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Quando il disegno della mia vita sarà completo, vedrò, o altri vedranno una cicogna? - K. BLIXEN
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Cat.n. 486

Anna Beltrametti, Silvana Borutti, Marco Francesconi, Alessia Fusilli De Camillis, Mariano Horenstein, Alfredo Lombardozzi, Lorena Preta, Daniela Scotto di Fasano

Freud a Gaza. Un testimone auricolare: lo psicoanalista, a cura di Marco Francesconi e Daniela Scotto di Fasano.

ISBN 978-88-7588-413-0, 2024, pp. 160, formato 140x210 mm., Euro 15 – Collana “il giogo” [192].

In copertina: Exit Enter (street artist), Uscire per trovare e innescare un mutamento, 2024.

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Mi sarebbe piaciuto per questa occasione tornare a descrivere in una breve nota introduttiva il senso del lavoro ormai quasi ventennale del Gruppo Internazionale Geografie della Psicoanalisi ma mi rendo conto che mi vengono incontro immagini, descrizioni, enunciazioni che sottolineano come la vera sostanza di questa ope­razione culturale, pur nella sua complessità, stia nel suo valore di ‘esperienza’, il che rende più complicato riportarne la vitalità.

Le cose che ci siamo detti in tanti e svariati contesti, le diverse lingue, i mix di molteplici vertici disciplina­ri, le multiformi personalità che vi hanno dato voce, sono certo documentate nei tanti libri, nei podcast, nei siti di Geografie addetti, sia nazionali (come quello della Società Psicoanalitica Italiana)1 che internazionali (come quello dell’International Psychoanalytical Association)2 ma nulla può dare conto del tutto del vissuto emozionale e del lavoro di definizione concettuale che hanno prodotto i viaggi nei diversi Paesi e gli approfondimenti operati nei vari incontri rispetto a specifici argomenti, provocando una ‘contaminazione’ feconda e una ‘dislocazione’ scomoda ma necessaria.

Ogni tema lanciato, come quello attualissimo di questo libro, è come se richiedesse per essere approcciato, uno spostamento dai punti originari di osservazione.

Siamo noi che cerchiamo di portare la psicoanalisi, con il suo centenario apparato clinico-teorico, in mezzo alle ennesime rovine della guerra, alle atrocità attuali dovute ai conflitti irrisolvibili di quei Popoli, cercando di mettere in funzione i suoi strumenti per comprendere e cercare di dare un barlume di interpretazione alle dinamiche che si ripropongono instancabili in ogni guerra ma che assumono ogni volta la cifra particolare e irripetibile di quella situazione storica e geografica?

Oppure noi stessi, assaliti dalla violenza indescrivibile degli eventi, cerchiamo disperatamente di muoverci nella rete intersecata e planetaria delle motivazioni che si intrecciano e che ci coinvolgono, anzi più esattamente ci risucchiano, noi che siamo apparentemente in altri Paesi, in altre realtà del mondo.

E siamo così costretti ad ‘aggrapparci’ all’esperienza dell’alterità e del rimescolamento continuo delle istanze individuali e sociali cercando di individuarne le sfaccettature, come la psicoanalisi dovrebbe aiutarci a fare, scomponendo e sciogliendo nodi inestricabili nel tentativo quasi impossibile di continuare a far funzionare il ‘pensiero’ in queste circostanze.

Non possiamo che lasciarci inizialmente travolgere, dai movimenti profondi che portano purtroppo alle violente azioni che sfociano nella realtà, per cercare di uscirne ogni tanto riemergendo dagli abissi, per tentare di ricostituire un ‘tessuto di esperienza’ che riesca a riesaminare da un’altra prospettiva i discorsi ‘catturati e presi in ostaggio’ dalle ragioni storiche e politiche.

Queste tendono a fissare le traiettorie della storia in una mappa rigida e intrasformabile oppure in una inflessibile ‘denegazione’ che cancella nella sostanza appartenenze e diversità, immaginari individuali e sociali.

Non siamo soli però nel tentativo di mettere in atto una sorta di “costruzione anomala” che ribalti queste modalità. Come avviene in questo libro, incontriamo altri saperi, la filosofia, il pensiero dell’antichità, che ci consentono di rimescolare le carte, le nostre insieme alle loro, per ritrovarci a porre le stesse domande ma da tradizioni differenti. In questo processo mischiamo anche concettualizzazioni psicoanalitiche molto diverse tra loro, appartenenti a tradizioni di pensiero a volte lontane.

Possiamo considerarla come la costruzione di una mappa inedita?

Mi servirò di una considerazione da me già usata in un libro, ma che può rendere più evidente il discorso:

Nel 1949 Fernand Braudel scrive un libro fondamentale per tutta la storiografia a venire dopo di lui, Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni:3

 “Che cos’è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi. Non un mare ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre”.

Da questo coacervo di paesaggi fisici ed umani, crocevia eteroclito, mescolanza antica e sempre rinnovata, il Mediterraneo descritto da Braudel emerge secondo un’immagine coerente, con una sua unitarietà ed originalità. Il modello di lettura proposto che riesce a tenere insieme le varie realtà geografiche e storiche e i diversi intrecci che le hanno caratterizzate, porta all’“invenzione” del Mediterraneo.

Se fino ad allora si poteva pensare quel mare come un bacino su cui si affacciavano le varie civiltà, o un insieme di stati o popolazioni, ora lo si vede come l’origine e allo stesso tempo il motore propulsivo delle differenti culture, molto più che un denominatore comune che consente la loro chiave di lettura (anche se in realtà non è possibile trovare il Mediterraneo inteso in questo senso nelle carte geografiche e neanche nella storia).

È così che un modello riesce ad essere insieme strumento d’interpretazione di una realtà e artefice della stessa.4

È possibile a volte immettere, nella pur necessaria definizione del modello o del punto di vista che usiamo, quell’attività immaginifica che ci permette di tracciare confini nuovi e panorami originali e dare sostanza e voce e immagine a qualcosa che prima non era neanche pensabile, come il caso del Mediterraneo.

Nulla può cambiare nella mappa politica esistente ma si può mettere in moto un processo di scomposi­zione e ricomposizione che attingendo alla dinamica inesprimibile dell’inconscio, porti sulla scena nuove figure e inedite combinazioni che ci aiutino a tracciare scenari alternativi.

Non per lasciare affidata all’alienità di queste istanze, che sempre dobbiamo considerare vengono dal profondo, il disegno della mappa culturale e sociale diversa che si andrebbe delineando, ma per metterle in contatto con il piano che ci è dato osservare delle spiegazioni storiche che, pur essendo giustamente vincolanti, rischiano a volte di fissare la realtà in un quadro già dato, conseguente e lineare impedendo magari di valutarne la dinamicità.

In questo senso Geografie può essere l’invenzione di una mappa. Non di quelle destinate a una libreria polverosa, che possono essere consultate e lette ma non ridisegnate, e neanche l’opera d’arte di un artista crea­tivo che proponga una sua personalissima visione, ma un ‘artifizio metodologico’ per cartografare in maniera inedita il territorio psichico e sociale che si incontra. Uno strumento di interpretazione della realtà, dicevo più sopra, e un artefice della stessa.

Portiamo Freud a Gaza come lui a suo tempo pensava di portare in maniera onnipotente la peste in America? O ci ritroviamo noi stessi tra le rovine di Gaza come degli increduli, impreparati osservatori o testimoni auricolari e per non soccombere cerchiamo di tracciare percorsi di pensabilità e di rappresentabilità dell’indicibile?

Siamo in ogni caso dei “guaritori feriti” e solo tenendo aperta la nostra piaga di sconcerto, ignoranza, impossibilità di pensare, possiamo tentare ogni volta una cura.

In questo libro assolutamente emozionante, dove i pensieri si intrecciano intorno alla proposta originale e generosa di Mariano Horenstein, molte riflessioni diverse sono offerte al tentativo di ‘pensabilità’ della realtà brutale che ci è di fronte.

Sono indicazioni che vengono da saperi differenti, da menti ‘speciali’ impegnate nel loro campo da tempo per costruire, a mio avviso, mappe inedite per orientarci senza perdere di vista le circostanze ma anche la necessità di pensarle altrimenti, in un altrove forse, che solo la fiducia e la speranza di una sopravviven­za dell’umanità, di quello che ancora consideriamo ‘essere umani’ ci consente di concepire.

Un grazie infinito a loro tutti.

1 https://search.app/mY22UBkCvMmUEebn7 –– https://geographiesofpsychoanalysis.podbean.com/e/podcast-3-1615881067/

2 https://www.ipa.world/IPA/en/en/Psychoanalysis/Geographies_of_Psychoanalysis_folder/Landing_Page.aspx

3 F. Braudel, Il Mediterraneo. Lo spazio, la storia, gli uomini, le tradizioni, Newton Compton, Roma 2002.

4 L. Preta, La brutalità delle cose. Trasformazioni psichiche della realtà, Mimesis, Milano 2015, pp. 47-48



Ci rivolgiamo a lettori che vogliano imparare qualcosa di nuovo, che dunque vogliano pure pensare da sé (K. Marx). – Chi non spera quello che non sembra sperabile non potrà scoprirne la realtà, poiché lo avrà fatto diventare, con il suo non sperarlo, qualcosa che non può essere trovato e a cui non porta nessuna strada (Eraclito). – ... se uno ha veramente a cuore la sapienza, non la ricerchi in vani giri, come di chi volesse raccogliere le foglie cadute da una pianta e già disperse dal vento, sperando di rimetterle sul ramo. La sapienza è una pianta che rinasce solo dalla radice, una e molteplice. Chi vuol vederla frondeggiare alla luce discenda nel profondo, là dove opera il dio, segua il germoglio nel suo cammino verticale e avrà del retto desiderio il retto adempimento: dovunque egli sia non gli occorre altro viaggio (M. Guidacci).

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