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“Chi sono i perseguitati in Medio Oriente?”.
I palestinesi costretti a emigrare nel sud di Gaza o i giovani israeliani massacrati e presi in ostaggio dai terroristi di Hamas quando solo pochi secondi prima ballavano al ritmo della musica elettronica?
Gli ebrei della diaspora che sognavano di tornare in una terra sicura ed essere liberi dai pogrom avvenuti sul suolo europeo, o i palestinesi che, avendo vissuto per generazioni in quegli stessi luoghi, sono vessati sia dai coloni israeliani sia dai presunti fratelli arabi che chiudono loro le frontiere? I termini Shoah e Nakba possono essere usati nella stessa frase? Sono solo alcune delle domande del confronto tra vertici disciplinari diversi (tragedia greca, filosofia, psicoanalisi) aperte dalla riflessione dello psicoanalista ebreo argentino Mariano Horenstein. Che afferma che gli psicoanalisti devono stare sempre dalla parte dei perseguitati. Pensare dalla parte dei perseguitati. Perché se la psicoanalisi merita di continuare ad esistere, non è solo perché porta un notevole sollievo a chi vi si affida. Non solo perché offre un insieme di teorie che descrivono il funzionamento psichico dell’essere umano come nessun altro sapere. Soprattutto perché la psicoanalisi è pensiero critico in una contemporaneità dove prevale il pensiero unico, omologato e assertivo. Gli autori riflettono, come scrive nell’Introduzione Francesconi, sulla coazione a ripetersi della Storia, che, confermando Primo Levi, tende a distruggere ed espellere i perché, il pensiero causale, dando anche morte all’angoscia per liberarsi dell’angoscia di morte dopo averla depositata illusoriamente nella distruzione di un nostro simile, solo un po’ dissimile.
Freud a Gaza si propone come particolarmente prezioso non solo per chi si occupa di salute mentale ma anche per studenti, insegnanti, educatori e per quanti seguono con apprensione questo ‘declino’ dell’umanità nella guerra tra Israele e Hamas.
Gli psicoanalisti, di cui nel libro si presentano i contributi, fanno quasi tutti parte del Gruppo Internazionale Geografie della Psicoanalisi coordinato dal 2008 da Lorena Preta. Questo lavoro quasi ventennale ha insegnato a chi ne fa parte a immergersi nella rete complessa dell’esperienza dell’alterità (testimoniato in queste pagine dal contributo di una filosofa e di una studiosa dell’antichità classica) e del rimescolamento continuo delle necessità individuali e sociali, “in una ‘contaminazione’ feconda e una ‘dislocazione’ scomoda ma necessaria per tentare di ricostituire un ‘tessuto di esperienza’ che riesca a riesaminare da un’altra prospettiva i discorsi ‘catturati e presi in ostaggio’ dalle ragioni storiche e politiche”.
Ringraziamo il caro amico e apprezzato street artist e artista, noto con il nome di Exit Enter, per il dono dell’immagine di copertina. Dono che Exit Enter ha accompagnato con queste parole: «Uscire per trovare e innescare un mutamento». Due rappresentazioni stilizzate dell'uomo silhouette che è la ‘cifra’ di Exit Enter sui muri delle strade di molte città una che si trova soltanto per mera contingenza storico-geografica su un gradino più alto e che si china tendendo la sua mano verso l'altra figura che si trova, ancora per mera accidentalità, sul gradino sottostante e che verso di lei si protende. Gesto che ai curatori è parso evocare il compito dello psicoanalista, che pur muovendo da una posizione asimmetrica , porge orecchio e mette a disposizione del paziente la propria ‘cassetta degli attrezzi’, il proprio bagaglio teorico e metodologico. Nessuna disparità di essere in tale posizione asimmetrica tra le rispettive dignità, dell’uno e dell’altro soggetto dell’immagine.
Questa la forza iconica del messaggio di Exit Enter.
M. F. e D. S. di F.
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