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Arianna Fermani dipana qui quel filo nel cui intreccio si esprime compiutamente il rapporto tra philia e justitia, offrendoci la sua tessitura multifocale sul discorso aristotelico per riflettere sull'imprescindibile necessità di «portare a compimento, per quanto è possibile, la filosofia umana (ἀνθρώπεια φιλοσοφία)». La radice ontologica della philia è infatti anche la radice ontologica della giustizia: è considerare ogni essere umano in quanto portatore dell’universalità umana nella sua persona. La base della giustizia è perciò, come quella della philia, il valore universale della soggettività particolare. La cura della philia è un’elezione dell’altro che riguarda la totalità dei suoi contenuti esistenziali, la cura della giustizia è una cura dovuta ad ogni persona per quel che riguarda il suo nucleo essenziale. Chi ha bisogno di giustizia è anche capace di philia, e chi vive di philia non tollera l’ingiustizia. Giustizia e philia rappresentano ciascuno la misura dell’altro: la giustizia è infatti la misura della philia, e la philia è la pietra angolare della libera comunità umana. Ringraziamo la studiosa per il suo inesausto impegno, per il suo amore per la filosofia (umana filosofia), e la sua capacità di rendere vive e attuali le idee di Aristotele sulla giustizia dal volto umano.
Il primo contributo prende le mosse dalla ricchezza semantica della nozione di epieikeia, mostrando come tale nozione assuma, all’interno del testo del Filosofo, un’assoluta centralità, sia dal punto di vista contenutistico, sia a livello metodologico. La nozione di equità, infatti, oltre ad essere chiamata a intrecciarsi in molti modi alle già fitte trame della giustizia, costituisce una feconda ‘figura teorica’ anche dal punto di vista metodologico, incarnando, mediante il poderoso modello del ‘regolo di piombo’, l’ideale di un metodo aderente e fedele al proprio oggetto di indagine. Dall’attraversamento del testo aristotelico sembra possibile far emergere come nella figura dell’equità e dell’equo risiedano caratteristiche come ‘capacità di trovare ciò che è opportuno’, ‘flessibilità’, ‘disponibilità a rimetterci’, ‘capacità di comprensione’ che caratterizzano la nozione dell’equità sin dalle sue origini, provando a restituire, per quanto è possibile, i profili di quella ‘giustizia appassionata’ o ‘dal volto umano’ che è l’epieikeia.
Il secondo contributo si propone di approfondire i legami tra diritto (νόμος) e saggezza pratica (φρόνησις) in Aristotele, mostrando che la “legge” (o meglio, la “buona” legge), è chiamata ad assumere un fondamentale ruolo “curativo” sia per il singolo che per la collettività. Dopo aver incrociato i due termini νόμος e φρόνησις e dopo una breve rassegna su altri termini con cui i greci chiamavano la legge, si tenta uno studio approfondito delle articolazioni della nozione di sapienza, esaminandone i rapporti con la giustizia e l’equità e intercettando le questioni di flessibilità (nelle sue implicazioni epistemologiche ed etico-politiche) e di cura (ἐπιμέλεια).
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