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Il primo contributo prende le mosse dalla ricchezza semantica della nozione di epieikeia, mostrando come tale nozione assuma, all’interno del testo del Filosofo, un’assoluta centralità, sia dal punto di vista contenutistico, sia a livello metodologico. La nozione di equità, infatti, oltre ad essere chiamata a intrecciarsi in molti modi alle già fitte trame della giustizia, costituisce una feconda ‘figura teorica’ anche dal punto di vista metodologico, incarnando, mediante il poderoso modello del ‘regolo di piombo’, l’ideale di un metodo aderente e fedele al proprio oggetto di indagine. Dall’attraversamento del testo aristotelico sembra possibile far emergere come nella figura dell’equità e dell’equo risiedano caratteristiche come ‘capacità di trovare ciò che è opportuno’, ‘flessibilità’, ‘disponibilità a rimetterci’, ‘capacità di comprensione’ che caratterizzano la nozione dell’equità sin dalle sue origini, provando a restituire, per quanto è possibile, i profili di quella ‘giustizia appassionata’ o ‘dal volto umano’ che è l’epieikeia.
Il secondo contributo si propone di approfondire i legami tra diritto (νόμος) e saggezza pratica (φρόνησις) in Aristotele, mostrando che la “legge” (o meglio, la “buona” legge), è chiamata ad assumere un fondamentale ruolo “curativo” sia per il singolo che per la collettività. Dopo aver incrociato i due termini νόμος e φρόνησις e dopo una breve rassegna su altri termini con cui i greci chiamavano la legge, si tenta uno studio approfondito delle articolazioni della nozione di sapienza, esaminandone i rapporti con la giustizia e l’equità e intercettando le questioni di flessibilità (nelle sue implicazioni epistemologiche ed etico-politiche) e di cura (ἐπιμέλεια).
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