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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 511

Arianna Fermani

Sinfonia danzante del kairós «all’apparir del vero». Declinazioni filosofiche e rifrazioni concettuali su pieghe e intrecci di kairós e apparenza.

ISBN 978-88-7588-433-8, 2025, pp. 72, formato 140x210 mm., Euro 10 – Collana “il giogo” [207].

In copertina: Joan Miró i Ferrà, Dancer, olio su tela, 1925.

indice - presentazione - autore - sintesi

10

Preludio

«Sono il Momento opportuno,

signore di ogni cosa».

Riflessioni iniziali su pieghe e intrecci di καιρός e apparenza

«Ma tu, chi sei?

Σὺ δὲ τίς;

– Sono il Momento opportuno, signore di ogni cosa.

Καιρὸς, ὁ πανδαμάτωρ.

[...]

– Perché i capelli sono solo davanti agli occhi?

Ἡ δὲ κόμη τί κατ᾽ὄψιν;

– Perché chi viene incontro l’afferri.

Ὑπαντιάσαντι λαβέσθαι.

– Non hai capelli dietro, perché?

Τἀξόπιθεν πρὸς τί φαλακρὰ πέλει;

– Perché, una volta che io gli sia sfrecciato accanto sugli alati piedi,

nessuno, per quanto lo desideri, mi afferra da dietro!

Τὸν γὰρ ἅπαξ πτηνοῖσι παραθρέξαντά με ποσσὶν

οὔτις ἔθ᾽ ἱμείρων δράξεται ἐξόπιθεν».

Antologia Palatina, 16, 275.1

1. Brevi postille su due nozioni (apparentemente) “leggerissime”

«Ormai l’aveva imparato.

Le scelte si fanno in pochi secondi

e si scontano per il tempo restante».

P. Giordano,

La solitudine dei numeri primi.

Focalizziamo l’attenzione su due concetti, καιρός e apparenza, non soltanto perché fluidi, evanescenti,2 forse inafferrabili, ma anche perché periferici e liminali, quando non secondari e marginali, all’interno della riflessione filosofica.

La filosofia, soprattutto antica, ha infatti elaborato, rendendole storicamente attive e operanti per venti e più secoli, nozioni ben più spesse e pesanti, si tratti del «solido cuore della ben rotonda verità» di parmenidea memoria o della eterna immutabilità dell’eidos platonico, espressione dell’unico «essere che veramente è», e che sembrano dunque incidere ben più in profondità sul terreno della riflessione antica e sulla sua Wirkungsgeschichte.

Eppure vi è la forte convinzione che sia oggi necessario – forse inevitabile, probabilmente ineludibile, e, senza che questa opzione si configuri come ozioso divertissement –, intraprendere una riflessione ampia, articolata, inter-transdisciplinare su questi due concetti impalpabili e “leggerissimi”.3 Da un lato il momento opportuno, che per costituzione e statuto è indefinibile, e per di più legato inscindibilmente e funzionalmente alla giusta misura, suo contraltare visivo;4 dall’altro l’apparenza, ostinatamente destinata dal senso comune, in virtù dal suo scollamento dalla verità data e dall’essere “duro” e “puro”, all’ambito assiologicamente minoritario della parvenza, della falsità e dell’illusione.

In realtà ci troviamo di fronte a due concetti che, sia considerati singolarmente, sia illuminati nel loro intreccio, risultano essere dotati non solo di una ampiezza concettuale e di una ricchezza linguistico-semantica straordinarie,5 ma che si rivelano assolutamente cruciali e potentissimi nelle loro ricadute. La loro centralità, inoltre, risulta essere decisiva non solo nella riflessione filosofica ma, più in generale, nel contesto più ampio del pensiero antico.6

Essi, inoltre, si offrono come ineludibili crocevia delle vite degli uomini e delle donne di ogni tempo, visto, solo per dirne una, che dal coglimento del “momento opportuno” ne va del compimento e della realizzazione della vita umana e, più in generale, dell’esistenza dell’universo nella sua totalità, dei suoi esseri animati e anche di quelli inanimati.7

Per limitarsi, più nello specifico, all’ambito dell’esistenza umana, però, va rilevato come dalla corretta individuazione del καιρός derivi non solo la possibilità che l’essere umano realizzi una vita piena, buona e felice, ma, ancora prima e in modo più radicale – e attingendo a una delle vene più feconde e originarie della questione, ovvero all’ambito medico8 – la possibilità che l’essere umano stesso, semplicemente, viva e schivi ogni giorno la morte.9 Non a caso, come è stato ricordato da Enrico Ariemma a proposito del καιρός, ovvero rispetto a quel «segmento impercettibile di tempo che appare per poi scomparire, da afferrare per non consegnarlo all’inafferrabilità», che «riconoscerlo o misconoscerlo ha conseguenze sulla vita degli uomini».10

Ecco allora perché si può dire, assumendo un “approccio multifocale”,11 che, 1) da un certo punto di vista, l’opportunità, esattamente come l’adeguatezza, è ciò il cui vero significato «sta proprio nel fatto che non la si può definire»12 (da qui, appunto, la sua suprema e magnifica vaghezza), ma, 2) da un altro punto di vista, che essa «è ciò che dà senso al momento e che invera assiologicamente il passato, prefigurando assiologicamente il futuro».13

Per di più, se del coglimento delle occasioni ne va letteralmente della vita, e se il καιρός rappresenta un bene irrinunciabile dell’esistenza stessa, garantendone il corretto funzionamento, la salute e la compiutezza, allora è proprio ai nessi (polivoci e scivolosi) tra καιρός e bene14 che occorre dedicare qualche breve riflessione.

2. Perché il καιρός è buono  e perché saperlo vedere e attuare  fa bene (anche alla salute)

Che il καιρός si configuri come il bene e, più nello specifico, come il tempo buono, viene detto esplicitamene da Aristotele in più luoghi del suo corpus. Come ricorda Giuseppe Feola:

il kairos (καιρός), ossia la circostanza opportuna, è definito da Aristotele come “ciò che è buono (τἀγαθόν) nella categoria di tempo (ἐν χρόν?)” (EN. 1096 a 26-27 = EE. 1217 b 32), ossia il tempo ‘buono’ per la natura di qual­cosa (quello in cui tale natura raggiunge la massima compiutezza) o per l’attuazione di un’azione: il primo significato si risolve nel secondo, perché il tempo di massima compiutezza prima di una cosa […] sarà il tempo adeguato allo svolgimento dell’attività (ἐνέργεια) cui è finalizzata la compiutezza prima.15

Nel καιρός, dunque, il τέλος e l’ἀκμή, ovvero, insieme ma in sensi diversi, l’obiettivo e il punto più alto, si fondono in quella nozione cruciale della riflessione aristotelica che è l’ἐνέργεια, cioè in quell’attività che è sì incessante ed inesauribile ma che necessita di dispiegarsi entro il perimetro di un tempo opportuno, al di fuori del quale tutto il percorso effettuato fino a quel momento diventerebbe inutile e inefficace, senza il quale tutto perderebbe senso e si svuoterebbe.

D’altro canto, come emerge chiaramente dalla dinamica espressa dalla medicina, il momento opportuno per certi versi “si dà”, indipendentemente dai soggetti che si trovano a subirlo e a sperimentarlo, nel senso che è inscritto nelle trame della natura e va semplicemente accettato (esattamente come bisogna attendere nove mesi per la nascita di un figlio), mentre dall’altra esso va intercettato, previsto e “coccolato”.16

Ecco perché, nel coglimento del momento opportuno, ovvero di quell’occasione irripetibile da acciuffare al volo, il soggetto è contemporaneamente, ma in sensi diversi, paziente e agente: “paziente” perché, letteralmente, patisce fenomeni, eventi, lassi temporali che non dipendono da lui e di cui, dunque, non è chiamato a rispondere; “agente” perché, di questi accadimenti esterni al suo raggio decisionale e al di fuori della sua capacità di azione, egli è chiamato comunque (per lo meno parzialmente) a rispondere, traducendo operativamente la visione e/o la pre-visione di questo momento opportuno in prassi. In questo senso si deve dire, in primo luogo, che «nel καιρός entra in campo il momento in cui il soggetto “decide” che si tratta di καιρός, cioè di “occasione opportuna”».17

Si tratta, allora, in qualche modo, di tentare un’impresa insieme difficilissima e meravigliosa: diventare signori del “supremo signore di ogni cosa”, assumersi la propria parte di responsabilità all’interno di un orizzonte che, per dirla coi greci, rientra nella sfera dell’οὐκ ἐφʼ ἡμῖν, (di ciò che “non dipende da noi”). In questa «frazione di un tempo sfuggente, rivincita dell’uomo sul tempo»,18 dunque, «la responsabilità dell’uomo non è eliminata o aggirata: piuttosto si è tradotta nella capacità di interrogare il senso del tutto (e, dunque, il destino) cosicché quanto si deciderà potrà corrispondere a quanto risulterà logico decidere al momento opportuno. Sarà un “mettersi alla prova” a tutti gli effetti radicale».19

Peraltro, la dialettica agente-paziente rimanda, più nello specifico, all’ambito medico, in cui il nesso tra guarigione e coglimento del καιρός, da intendere, insieme, come momento giusto (in cui, ad esempio, intervenire per praticare la terapia e per salvare il paziente) e come luogo giusto (ovvero come quella parte precisa del corpo che, una volta colpita, conduce alla morte), delimita un altro interessante ambito di indagine, mettendo in campo questioni epistemologiche di grande rilievo e di assoluto interesse.

La guarigione avviene nel tempo, ma per la guarigione (e per la terapia che la favorisce) c’è un momento opportuno di cui il medico deve farsi interprete, basandosi non tanto sulle opinioni e sui ragionamenti condivisi, ma sull’esperienza e sulla casistica, dunque sul riconoscimento delle variabili individuali, temperate dal calcolo, e sulla valutazione accurata di incidenti e fenomeni. Del resto, il più famoso degli aforismi ippocratei incrocia vita, arte, tempo debito, esperienza, decisione:

Ο βίος βραχύς, η δε τέχνη μακρή, ο δε καιρός οξύς, η δε πείρα σφαλερή, η δε κρίσις χαλεπή («L’arte è lunga, l’occasione fuggevole, l’esperimento pericoloso e il giudizio difficile»).20

Il καιρός è qui significativamente collocato in posizione mediana all’interno della sequenza delle cinque coppie aggettivo-sostantivo: schiacciato tra la terribile brevità della vita e il percorso lungo e difficile verso qualunque risultato, tra la rischiosa incertezza di ogni tentativo e la gravosa e decisiva difficoltà di ogni giudizio, il nesso καιρός οξύς racconta di un modo di stare al mondo che accetta il corpo a corpo con l’irripetibilità contestuale, che appare incalzante, stringente, urgente, serrata, instabile, precaria.21

Il medico, pertanto, deve farsi mediatore tra alto e basso, “mixare” universale e particolare, calare i precetti generali nella situazione specifica, praticarli qui ed ora, “sporcarsi le mani” con tutto ciò che è impreciso, continuamente cangiante e mutevole e che, perciò stesso, ha bisogno di mente agile e pensiero flessibile. In questo mondo qui, infatti, ovvero nel nostro mondo, le regole fissate una volta per tutte, non sono valide, perché sono troppo rigide: esattissime e perfette in sé ma inadeguate e sclerotizzate per noi.22 La «scienza che possiede il fondamento delle realtà più eccellenti»,23 che in sé è certamente ottima, per noi e al nostro livello risulta inappropriata, e va sostituita da un sapere più duttile, da una misura meno esatta, più approssimativa, certo, ma anche più elastica. Tale imprecisione, peraltro, non solo non si configura come una capitis deminutio della scienza in questione, ma casomai è sintomo di apertura, di ricchezza e di flessibilità, visto che, come ricorda Emone nell’Antigone sofoclea: «un uomo, anche se è saggio, non deve vergognarsi di continuare ad imparare, e di non essere rigido».24

Così come Ulisse – archetipo di una retorica fondata sul kairós – è polytropos, e cioè in grado di utilizzare diversi modi di espressione intorno alla stessa cosa, adattandosi a condizioni particolari, allo stesso modo polytropos dovrà essere anche il medico che sappia cogliere il momento e la forma più opportuni per il proprio intervento terapeutico. Il kairós assume così la forma di un “sapere” che si adatta alle circostanze, e assume conseguente­mente forme diverse, rinunciando alla rigidità apodittica dell’epistéme.25

1 Un commento analitico a questo passo si trova nel contributo di S. Maso, Il kairos come occasione di mettersi alla prova, in «Thaumàzein (Θαυμάζειν)», Rivista di Filosofia, Vol. 10, No. 1 (2022): Kairos e Apparenza/ Kairos and Appearance (https: //doi.org/10.13136/thau.v10i1); pubblicato il 23-05-2022, pp. 22-24. Questo numero di «Thaumàzein», oltre al citato saggio di S. Maso, contiene i seguenti saggi: A. Fermani, Introduzione, pp. 8-20; E.M. Ariemma, “All’apparir del vero”: la sfida del visibile, la cattura del bene. Curvature linguistiche e codificazioni letterarie, pp. 45-70; A. Fermani, “All’apparir del vero”: la sfida del visibile, la cattura del bene. Declinazioni filosofiche e rifrazioni concettuali, pp. 71-89; A. Stavru, Il manifestarsi del daimonion di Socrate: kairos o tyche?, pp. 90-121; L. Palpacelli, Aisthesis come “scienza del particolare”: la sensazione nel De anima di Aristotele, pp. 123-143; G. Feola, Temporalità e kairòs come caratteri costitutivi della vita bio­logica nel pensiero di Aristotele, pp. 144-164; D. Roochnik, In Defense of Doxa. Reflections on Plato’s Charmides, pp. 166-188; D. Valentini, Expanding the Perspectives on Affective Scaffoldings. User-resource interactions and Mind-shaping in Digital Environments, pp. 189-217. Si tratta di alcuni dei contributi offerti in occasione del convegno (svoltosi in modalità on line dal 4 al 6 maggio 2021) Καιρὸς ἐν ᾧ χρόνος οὐ πολύς. Il momento opportuno e l’apparenza: theoría, práxis, póiesis, organizzato dalla cattedra di Storia della Filosofia Antica dell’Università di Macerata, in collaborazione con la Società Filosofica Italiana-Sezione di Macerata e grazie al lavoro organizzativo delle dottoresse Giada Capasso e Daria Mazzieri. Un ringraziamento particolare, per la disponibilità e la competenza, alla redattrice Rie Shibuya, e a Daria Mazzieri, co-curatrice di questo volume e autrice degli indici finali.

2 Il καιρός si configura anche come un elemento estremamente sottile e quasi “impalpabile”, come una sorta di squarcio improvviso che si apre nello scorrere del tempo, per poi richiudersi immediatamente (cfr., infra, pp. 28 ss.).

3 Si tratta dunque di un tempo per cui, in un certo senso, ne va dell’intera esistenza e che dunque è potenzialmente pesantissimo per i suoi effetti, e duraturo per i suoi esiti, ma che, contemporaneamente, è quasi impercettibile. Ecco anche perché si può dire che il καιρός è ὀξύς, ovvero “acuto”, “aguzzo”, “snello”, “rapido” e “veloce” (cfr., infra, p. 29).

4 P. Chantraine, Dictionnaire étymologique de la langue grecque: histoire des mots: avec en supplément les Chroniques d’étymologie grecque, achevé par J. Taillardat, O. Masson et J.-L. Perpillou, nouvelle édition, Klincksieck, Paris 2009) e H.G. Liddell, R. Scott, A Greek-English Lexicon, A New Edition Rev. by Sir Stuart Jones, Oxford, Clarendon Press 19402), riportano infatti, tra i primi significati di καιρός, proprio quelli di “giusta misura”, “proporzione”, “adeguatezza”.

5 «Dal punto di vista etimologico kairos è un vero problema: molteplici le proposte» (Maso, in «Thaumàzein», op. cit., p. 22). Sulle curvature etimologiche e linguistiche delle nozioni in questione, cfr. anche Ariemma (in «Thaumàzein», op. cit., pp. 49-51).

6 Il campo di applicazione del καιρός nella Grecia classica è vastissimo, e comprende ambiti diversi, dalla medicina alla politica, dalla strategia alla retorica. Anche nella poetica, il καιρός risulta essere una nozione dotata di una importanza cruciale (cfr. ad esempio, Poetica pre-platonica. Testimonianze e frammenti, testo, traduzione e commento a cura di G. Lanata, introduzione alla nuova edizione di E. Salvaneschi, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2020).

7 In realtà, come ricorda G. Feola, Temporalità e kairos come caratteri costitutivi della vita biologica nel pensiero di Aristotele, la nozione di καιρός pervade l’intera natura e non solo gli esseri animati: «Che il concetto si applichi anche a situazioni che interessano agenti non razionali, è chiaro da HA. 626 b 29: «per la produzione del miele [da parte delle api] vi sono due kairoi: primavera e autunno» (Feola, in «Thaumàzein», op. cit., pp. 156-157).

8 Su cui si soffermano i contributi di Ariemma e Maso in «Thaumàzein», op. cit.

9 In realtà, seppur in contesti profondamente diversi, sia Feola (in particolare nel capitolo: 7. Considerazioni finali. Morte e kairos), sia Maso, sia Ariemma, sia Stavru (in ibidem) dimostrano che anche nel momento della morte si può rinvenire un coglimento del καιρός: «il sapiens è in grado di cogliere il καιρός nella più estrema delle condizioni: sa quando è giunto il momento opportuno per il suicidio, perché sa che non tanto il vivere è il vero bene, ma lo è ‘vivere bene’, cioè il vivere con la consapevolezza di vivere» (Maso, in «Thaumàzein», op. cit., p. 35). Stavru, invece, ricorda come la morte di Socrate «è la più opportuna e dunque la migliore, la più felice e la più gradita agli dei» (Stavru, Il manifestarsi del daimonion di Socrate: kairos o tyche?, in «Thaumàzein», op. cit., p. 102).

10 Ariemma, in «Thaumàzein», op. cit., p. 51 (corsivo mio).

11 Per un approfondimento delle linee teoriche e delle ricadute storico-filosofiche di tale paradigma si rinvia a M. Migliori, E. Cattanei, A. Fermani (eds.), By the Sophists to Aristotle through Plato. The necessity and utility of a Multifocal Approach, Academia Verlag, Sankt Augustin 2016; M. Migliori-A. Fermani (a cura di) Filosofia antica. Una prospettiva multifocale, Scholé, Morcelliana, Brescia 2020; M. Migliori (a cura di), «Humanitas», numero speciale: Il pensiero Multifocale, 1-2, 2020.

12 H.G. Gadamer, Über die Verborgenheit der Gesundheit (1993), trad. it. Dove si nasconde la salute, a cura di A. Grieco e V. Lingiardi, tra­duzione di M. Donati e M.E. Ponzo, Cortina, Milano 1994, p. 141.

13 Ariemma, in «Thaumàzein», op. cit., p. 45.

14 Cogliere il καιρός, a dire il vero, potrebbe anche voler dire raggiungere un obiettivo sbagliato. Si tratta comunque dell’individuazione di un tempo “buono”, nel senso di “giusto”, “appropriato”, per realizzare lo scopo che ci si è proposti. Il καιρός, però, si trasforma in tempo a tutti gli effetti “buono”, ovvero riempito, per così dire, di contenuti positivi, quando alla sua individuazione e attuazione coopera la fondamentale virtù della φρόνησις, su cui cfr. quanto diciamo più avanti, infra, p. 23). Sui benefici prodotti dal καιρός all’interno della vita umana (e, nel caso specifico, all’interno della vita e all’attività educativa di Socrate), si rimanda al saggio di Stavru che, attraversando la complessa nozione del demone socratico e delle modalità del suo manifestarsi al filosofo, rileva come la nozione di kairos «è fondamentale per comprendere le modalità di tale apparire: è infatti significativo che le […] modalità del divino socratico […] vengono a coincidere con alcuni tratti salienti del kairos. Esattamente come il daimonion, il kairos è volto a determinare un beneficio, è tale da istituire una synousia tra amici, ed è soprattutto istantaneo e irripetibile» (cfr. in «Thaumàzein», op. cit., p. 96).

15 Feola, Temporalità e kairos come caratteri costitutivi della vita biologica nel pensiero di Aristotele, in «Thaumàzein», op. cit., p. 156.

16 A questa accezione del καιρός come un elemento di cui prendersi cura e di cui farsi “sentinelle”, che emerge tramite il riferimento al bellissimo verbo καιροφυλακέω, si fa riferimento anche nel saggio di Ariemma in «Thaumàzein», op. cit., pp. 50 e 85.

17 Maso, in «Thaumàzein», op. cit., p. 28.

18 Ariemma, in «Thaumàzein», op. cit., p. 65.

19 Maso, in «Thaumàzein», op. cit., p. 42.

20 Ippocrate di Coo, Aforismi, 1, 1. L’aforisma è spesso citato in forma abbreviata Ars longa, vita brevis, con un evidente richiamo al De brevitate vitae, 1, 1, di Seneca.

21 Ariemma, in «Thaumàzein», op. cit., p. 51.

22 Sulla fondamentale distinzione epistemologica tra “in sé” e “per noi” si sofferma Palpacelli, Aisthesis come “scienza del particolare”: la sensazione nel De anima di Aristotele, in «Thaumàzein», op. cit., alle pp. 125-126.

23 Aristotele, Etica Nicomachea VI, 7, 1141 b 20-21 (traduzione italiana di A. Fermani, in Aristotele, Le tre Etiche. Etica Eudemia, Etica Nicomachea, Grande Etica, con la prima traduzione italiana del trattato Sulle Virtù e sui Vizi, presentazione di M. Migliori, Bompiani. Il Pensiero Occidentale, ristampa Giunti, Milano 2020.

24 Sofocle, Antigone, vv. 710-712 (traduzione italiana di A. Tonelli, in Eschilo-Sofocle-Euripide, Tutte le tragedie, Bompiani Il Pensiero Occidentale, Milano 2018).

25 U. Curi, L’apparire del bello. Nascita di un’idea, Bollati Boringhieri, Torino 2013, p. 31.



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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