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La crisi attuale della scuola italiana e occidentale trova la sua spiegazione nella scelta di assimilarla al modello fallimentare della scuola statunitense, caratterizzato dall’adesione al naturalismo proprio della pedagogia moderna. Iniziata da Rousseau, essa si stacca dalla tradizione ellenica e cristiana, e concepisce la mente del bambino come una mera parte del suo corpo, animata dunque da uno sviluppo fisiologico che la porterebbe a conseguire, senza insegnamento esplicito, le abilità cognitive più importanti, dal pensiero critico alla soluzione dei problemi. Per la sua fiducia nell’autonoma capacità di orientarsi della vitalità infantile, la pedagogia naturalistica è puerocentrica. Essa ha come corollari didattici 1) la svalutazione dell’insegnante, che da guida colta degli alunni e giudice del loro lavoro si riduce ad assistente delle loro attività spontanee, 2) la trasformazione della scuola in un ambiente di gioco e di lavoro e 3) l’emarginazione dello spirituale (del linguaggio, della scrittura, dell’universalità culturale e scientifica). La scuola potrà uscire dalla crisi solo se si libererà dai dogmi del naturalismo puerocentrico e riporterà al suo centro l’amore dell’insegnante tanto per la crescita degli alunni quanto per le materie disciplinari.
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