginazione trascendentale con i suoi “schemi”, che prefigurano le categorie e gli sviluppi della scienza.
Così anche la moralità, al di là del rigore delle formule, poggia su una specie di reazione o di atteggiamento immediato, che è il sentimento del rispetto per la ragione; esso costituisce il primo e fondamentale rapporto tra l’uomo e le situazioni problematiche della condotta, in rapporto alle quali si sviluppa la considerazione morale vera e propria.
Così, infine, la rappresentazione della natura vista come sede di bellezza e di finalità, poggia anch’essa su una facoltà non teoretica, e cioè il sentimento (della libertà), che, pur senza giustificazione scientifica, ha un valore che Kant ritiene oggettivo, e integra la concezione scientifica e morale dei fenomeni.
Insomma, l’insieme dell’esperienza, e lo stesso senso del mondo, risulta fondato su una specie di approccio “immediato”, su cui si regge da una parte la conoscenza, dall’altra la moralità, dall’altra ancora l’interpretazione; approccio che non è una funzione dell’intelligenza (che pure lo formalizza, nella conoscenza e nella moralità) ma di quella che si può definire “sensibilità”.
Da ciò, evidentemente, esce una immagine del criticismo ben diversa da quella astrattamente intellettualistica in cui di solito si rappresenta Kant, e che può essere ripresa nella prospettiva del terzo millennio.
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