Lo scopo di questo libro è quello di ripercorrere, in maniera dialogica, il pensiero filosofico di Umberto Galimberti. L’opera di questo autore è infatti coerentemente portatrice di contenuti profondi ed originali, che il nostro tempo, per la propria insipienza, non ha ancora adeguatamente valutato.
La genesi di questo libro è invece da ricercare in un incontro, cui ne sono seguiti diversi altri, svoltisi tutti nella prima metà del 2004. Il mio primo incontro con Galimberti ha avuto origine dalla decisione presa in qualità di direttore del periodico culturale Koinè di dedicare un numero monografico della rivista all’analisi del suo pensiero. Da questo primo incontro è nata una amicizia, e da essa l’idea di effettuare un lavoro comune, unendo all’analisi delle sue opere la trattazione di alcuni temi importanti ed attuali.
Dalla intenzione originaria che era in sostanza quella di effettuare una lunga intervista biografico-filosofica i nostri incontri hanno preso poi la forma di un vero e proprio dialogo. Gentilmente incoraggiato da Galimberti ad un confronto serrato con le tesi da lui esposte, il dialogo si è accresciuto fino ad assumere la struttura presente.
Per meglio comprendere l’inizio di questo testo può essere comunque utile riprendere la domanda conclusiva che nel giorno della prima intervista per Koinè posi a Galimberti: “Chi indaga ad ampio raggio la realtà come te difficilmente entrerà indipendentemente dal valore di ciò che scrive in un manuale di storia del pensiero filosofico. Ciò in quanto la cultura accademica premia gli specialismi. Se però esaminiamo un manuale ideale che potrebbe essere scritto, diciamo, fra cento anni, ed in cui tu fossi incluso, come pensi dovrebbe essere composta la pagina a te dedicata?”.
Questa fu la risposta: “Vorrei che la gente mi ricordasse all’interno del pensiero simbolico, che è antecedente a quello logico-metafisico, e che rappresenta il caos originario che la logica e la metafisica tentano di arginare. Il pensiero simbolico, che noi attribuiamo solitamente ai primitivi, è in realtà la base della nostra psiche e della nostra cultura. Siamo diventati iperrazionali per difenderci da questa dimensione simbolica, del sacro, del dionisiaco. Ecco: io mi ritengo un buon testimone della dimensione simbolica, in cui il concetto fondamentale non è l’equivalente generale, ma l’ambivalenza delle cose”.
Luca Grecchi